Quando il proprio percorso universitario si avvia verso la fine, è tempo di iniziare a ragionare in maniera concreta sulla propria tesi di laurea. Si parte con l’introduzione, per poi sviluppare il corpo e tutto ciò che segue. Alla fine ci si ritrova a digitare su Google una domanda inevitabile: come scrivere una bibliografia?
Un passaggio necessario, al quale i professori danno particolare importanza. In nessun caso, infatti, si potrà trattare questa sezione della propria tesi in maniera superficiale. Di seguito analizzeremo nel dettaglio come muoversi in questo territorio che per molti è alquanto complesso, poiché colmo di incognite. Ecco tutti i passaggi che ogni laureando, e non solo, dovrebbe conoscere e seguire dopo aver portato a termine la fase delle conclusioni del proprio elaborato.
Cos’è una bibliografia
La bibliografia è una sezione di un elaborato, atta a riportare l’elenco completo dei testi che sono stati citati nel corso della stesura. Importante proporre al lettore un elenco dettagliato, che tenga conto di qualsiasi fonte citata e consultata durante la fase di lavorazione della tesi o altro testo.
Bibliografia: come citare le fonti
Citare le fonti prevede l’applicazione di un certo stile, che dipende dal tipo di elaborato sul quale si sta lavorando. Ciò vuol dire che vi sono differenti modelli di citazioni. Non è consigliabile avere lo stesso approccio per tutto ciò che viene messo nero su bianco. Ci si ritroverebbe, infatti, a correre il rischio di offrire un risultato amatoriale.
Vi sono delle regole da seguire per riportare le fonti sfruttate per ottenere le informazioni chiave per scrivere il proprio testo, che sia una tesi o altro. Mutano in base al settore di riferimento. Ecco di cosa stiamo parlando:
- Stile APA: si sfrutta questa tipologia per gli elaborati in ambito psicologico e sociale. Tutto ciò che si richiede allo scrivente è l’inserimento del nome dell’autore, così come l’anno di pubblicazione dello specifico testo sfruttato. In questo caso aggiungiamo una parentesi di fianco al titolo, indicato nel testo. Al suo interno poniamo "nome e cognome, anno". Nella bibliografia, invece, occorre essere più dettagliati: "cognome, iniziale del nome puntata (anno). Titolo, luogo: casa editrice";
- Stile Chicago: viene sfruttato unicamente per elaborati di tipo umanistico. In questo caso la citazione dev’essere più completa rispetto ad APA. Nessuna parentesi in questo caso, bensì note a piè di pagina. Non ci si allinea, quindi, alla frase che viene citata. Lo schema è il seguente "nome e cognome, titolo, città: casa editrice, anno, pagina citata". Nella bibliografia invece non si fa altro che rimuovere il numero della pagina citata;
- Stile Chicago (2): può essere utilizzato anche in scritti relativi al settore informatico. La citazione risulta leggermente modificata rispetto a quella per l’ambito umanistico: "cognome, anno, pagina citata". Nella bibliografia, invece, ci saranno i seguenti elementi: "cognome, nome, anno, titolo, città e casa editrice";
- Stile Harvard: tipico dei testi del settore economico. Avremo una citazione tra parentesi, posta subito dopo l’estratto che abbiamo menzionato: testo citato (cognome, data di pubblicazione). Vi è una differenza sostanziale rispetto ad altri esempi. Il cognome è infatti posto tra parentesi. La bibliografia prevede invece questa struttura: "cognome, iniziale del nome puntata (anno) – Titolo, casa editrice, città, numero totale delle pagine";
- Stile Vancouver: l’ambito di riferimento è quello biomedico. Le menzioni non si trovano nel corpo del testo, ma unicamente nella bibliografia. Inizialmente ci si limita a numerare in maniera progressiva le citazioni, così da creare un richiamo per la nota apposita nella bibliografia, posta al termine della tesi, come di consueto. In questo caso la struttura è la seguente: "Cognome, iniziale del nome puntata, titolo, edizione (solo se successiva alla prima), città, casa editrice, anno di pubblicazione";
- Stile Oscola: lo stile da sfruttare in caso di ambito giuridico. La citazione è presente a piè di pagina, con la seguente struttura: "numero progressivo, nome, cognome titolo (casa editrice, anno), numero di pagina". Nella bibliografia, invece, avremo una versione ridotta: "nome, cognome, titolo, (casa editrice, anno)".
Bibliografia: come citare siti web
Impossibile ignorare la necessità di citare fonti digitali, oltre che cartacee. Ciò vuol dire conoscere in maniera approfondita l’approccio corretto, che non è affatto lo stesso descritto in precedenza. Che si tratti di articoli di giornale, editoriali o analisi dettagliate presenti su blog di prestigio, ecco cosa fare per non incappare in errori grossolani.
Una volta completata la bibliografia, nella sua versione standard, si dovrebbe procedere con una sitografia. Con questo termine si fa riferimento a una vera e propria raccolta di tutte le fonti online. Abbiamo alcune alternative, tra le quali scegliere in base all’origine:
- Pagina web: cognome n., titolo della pagina, intestazione del sito web, data ultimo aggiornamento del testo pubblicato, url, data di consultazione;
- Articolo blog: cognome n., titolo dell’articolo, intestazione del blog, data dell’articolo o eventuale ultimo aggiornamento, url, data di consultazione;
- Articolo rivista digitale: cognome n., titolo dell’articolo, nome della rivista, annualità in numeri romani, numero della rivista in numeri arabi, data di pubblicazione, pagine consultate, url;
Scrivere una bibliografia: regola da seguire
Se è vero che ciò che conta è il corretto utilizzo degli stili precedentemente indicati, per una corretta bibliografia, a conclusione della propria tesi di laurea o per altro tipo di testo, vi sono delle regole generiche da seguire. Possiamo parlare, in questo caso, di consigli da tenere a mente e fare attenzione a rispettare.
Occorre garantire il giusto spazio alla bibliografia. Questa dev’essere al termine dell’elaborato di laurea, o altro testo, ma non solo. Occorre infatti dedicare a tutto ciò una sezione a parte, o quantomeno una pagina indipendente. In nessun caso, infatti, si potrà "mescolare" tutto ciò al resto dell’elaborato.
Se in questo caso abbiamo una netta divisione, in termini di impaginazione, lo stesso non si può dire per quanto concerne la scelta del font. Importante che lo stile di scrittura digitale non presenti differenze di stile rispetto al resto del corpo. Guardando alla formattazione, invece, occorre ricordare come il nome del titolo vada inserito in corsivo.
L’ordine alfabetico è preferibile nell’impostazione della bibliografia. In questo caso, però, vi è un modo per semplificarsi la vita, senza dover agire in maniera analitica, con il costante timore d’aver commesso un errore che potrebbe creare imbarazzo dopo la consegna dell’elaborato. Possiamo infatti sfruttare una funzione standard di Word, ovvero il programma di scrittura del pacchetto Office.
Dopo aver scritto le note bibliografiche nell’ordine che si preferisce, è possibile selezionare il testo in toto, per poi cliccare sul tasto Home, selezionando in seguito la casella Ordina. Si deve impostare, poi, questa sezione su Paragrafi e Testi, scegliendo Crescente e, infine, cliccando su Ok per confermare le scelte.
Come detto, parliamo in questo caso di consigli e non di regole vere e proprie. Molto dipende dal proprio stile, anche se l’ordine alfabetico è in pratica una forma standard. Maggiore libertà per quanto concerne il numero inserito tra parentesi, a indicare i riferimenti bibliografici. Questa forma resta quella più comoda e di maggior utilizzo. Non è da considerare un errore, però, fare ricorso al numero in apice (in questo caso a complicare le cose vi è la necessità di trovare un modo alternativo di indicare le eventuali note a piè di pagina).
Abbiamo specificato come il titolo dell’opera citata vada in corsivo. Presentata così, questa pratica pare obbligatoria e non semplicemente standard, com’è in realtà. Per quanto sia caldamente consigliata, anche in questo caso si tratta di una questione di stile. Si opta per questa alternativa per offrire un aggancio al lettore al suo primo sguardo. Garantire una porzione in risalto rispetto al resto della sezione.
Si potrebbe farne a meno nel caso di una bibliografia poco ricca. In questo caso, infatti, non si corre il rischio di "confondere" il lettore con un blocco di testo enorme e, per questo, dispersivo.
Aggiungiamo, infine, due "regole" da seguire caldamente. Utilizzare la sottolineatura, al posto del corsivo, per mettere in risalto una porzione della propria bibliografia, è sconsigliato perché andrebbe a creare confusione. L’impatto visivo, soprattutto a una prima lettura, ne risulterebbe appesantito. Vogliamo invece che l’analisi del nostro testo sia quanto più possibile scorrevole. Al di là del tema trattato, l’approccio dovrebbe essere "sereno". Occorre sempre controllare se vi sia più di un autore per quanto riguarda il testo citato, che si tratti di un libro o un articolo. Tutti devono essere citati, qualora si tratti di una pubblicazione mandata in stampa da una casa editrice. Nel caso di articoli di giornale o blog, invece, si ha libertà di scelta. Da una parte si possono citare tutti i nomi coinvolti nella stesura. Dall’altra, invece, si può ricorrere al primo autore e la dicitura "et al.".