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Professore Fonte foto: iStock

Al professore si dà del tu o del lei? Si riaccende il dibattito

Si riaccende il dibattito su come gli studenti dovrebbero rivolgersi agli insegnanti nel contesto scolastico: al professore si dà del tu o del lei?

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Si riaccende il dibattito sul registro linguistico da utilizzare a scuola: al professore si dà del ‘tu’ o del ‘lei’? La questione dai social è rimbalzata fino alle pagine dell’HuffPost Italia, dove la docente e studiosa di lingue e letteratura Simonetta Lucchi ha cercato di rispondere alla domanda: in classe l’utilizzo di un registro informale incide o meno sul rispetto nei confronti degli insegnanti?

Il dibattito: ai prof si dà del ‘tu’ o del ‘lei’?

Sarà stata l’intervista a ‘Belve’ di Teo Mammuccari, o forse no. Fatto sta che sui social si è riacceso il dibattito intorno a come gli studenti dovrebbero rivolgersi agli insegnanti: meglio usare il ‘tu’ o il ‘lei’?

La maggior parte della letteratura in materia, ha sottolineato la professoressa Simonetta Lucchi in un articolo dell’HuffPost, si concentra “al solito sul rapporto studente/insegnante, senza considerare che la scuola è una grande comunità, costituita da docenti, bidelli, tecnici, assistenti, coordinatori, esperti esterni, dirigenti”. Secondo la studiosa, dunque, “sarebbe più opportuno interrogarsi su come ci si comporta, all’interno di questa comunità, che ha l’esplicito compito di educare le giovani generazioni“. Da qui la domanda: “L’utilizzo di un registro informale incide o meno sul rispetto nei confronti degli insegnanti?”.

Simonetta Lucchi ha iniziato il suo ragionamento chiedendo ai lettori perché non si è soliti chiamare ‘doc’ un dottore mentre ci sta visitando mentre l’espressione ‘prof’ è diventata di “uso collettivo”. Nonostante questo, leggendo i commenti sui social, “si apprende come la forma di cortesia”, ovvero il rivolgersi ai docenti con il ‘lei’, “non sia affatto rara nei contesti scolastici e venga ancora pretesa da molti insegnanti”. Non si tratta tanto di “una forma di distacco”, ha sottolineato Lucchi, quanto di “un segno di rispetto e riconoscimento del ruolo“.

Del resto, ha aggiunto, anche fuori dal contesto scolastico “usiamo di consuetudine un femminile di cortesia nei confronti di persone più grandi di età e in segno generico di rispetto”.

Agli insegnanti meglio dare del lei?

Ma a suo avviso, a scuola, il rispetto nei confronti dei docenti non si dimostra solo utilizzando il ‘lei’ o evitando di chiamarli ‘prof’. “I ‘nostri maestri’ – ha concluso – meritano considerazione, soprattutto in un contesto didattico. Che si lasci libertà di decisione. L’empatia, la comprensione, l’affetto, da parte di chi rispettiamo, e di cui riconosciamo l’autorevolezza, sono spesso ancora più graditi. Vengono da altro, non certo da un’abbreviazione”.

Per questo non esiste una risposta univoca alla domanda iniziale: per Lucchi la risposta la devono dare gli insegnanti stessi.

Il commento dell’insegnante

I commenti all’articolo non si sono fatti attendere. Su Facebook un’utente ha scritto: “Dare del ‘lei’ non è mai una semplice formalità, al contrario, sottintende immediatamente un’assegnazione di ruoli. In quanti luoghi di lavoro si continua a dare del lei al capo mentre i dipendenti vengono chiamati con il tu e il nome proprio?”.

E ha proseguito: “Dare del tu ad un insegnante (e io non sono un’insegnante) significa far cadere quell’ultima sottile barriera tra chi riveste un ruolo istituzionale ed educativo e dei bambini / ragazzini che sono lì per imparare”.

La docente ha concluso: “La colpa ovviamente è delle famiglie, che in casa si permettono di sparlare della scuola e degli insegnanti davanti ai figli, minando la loro autorità. I risultati sono sotto gli occhi di tutti”.