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Vecchi Fonte foto: iStock

A che età si diventa vecchi? Lo svela una ricerca di Stanford

Se vi state chiedendo a che età si diventa vecchi, o meglio si inizia ad invecchiare, c'è la risposta: lo svela una ricerca della Stanford University

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

A che età si diventa vecchi? Sembra una domanda banale, ma non lo è affatto, soprattutto da un punto di vista scientifico. Dopo numerosi studi, il 14 agosto è stata pubblicata una ricerca della Stanford Medicine che ne svela la risposta. Ecco cosa è stato scoperto.

Lo studio sull’invecchiamento della Stanford

Il tempo scorre in modo prevedibile, ma l’invecchiamento biologico è tutt’altro che costante. Ci sono infatti 2 momenti della vita in cui si invecchia ad un ritmo molto più accelerato, e arrivano intorno ai 44 ed ai 60 anni. A rivelarlo è un nuovo studio della Stanford Medicine pubblicato il 14 agosto sulla rivista ‘Nature Aging’.

L’invecchiamento è un processo complesso e multifattoriale di cambiamenti fisiologici associati a varie malattie, tra cui quelle cardiovascolari e quelle neurodegenerative, il diabete ed il cancro. Le alterazioni delle molecole sono di fondamentale importanza per comprendere il meccanismo che sta dietro all’invecchiamento. È da questo principio che sono partiti i ricercatori della Stanford per portare avanti il loro studio.

È ampiamente riconosciuto, si legge sullo studio, che l’insorgenza di malattie legate all’invecchiamento non segue un aumento proporzionale con l’età. Invece, il rischio di queste malattie accelera in punti specifici durante l’arco della vita. Ad esempio, negli Stati Uniti la prevalenza di malattie cardiovascolari (che comprendono aterosclerosi, ictus e infarto miocardico) è di circa il 40% tra i 40 e i 59 anni, aumenta a circa il 75% tra i 60 e i 79 anni, e raggiunge circa l’86% negli individui di età superiore agli 80 anni.

Per questo i ricercatori hanno esaminato i campioni biologici di 108 persone con un’età compresa tra i 25 ed i 75 anni in un arco temporale medio di 1,7 anni. “Sorprendentemente – si legge nella ricerca -, molti marcatori molecolari e percorsi biologici hanno mostrato un modello non lineare durante il processo di invecchiamento, fornendo così preziose informazioni sui periodi di alterazioni maggiori con l’avanzare dell’età”.

I risultati dello studio

Come anticipato, dalla ricerca è emerso che l’invecchiamento subisce un’accelerazione intorno ai 44 ed ai 60 anni. I cambiamenti registrati nelle 40enni ha sorpreso gli scienziati, che inizialmente hanno pensato che fossero legati alla menopausa o alla perimenopausa. Ma quando hanno suddiviso il gruppo di studio per sesso, hanno scoperto che il cambiamento si verificava anche negli uomini che avevano 44-45 anni.

Nei 40enni sono stati osservati cambiamenti significativi nel numero di molecole correlate al metabolismo di alcol, caffeina e lipidi, alle malattie cardiovascolari, alla pelle e muscoli. In quelle di 60 anni, invece, i cambiamenti osservati erano correlati al metabolismo dei carboidrati e della caffeina, alla regolazione immunitaria, alla funzione renale, alle malattie cardiovascolari e a pelle e muscoli.

I consigli dell’esperto

Questo studio, hanno sottolineato i ricercatori, non vuole creare allarme nelle persone che si avvicinano alle 2 soglie ‘fatidiche’ (44 e 60 anni), ma si vuole sottolineare l’importanza della prevenzione per affrontare queste tappe con un corpo più resiliente.

“Riguardo alla dieta, abbiamo soprattutto 2 indicazioni”, ha spiegato a ‘la Repubblica’ il genetista Michael Paul Snyder, direttore del centro di genomica e medicina personalizzata dell’Università di Stanford e coordinatore della ricerca. “È bene controllare il consumo di lipidi già intorno ai 40-44 anni, perché a quell’età inizia a peggiorare la nostra capacità di metabolizzarli, e quindi aumenta il rischio di depositi di grasso nelle arterie”.

“Inoltre – ha proseguito – quell’età vediamo anche cambiamenti nelle proteine che servono a metabolizzare l’alcol ed il caffè. Ma questo – ha aggiunto – potrebbe essere anche un effetto comportamentale più che biologico, nel senso che probabilmente i soggetti che abbiamo studiato verso i 40-44 anni potrebbero aver aumentato il consumo di caffè e alcol come risposta allo stress della vita quotidiana”.

E per la tappa dei 6o anni? “Diventa più importante moderare il consumo dei carboidrati, perché subisce un calo drastico la nostra capacità di metabolizzarli”, ha affermato il dottor Snyder. E visto che “la funzione renale ha un calo più rapido, diventa cruciale difendere i reni bevendo molta acqua”.