Le donne laureate in Italia guadagnano la metà degli uomini
Nuovo triste record per le donne italiane, che guadagnano la metà rispetto agli uomini pur avendo una laurea: la fotografia presentata dall'Ocse
L’Italia registra un altro triste record in materia di parità di genere e istruzione: le donne laureate italiane guadagnano la metà degli uomini, a parità di livello di istruzione. A fotografare la situazione del Bel Paese è il nuovo rapporto Ocse “Education at a Glance 2024“, che si è focalizzato proprio sull’equità dei sistemi educativi. Lo Stivale ha registrato il dato peggiore per quanto riguarda il gap retributivo tra donne e uomini laureati, ma non solo. Dallo studio condotto emergono altri dati che fanno capire quanto ancora la strada possa essere in salita per le donne e per il sistema educativo italiano.
- Il record negativo italiano sugli stipendi di uomini e donne
- Focus sugli insegnanti e sull'età media in Italia
Il record negativo italiano sugli stipendi di uomini e donne
Il quadro fornito dal rapporto “Education at a Glance 2024” dell’Ocse è ancora una volta allarmante, oltre che triste. L’Italia detiene nuovamente il record negativo nel gap retributivo tra donne e uomini: le “dottoresse” guadagnano il 58% dello stipendio dei maschi, ovvero poco più della metà. Il fenomeno dello svantaggio retributivo di genere non riguarda soltanto la situazione italiana, ma il nostro Paese è quello in cui la differenza di stipendio è nettamente più elevata. Basti considerare che nella media dei Paesi Ocse le donne guadagnano il 17% in meno degli uomini, stabilendo una differenza molto meno marcata, seppur da contrastare.
In nessun altro Paese Ocse, quindi, le donne laureate guadagnano così poco rispetto ai colleghi maschi. Un dato ancor più sconfortante se si pensa che in Italia sono le donne a laurearsi in numero maggiore e con voti migliori rispetto agli uomini (le donne rappresentano infatti il 55% dei laureati italiani).
Il nuovo rapporto ha messo poi a confronto diversi indicatori rispetto alla situazione fotografata 8 anni fa (ossia il 2016). Sebbene il Bel Paese in questi anni abbia registrato dei miglioramenti, la strada da fare è ancora lunga per avvicinarsi alla media degli altri Paesi Ocse. A partire dal fenomeno della dispersione scolastica. Il numero di giovani che non ottengono il diploma di scuola superiore, inoltre, risulta proporzionato al livello di istruzione raggiunto dalla famiglia di origine. Dallo studio condotto, infatti, emerge come la dispersione tra i giovani dai 25 ai 34 anni in Italia sia del 20% e, sebbene sia migliorata del 6% rispetto al 2016, oggi la media Ocse è di gran lunga più bassa (il 14%).
Le cause si fanno risalire alla famiglia di appartenenza, che in Italia ha ancora un peso troppo rilevante sugli studi e sulle scelte scolastiche e di vita. Emerge infatti che soltanto il 10% dei figli di genitori che hanno ottenuto solo un diploma di terza media riesce a raggiungere la laurea, mentre il 37% di questi non arriva nemmeno alla maturità.
Un altro tasto dolente per lo Stivale è anche il sottofinanziamento del sistema d’istruzione, per il quale viene dedicato solo il 4% del Pil, contro una media Ocse del 5%. Investimenti nella scuola che non seguono una logica proporzionata con l’aumentare del livello scolastico, ma che ragionano invece al contrario rispetto agli altri Paesi studiati: si finanziano molto di più le elementari e si riservano molti meno fondi con l’innalzamento del grado, fino al livello minimo destinato alle università.
Focus sugli insegnanti e sull’età media in Italia
Spazio poi alle analisi specifiche sulla situazione degli insegnanti. Nel Bel Paese il numero di studenti per ogni insegnante è più bassa rispetto alla media Ocse, un dato da ricondurre sia al crollo demografico, sia al sistema italiano che prevede un insegnante diverso per ogni materia trattata. Si contano in media 11 studenti per insegnante alle elementari (contro i 14 della media Ocse), 11 anche alle medie (contro 13), e 10 alle superiori (contro 13).
Gli insegnanti italiani, inoltre, hanno mediamente un’età media più elevata rispetto alla media degli altri Paesi: i docenti cinquantenni rappresentano il 53% del totale, contro una media Ocse del 37%. I loro stipendi, invece, sono aumentati dell’8% (contro una media del 4%), anche se il valore reale si è invece ridotto del 6% a causa dell’inflazione.