
Denatalità shock a scuola: il dato impressionante sugli studenti
La denatalità sta cambiando il volto della scuola italiana: sempre meno studenti occupano i banchi nelle aule scolastiche che iniziano a svuotarsi
La denatalità in Italia è un fenomeno con il quale siamo “abituati” a convivere ormai da tantissimi anni. Le nascite sono in calo da decenni e le culle vuote sono una realtà ormai consolidata. Come cambia la vita scolastica con meno studenti in classe? La denatalità a scuola è un problema di cui parlare, anche per quello che riguarda il rapporto tra alunni e docenti in classi che potrebbero essere sempre più piccoli e per la ripercussione del calo demografico sul futuro mercato del lavoro.
Denatalità a scuola: quanti alunni in meno ci saranno
Le ultime stime del Governo non descrivono una situazione idilliaca per quello che riguarda le nascite nel nostro Paese. Si tratta solo di dati parziali, che devono essere affinati in base agli aggiornamenti demografici dell’Istat. In vista della predisposizione degli organici docenti per l’anno scolastico 2025/2026, l’esecutivo sta facendo un po’ di conti e, a quanto pare, il calo di alunni è netto.
Secondo le prime stime, infatti, l’anno scolastico 2025/2026 si aprirà con più di 134mila studenti in meno dalla scuola dell’infanzia alle scuole superiori: si passerà dai 6,9 milioni del 2024/2025 a poco meno di 6,8 milioni a settembre 2025.
Se i trend non verranno invertiti, nei prossimi 8-9 anni la popolazione scolastica potrebbe scendere sotto la soglia di 6 milioni di unità.
Le nascite in Italia sono in continuo calo
L’Istat ha fornito negli ultimi anni dei dati che parlano di un tasso di denatalità molto alto. Le nascite in Italia sono passate da 431.007 del 2019 a 380.630 del 2024. Se si considera la fascia di età dei 3 anni (quando si inizia la scuola dell’infanzia), i bambini, in questo arco temporale, sono diminuiti di più di 68mila unità. Lo stesso è successo con i bambini di 6 anni, che si apprestano a iniziare la scuola primaria: nel 2019 erano 529.609 ragazzi, mentre nel 2024 sono 469.364 (60mila in meno).
Se si continuano questi calcoli con i ragazzi di 13 anni, che passano dalle medie alle scuole superiori, in sei anni sono calati di 418 unità. I giovani di 19 anni, invece, appartengono a una fascia d’età in crescita: erano 585.535 nel 2019, sono 593.590 nel 2024. L’effetto demografico per chi si iscrive all’Università è solo rimandato di qualche anno.
Guardando agli under 19 anni, in 20 anni, dal 2004 al 2024, in Italia sono stati “persi” più di 900mila giovani.
Come cambia il rapporto tra alunni e docenti nelle classi piccole
La denatalità sta cambiando la scuola italiana. Secondo l’ultimo rapporto Ocse (Education at a glance 2024) nel nostro Paese il numero di alunni per docente è tra i peggiori in tutto il mondo: nell’area Ocse si contano 14 studenti per ogni insegnante alla primaria e 13 alle superiori, mentre in Italia siamo a 1 docente ogni 11 alunni alla primaria e alle medie e 1 docente ogni 10 alunni alle scuole superiori.
Le classi pollaio, con più di 27 ragazzi e ragazze, sono poco più di 5mila in tutta Italia e rappresentano l’1% del totale delle classi. Oggi sono più numerose le aule con meno di 10 studenti, soprattutto nei piccoli borghi.
A seguito dell’andamento demografico negativo, il corpo docenti italiano potrebbe ridursi: per l’anno scolastico 2025/2026 si prevede una riduzione di 5.667 insegnanti. Il taglio sarebbe confermato anche da una bozza di decreto interministeriale Mim-Mef presentata dai sindacati che hanno manifestato il proprio dissenso di fronte a tale proposta.
Il crollo delle nascite interesserà anche il futuro mondo del lavoro
La denatalità, però, non cambia solo la scuola, ma anche il mondo del lavoro. Si teme, ad esempio, per la stabilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, ma anche la condizione di disequilibrio tra domanda e offerta (il cosiddetto mismatch) che interessa oggi un’assunzione su due, con picchi anche del 70% per l’ambito scientifico-tecnologico. Secondo Unioncamere-Ministero del Lavoro mancherebbero candidati e il problema non sarebbe solo la preparazione inadeguata dei possibili lavoratori.