La grafia corretta è salsiccia, con una s tra la l e la i. La versione che prevede invece una c, salciccia, è da considerarsi sempre errore nonostante sia molto diffusa. Si tratta infatti di un sostantivo modellato dai termini sal, ossia sale, e ciccia, vale a dire la carne grassa da cui è composta.
L’evoluzione della parola, tuttavia, è completamente diversa e si discosta dalla formazione paraetimologica della versione popolare che più delle altre si è affermata sull’intero territorio italiano: salciccia. Il vocabolo salsiccia deriva infatti dal neutro plurale latino salsicĭa, lemma a sua volta nato dall’univerbazione di salsus – salato – e insicĭa – la polpetta, parola composta da in e dal derivato di secāre, ossia tagliare.
Poco importa, quindi, se alcuni autori abbiano prediletto la forma salciccia. Tutti gli strumenti lessicografici ufficiali, antichi e moderni, non attestano la variante con la c, oppure la accettano specificando però che si tratta di una forma popolare: ciò dovrebbe essere sufficiente per farci propendere per la grafia con la s, salsiccia.
Il fatto che in molti dialetti si usino vocaboli con suoni che non sempre richiamano la s o la c non aiuta nella scelta: abbiamo sazizza e simili in Sicilia, Calabria e Basilicata, sauciccia, sauziccia o sauzizza in Puglia e Campania, saltizza e altre varianti in Sardegna, salsisa, salsesa, sasina, susisa o susiccia nelle regioni del Nord e ovviamente la forma salciccia in Toscana e nell’area centrale della penisola, dove spesso si assiste anche al rotacismo, sarciccia.
Insomma, si tratta di un lemma predisposto all’alterazione fonetica, ma ciò non basta a far sì che entrambe le forme – quella con la c e quella con la s – siano interscambiabili. Riconferma la correttezza del termine salsiccia l’uso cospicuo del vocabolo che ne fa l’Artusi, gastronomo di fama internazionale.
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