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Mika Fonte foto: ANSA

Mika e la scuola: "Per sette mesi non ho parlato". Cos'è successo

Il cantante Mika, in un'intervista, ha raccontato un curioso aneddoto sul suo periodo tra i banchi di scuola e su come abbia mantenuto la fantasia

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Mika, pseudonimo di Michael Holbrook Penniman Jr., è un cantautore e showman libanese naturalizzato britannico con una lunga carriera in Italia. Artista di hit di successo mondiale tra cui Grace Kelly, Love Today e Relax Take It Easy, è anche stato al timone di programmi televisivi di successo come Stasera Casa Mika e come giudice di X Factor. Il 7 maggio sarà il presentatore della serata di premiazione dei David di Donatello. In un’intervista ha parlato del suo legame con il nostro Paese e ha raccontato un curioso aneddoto sulla scuola.

Cosa ha detto Mika sulla scuola

Intervistato da Il Corriere della Sera, Mika ha risposto a una domanda in cui gli è stato chiesto se pensasse gli fosse stata rubata l’infanzia avendo iniziato a esibirsi a 8 anni. “Io ho avuto l’infanzia più bella del mondo – ha risposto l’artista – perché andavo a scuola, ma era una mer*a: mi hanno cacciato da scuola, per sette mesi non ho parlato, non sapevo leggere, non sapevo scrivere”.

È stato in quel periodo che ha cominciato a cantare rivelando di essere stato “catapultato” a Covent Garden in una scenografia di David Hockney. “Mi sono ritrovato in queste scatole magiche dove il mondo diventava un’altra cosa. Poi sono tornato a scuola – ha raccontato – però sapevo che avevo un’altra vita, avevo altre vite. E andavo anche tanto al parco, ero ossessionato con il parco e con le anatre; giocavo con le anatre”.

Secondo il cantante sarebbero state proprio tutte queste diverse vite a permettergli “di mantenere la mia fantasia e la mia immaginazione integre: erano credibili perché io lavoravo già con adulti che creavano mondi paralleli pieni di fantasia, intessuti di diversi colori, forme, rumori, musiche. E quello era un lavoro. La musica mi ha salvato la vita”.

In un’altra intervista dello scorso anno, sempre al Corriere della Sera, Mika ha raccontato che a Londra il padre aveva perso il lavoro e la famiglia ha vissuto per due anni in un Bed & Breakfast. A proposito della scuola in quel periodo, l’artista ha spiegato che “da una piccola scuola privata” si è ritrovato in una “scuola pubblica di tremila studenti”.

“Arrivo coi vestiti disegnati da me e cuciti da mamma. Non vengo accettato né dai compagni, né dagli insegnanti. Ce ne era una in particolare – ha detto – che sceglieva tra gli studenti le vittime su cui comporre poesie cattive da far recitare alla classe intera. Di me scriveva: pigro, idiota, scemo, inconsapevole, stravagante”.

Cosa ha preso Mika dalle sue diverse nazionalità

Mika è nato a Beirut, in Libano, ma all’età di un anno la famiglia si è trasferita a Parigi a causa della guerra civile libanese. A nove anni un nuovo spostamento a Londra, poi negli Stati Uniti.

Parlando di cosa abbia ricevuto dalla permanenza in ognuno di questi Paesi, Mika ritiene che la parte newyorkese sia la sua parte “dritta, quella pratica, che non ha paura di parlare di budget”, dall’Inghilterra ha imparato la disciplina di continuare a nutrirsi perché “l’educazione inglese ti fa sentire sempre ignorante e dunque devi continuare a leggere, ad ascoltare, a scrivere”.

In Francia ha appreso il “gioco delle parole: l’arte della conversazione e del dibattito” dove ci si può trovare a cena con un ministro di destra e uno di sinistra, un gay, uno chef e altre personalità diverse e si può urlare, litigare, ridere e mangiare insieme.

Infine il Libano rappresenta per il cantante “il colore, l’emozione, l’alma, una sorta di dolce follia un po’ melancolica”.

La “poesia italiana” secondo Mika

Mika ha però un legame speciale anche con l’Italia. Sul Bel Paese l’artista ha svelato che gli piace come in contesti diversi, per esempio in televisione, si possa “mantenere la poesia. In tv c’è anche il trash, però se vuoi comunicare con poesia e intelligenza c’è una maniera di farlo e c’è un pubblico che ascolta”.

Poi il cantautore ha confessato di essere “un grande fan del cinema, del potere di un cinema che sa essere leggero, poetico, politico, che sa dialogare con il mondo”.

“Sotto questo aspetto l’Italia è eccezionale – ha sottolineato – dal dopoguerra in poi questa capacità è stata incredibile. Scorsese ha raccontato benissimo l’impatto che il cinema italiano ha avuto sul resto del mondo”.

“Io non parlavo italiano – ha aggiunto – e ho potuto capire profondamente certi cantautori, come Tenco, De André o Battiato, solo imparando la lingua. Invece non avevo bisogno di parlare italiano per capire il vostro cinema: questa è la prova di un dialogo universale”.