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Laureati italiani Fonte foto: iStock

Perché i laureati italiani sanno meno dei diplomati finlandesi

I nuovi dati pubblicati dall'Ocse sulle competenze degli adulti mostrano che i laureati italiani sanno meno dei diplomati finlandesi: ecco perché

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

È uscito Piaac 2024 (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), la nuova rilevazione dell’Ocse che misura lo stato delle competenze della popolazione adulta nei Paesi del mondo. I dati dell’Italia non sono positivi: secondo l’indagine, i laureati italiani sanno meno dei diplomati finlandesi. Ecco perché.

Laureati italiani e diplomati finlandesi: vincono i secondi

In Italia, un adulto su tre ha competenze linguistiche o matematiche insufficienti. È questo il dato emerso da Piaac-Ocse, la nuova ricerca dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico condotta tra il 2022 ed il 2023 su un campione di adulti tra i 16 ed i 65 anni provenienti da 31 Paesi del mondo. Tale risultato trascina l’Italia in coda alla classifica europea: fa meglio solo del Portogallo.

A questo dato se ne aggiunge un altro: i laureati italiani hanno una preparazione inferiore rispetto ai finlandesi che possiedono soltanto il diploma. Il punteggio medio ottenuto dagli italiani che hanno una laurea, infatti, è inferiore a quello raggiunto dai diplomati della Finlandia.

Ciò significa che le capacità acquisite tra i banchi di scuola in Italia si perdono più facilmente e più velocemente che in altri Paesi, ed i percorsi di formazione continua dei lavoratori non è ancora sufficiente.

In generale, gli adulti italiani ottengono risultati inferiori alla media Ocse in tutti i campi. Inoltre, lo studio ha mostrato che:

  • il 40% dei lavoratori italiani ha un’occupazione che non c’entra niente con quello per cui ha studiato;
  • il 18% è sotto-qualificato per il lavoro che fa (la media Ocse è 9%);
  • il 15% è troppo qualificato (media Ocse 23%).

Vediamo nel dettaglio questi dati divisi per competenze: literacy (capacità di comprendere un testo); numeracy (capacità di calcolo); problem solving.

Gli italiani e la capacità di comprendere un testo

Il 35% degli italiani ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al livello 1 (base) nella comprensione del testo (literacy), contro una media Ocse pari al 26%.

Stando agli standard dell’organizzazione, chi ha un livello base “è in grado di comprendere testi brevi ed elenchi organizzati, quando le informazioni sono indicate chiaramente, e può individuare informazioni specifiche e identificare collegamenti rilevanti all’interno di un testo”. Invece, chi possiede competenze inferiori al livello base “è in grado di comprendere, al massimo, frasi brevi e semplici”.

Se si considerano gli adulti che possiedono competenze adeguate (livello 4 o 5 della scala Ocse), in Italia sono solo il 5%, contro una media internazionale pari al 12%.

Infine, un altro dato che salta all’occhio riguarda le differenze tra i titoli di studio. Un laureato italiano, in media, in ‘literacy’ ottiene il 19% in più rispetto ad un diplomato, a fronte di una media Ocse pari a +33%. I diplomati, invece, raggiungono 35 punti percentuali in più di chi ha la licenza media (media Ocse +43%).

La capacità di calcolo degli adulti italiani

Anche in ‘numeracy’, ovvero nella capacità di calcolo, il 35% degli adulti italiani ha un livello base o inferiore (media Ocse 25%). Coloro che possiedono un livello 1 in matematica sanno “fare calcoli di base con numeri interi o con il denaro, comprendere i decimali e identificare ed estrarre singole informazioni da tabelle o grafici, ma possono avere difficoltà con compiti che richiedono più passaggi (ad esempio risolvere una proporzione)”. Chi è al di sotto del livello 1 è “in grado di sommare e sottrarre numeri piccoli”.

Gli ‘high performer’ (livello 4 e 5) in Italia, invece, sono solo il 6%, meno della metà della media Ocse (14%).

Come vanno gli italiani in problem solving

In problem solving, infine, quasi un italiano su due (46%) è insufficiente (media Ocse 29%). Questo significa che quasi la metà degli adulti in Italia hanno “difficoltà con problemi che presentano più passaggi o che richiedono il monitoraggio di più variabili”.

Circa l’1% degli italiani, invece, ha ottenuto un punteggio di livello 4 o 5: si tratta di un risultato molto inferiore alla media Ocse, pari al 5%.

Gli effetti

Tutto questo si ripercuote sul mondo del lavoro. Come sottolineato dall’Ocse, in media chi ha ottenuto punteggi insufficienti nelle competenze leggere, fare i conti e problem solving ha meno possibilità di trovare lavoro (92% di occupazione contro il 60% di chi ha un livello insufficiente) e, una volta occupato, ottiene paghe più basse (oltre 12 euro all’ora di differenza media).

Non solo, si traduce anche in una condizione di peggior integrazione nel tessuto sociale ed economico del proprio Paese. Detto in altri termini, senza adeguate competenze in ‘literacy’, ‘numeracy’ e ‘problem solving’ aumenta il rischio di esclusione sociale.