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Metafora: significato, differenza con la similitudine ed esempi

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

La metafora è una delle figure retoriche più potenti di cui la lingua dispone per veicolare un significato. La sua bellezza e la sua forza risiedono nella capacità di evocare, di mettere in relazione concetti e oggetti, di trasformare, attraverso una semplice associazione, una frase in una locuzione in grado di suscitare stupore e di restare impressa in chi ascolta.

La chiamiamo figura retorica, ma in realtà la metafora è molto di più. Dimentichiamoci di essere di fronte a un semplice vezzo linguistico, a una ricercatezza da poeti, perché la metafora è un filo diretto che collega il pensiero alla lingua, esprime un concetto per associazione e intuizione, che arriva così immediato all’interlocutore.

La metafora gioca a nascondino

La regina delle figure retoriche di significato è in grado di mimetizzarsi nel tessuto linguistico al punto che spesso non ci rendiamo conto di utilizzarla, eppure è in ogni angolo, pronta a farsi riconoscere ma sempre tanto restia a farsi definire.

• “Il mare della Sardegna è cristallino”

• “Il nostro nido d’amore”

• “È la pecora nera della famiglia”

• “La mia azienda è un covo di squali”

Avete mai pensato a quante metafore si nascondono tra le righe del linguaggio che usiamo quotidianamente? Chi è che non si è mai ritrovato a pronunciare una di queste frasi senza rendersi conto di parlare per metafore?

Ecco, immaginiamo quanto le nostre parole potrebbero essere ancora più potenti se fossimo pienamente consapevoli del modo in cui le utilizziamo.

Incamminiamoci quindi in questo viaggio alla scoperta della metafora. Alla fine di questa piccola guida sarete in grado di individuare tutte quelle mimetizzate nel testo… in un batter d’occhio. Ops!

Cos’è la metafora

La metafora si colloca nell’universo delle figure retoriche semantiche, ovvero di significato, quelle cioè basate sull’attribuzione di un significato connotativo (ossia più profondo, nascosto) alla parola.

Il termine metafora deriva dal greco metaphora termine composto da meta, che vuol dire “oltre” e phero, “portare” e significa trasporto, trasferimento.

Con la metafora è proprio questo che avviene: un significato viene “trasferito” da un oggetto a un altro secondo un’associazione che si basa sull’analogia tra i due elementi. L’analogia resta implicita, ma il suo valore si carica di significato.

• “I rami ondeggiano nel vento”.

Con questa frase stiamo trasferendo il moto delle onde a un altro oggetto, ovvero i rami. Non solo: stiamo anche paragonando il vento al mare.

• “Questa città è una giungla”.

Con questa espressione stiamo trasferendo alla città tutte le difficoltà che si possono trovare in una giungla, in senso figurato: vuol dire che vivere in questa città non è facile e si va incontro a molti imprevisti, avventure e fatiche.

Perché è difficile definirla: da Aristotele ad Eco

Attraverso la metafora non facciamo che designare un oggetto attraverso un altro. Eppure ogni sua definizione potrebbe risultare riduttiva.

Aristotele fu il primo a definire tecnicamente la metafora, parlandone nella “Poetica” e nella “Retorica”: “La metafora è il trasferimento a una cosa di un nome proprio di un’altra o dal genere alla specie o dalla specie al genere o dalla specie alla specie o per analogia”. Ma al di là della principale definizione tecnica, è interessante sottolineare che Aristotele parlava della metafora non solo come ornamento, ma anche – e soprattutto – come uno strumento di conoscenza.

A proposito della definizione di Aristotele Umberto Eco scriveva:

“Perché capire le metafore vuole dire sapere scorgere il simile o il concetto affine. Il verbo usato è theoreîn, che vale per scorgere, investigare, paragonare, giudicare. Si tratta pertanto e chiaramente di un verbum cognoscendi. (U. Eco, “Aspetti conoscitivi della metafora in Aristotele”, in “Doctor Virtualis”, 3, 5-7; 2004).

La metafora percorre trasversalmente non solo la linguistica, ma anche altre discipline, dalle scienze cognitive alla psicologia. Per questo, per quanto possa sembrare scontata, è un meccanismo affascinante e complesso.

Tropi, metafore e catacresi

Spesso i “tropi” (così si chiamano le figure retoriche di significato), e soprattutto le metafore (considerate “i tropi dei tropi”), permeano così in profondità nella lingua da entrare di diritto nell’uso comune. Tanto che mentre le stiamo pronunciando spesso dimentichiamo che quello che stiamo esprimendo sta avvenendo proprio attraverso l’uso di un artificio retorico. Senza contare tutte quelle locuzioni che sono così abusate che il loro senso figurato ha finito per diventare abituale: le pronunciamo senza pensarci ma se ci riflettiamo siamo perfettamente consapevoli di stare operando un’associazione di significato. Fa strano pensare che le bottiglie abbiano un collo, vero? O che il tavolo abbia quattro gambe e il mobile del soggiorno abbia i piedi. E che dire dell’espressione “fare la coda all’ufficio postale”?

Ecco, si tratta di tropi talmente usati e abusati da aver abbandonato il loro valore figurato ed essere diventati di uso “proprio”: sono quindi delle catacresi, una parola che deriva dal greco e significa proprio “abuso”. Ecco un altro esempio della potenza di una metafora: laddove esiste una lacuna, o laddove, per economia linguistica, serve una parola più immediata, la metafora arriva in soccorso creando nuove locuzioni: lingue di fuoco e creste di montagne, ritagli di tempo e di spazio e così via.

Le funzioni della metafora

Come abbiamo appurato, la metafora è un “meccanismo” linguistico e di pensiero, e come tale non è facile confinarla in una definizione univoca. E non è neanche questa l’intenzione: ciò che conta è comprenderla in quanto strumento in grado di arricchire il discorso ma anche di veicolare significati profondi in maniera più diretta e/o originale. Nella lingua parlata, nella letteratura, nella poesia, così come anche nelle canzoni, l’uso della metafora imprime nella mente immagini che racchiudono una forte componente emotiva. È un piacere per chi legge e per chi ascolta, perché è in grado di catapultare nella dimensione più intima e profonda di chi la crea. Coinvolge tutto: linguaggio, mente ed emozioni. E infatti la metafora può servire per descrivere una situazione o uno stato d’animo che si ha difficoltà, altrimenti, a esprimere.

La metafora, poi, pullula nei testi giornalistici. Basta aprire i quotidiani per rendersi conto di quanto le metafore siano in grado di descrivere ma anche di influenzare la percezione delle cose. Si pensi alla rappresentazione degli ospedali come trincee durante la pandemia, alle “spallate” delle opposizioni al governo, al “fronte” che cresce in una maggioranza politica, a una seconda “ondata” di caldo (termine che sta avviandosi verso la catacresi) o di crisi. Distinguere una metafora, così come crearne una, è uno strumento, ma anche un asso nella manica nell’interpretazione di ciò che ci circonda.

Metafora e similitudine: come distinguerle

E ora veniamo alla domanda più calda tra i banchi di scuola: come si distingue una metafora da una similitudine?

Anche la similitudine è una figura retorica che esprime un parallelismo tra due oggetti basandosi su una loro somiglianza, ma, a differenza della metafora, nella similitudine l’analogia viene esplicitata, quindi gli oggetti (o i concetti) che si accostano vengono messi in relazione tra loro esplicitamente attraverso delle locuzioni avverbiali: come, così… come, tale… quale.

•“Mario è uno scoiattolo”: questa è una metafora, perché le due entità a confronto si fondono e diventano una.

•“Mario è agile come uno scoiattolo”: nella similitudine le due entità a confronto si distinguono chiaramente l’una dall’altra.

Metafora, similitudine o paragone?

Occhio a non confondere la similitudine con il paragone!

Nella similitudine i due elementi a confronto non sono intercambiabili, mentre nel paragone sì.

•“Giulio è veloce come un fulmine” è una similitudine, perché i due termini a confronto non possono essere scambiati tra loro;

•“Giulio è veloce come Mario” è un paragone, perché pur invertendo i due termini, Giulio e Mario, il significato resta identico.

Le metafore nelle canzoni

È arrivato il momento di divertirsi un po’ a suon di testi… di canzoni.

Adesso che lo spirito critico è affinato, scopriremo quanto un testo possa essere ricercato o scontato, quanto possa risvegliare significati nascosti e capire perché, magari, smuove dentro di voi determinate sensazioni.

Nella musica indie le analogie fioccano:

• “Ma poi da me non vieni mai / Che poi da te non è Versailles”?

Calcutta canta questa metafora in “Paracetamolo”. Oltre a utilizzare un parallelismo (da me/da te) e completare la strofa con una rima assonante, il cantante non riesce a spiegarsi perché la sua donna non vada mai da lui: tra l’altro casa di lei non è mica “bella e grande come una reggia”!

• “E poi i miei pensieri diventano / quelle tangenziali giapponesi / che spiegavano il progresso / sui libri di geografia alle superiori”


Suggestiva l’immagine che Frisino dipinge nella canzone “Termini”. Successivamente
spiega: “Ho i ricordi un po’ confusi”. Questa metafora descrive perfettamente il gomitolo di pensieri che si aggrovigliano nella sua mente.

• “Lo sai che quella voglia che hai sulla schiena / a volte mi tormenta un po’. / Mi sembra un’isola deserta dove mi nasconderò / Aspetterò poi che qualcuno venga a chiamarmi da lassù / per dirmi che la guerra è finita già da un po’”.

Il brano è “I tuoi bellissimi difetti” de La Municipàl.

Metafore nella poesia contemporanea

Le metafore nella poesia si esprimono attraverso una forza quasi violenta. Beh, è il dono dei poeti. Sanno inventarle, sanno spiegare la loro dimensione interiore e farla diventare universale semplicemente maneggiando poche parole.

• “Sii dolce con me. Sii gentile. / È breve il tempo che resta. Poi / saremo scie luminosissime.[…]
Maneggiami con cura. / Abbi la cautela dei cristalli”.

Si tratta di qualche verso di una meravigliosa poesia di Mariangela Gualtieri che vale la pena leggere per intero. È l’invito al rispetto del corpo e della mente su questa terra, un inno alla gentilezza e al valore della vita che va maneggiata con cura, come fosse un delicato cristallo.

“Sotto al portone / una bambina pensierosa eri, / una campana rotta. / Una collana di baci / ti mettevo al collo”.

Antonio Ferrara ha scritto, tra le altre, una breve deliziosa poesia che ruota attorno all’anastrofe (figura retorica con cui si modifica l’ordine abituale della frase attraverso l’inversione di parti del discorso) e a tre metafore principali: la donna come una bambina e come una campana rotta, i baci che si susseguono come perle o pietre preziose di una collana.

Metafore nella narrativa contemporanea, alcuni esempi

In un passo del suo libro “Borgo sud”, Donatella Di Pietrantonio racconta:

• “Odilia ha lasciato capra, cane e gatto ed è arrivata al paese con l’Ape. Si è mangiata le curve in salita, tirando il motore al massimo”.

Osservando queste metafore verbali si nota subito la differenza rispetto a quelle nominali: non sostituiscono l’azione ma cambiano i significati degli oggetti connessi all’azione. Odilia ha mangiato le curve come fossero cibo, ossia le ha percorse a grande velocità, e ha portato il motore al limite, “tirandolo al massimo” come si tende la corda dell’arco.

Un altro esempio lo prendiamo da “Il mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese:

• “La Finizio non era mai tranquilla. […] aveva bisogno di smuovere e anche addentare ora questo argomento, ora quello”.

Il personaggio viene descritto benissimo attraverso la metaforizzazione delle due azioni: è una donna a cui piace “smuovere” (non è mai tranquilla) e “addentare” (con aggressività, forse?) gli argomenti come se fossero cibo succulento.