Perché i precari dell'università stanno protestando: la richiesta
I ricercatori precari dell'università chiedono il ritiro della riforma Bernini sul preruolo e denunciano la situazione del comparto universitario
I lavoratori precari dell’università stanno protestando in più città italiane, da Milano a Torino, Roma e Napoli, gli occupati negli atenei denunciano la situazione del comparto universitario italiano e chiedono il ritiro della riforma Bernini sul preruolo. La testata Domani ha pubblicato la lettera dei ricercatori precari degli atenei romani, in mobilitazione contro tagli e precarietà che chiedono anche un piano di reclutamento straordinario e un’università cooperativa, critica e demilitarizzata.
La lettera dei precari dell’università
Nella lettera si legge: “Siamo gli oltre 60.000 lavorator3 precar3 dell’università. Un esercito invisibile – circa un terzo del totale del corpo docente e ricercatore – fatto di lavorator3 sottopagat3 e indistinguibili per presenza e mansioni dal personale di ruolo che quotidianamente attraversa aule e laboratori, e sulle cui attività (ricerca, didattica, progettazione, Terza Missione) si regge ormai stabilmente il comparto universitario italiano. Un esercito di lavorator3 “usa e getta” lievitato esponenzialmente negli ultimi quindici anni sotto i colpi dei tagli e della neoliberalizzazione selvaggia seguiti alla riforma Gelmini del 2010, e che, nell’ultimo biennio, ha visto un’ ulteriore impennata con il proliferare di contratti precari scaturiti dai fondi PNNR.
Un esercito in parte già in dismissione: nel 2022, la Legge 79 sanciva l’abolizione dei contratti precari di assegnista di ricerca e ricercatore a tempo determinato di tipo A (RTDA) in favore di una nuova fattispecie (il contratto di ricerca) di durata biennale dotata di pieni diritti previdenziali – e dunque più onerosa per gli atenei. Tuttavia, i limiti di spesa imposti dalla stessa legge, il mancato stanziamento di risorse congrue, e il sabotaggio deliberato della finalizzazione del contratto di ricerca da parte del MUR in sede di contrattazione collettiva, ha fatto sì che i nuovi contratti non siano, ad oggi, mai entrati in vigore, generando un limbo normativo che ha già provocato l’espulsione di 1200 RTD-A, cui si aggiungeranno, entro i prossimi tre anni, le migliaia di “esodati” PNRR, e le migliaia assegnisti di ricerca in scadenza. Ad aggravare ancor di più il quadro, una nuova ondata di tagli ha iniziato ad abbattersi sugli atenei”.
La denuncia sugli ulteriori tagli
I precari dell’università denunciano che “durante l’estate, il governo ha imposto un taglio effettivo al Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) per il 2024 di oltre 500 milioni di euro. Di questi, circa 340 milioni destinati agli adeguamenti salariali del personale strutturato sono stati sottratti alla quota annuale del piano triennale di reclutamento straordinario pensato per sopperire all’emergenza scaturita dal pensionamento di circa 20.000 strutturati dal 2008 a oggi, cui si aggiungerà un ulteriore 10% entro il 2027. A fare il paio al taglio estivo, la Legge di Bilancio appena approvata ha sancito un ulteriore pacchetto di tagli di 700 milioni per il biennio 2025-2027, per un totale di 1.3 miliardi in tre anni in un paese che è già fanalino di coda in Europa per PIL investito in istruzione terziaria (meno dell’1% del PIL contro una media OSCE dell’1,5%). La stessa finanziaria prevede un blocco del turnover per il personale strutturato e TAB del 75% entro i prossimi due anni”.
Queste misure avrebbero avuto già effetti evidenti sul comparto con molti atenei “che hanno congelato il reclutamento, tagliato le borse dottorali per il prossimo anno accademico, e sollevato il rischio di insolvenza. Di fronte a questa catastrofe, la Ministra Bernini ha predisposto una nuova riforma del preruolo universitario (DdL 1240) che punta a compensare il taglio strutturale delle risorse con un nuovo ventaglio di contratti iperprecarizzati, a basso costo e non propedeutici all’immissione in ruolo (una ‘cassetta degli attrezzi’, nelle parole della stessa Ministra) da fornire ai rettori per garantire agli atenei lo svolgimento delle attività ordinarie”.
Nella lettera si specifica che le nuove figure previste dalla riforma Bernini “consisteranno in: a) contratti post-doc, ovvero contratti di lavoro spendibili per didattica, ricerca e terza missione, di durata annuale rinnovabile fino a un massimo di tre; b) borse di ricerca senior e junior, ovvero contratti parasubordinati privi di piene tutele previdenziali destinati a ricercatori rispettivamente con e senza dottorato, anch’essi di durata annuale e cumulabili fino a un massimo di tre; c) professori aggiunti, ovvero professori nominati per decreto rettorale per incarichi di didattica da un minimo di tre mesi a un massimo di tre anni”. Per i precari si tratterebbe di una riforma nettamente regressiva che, a sua volta, rappresenta il primo tassello di una riforma strutturale dell’intero comparto universitario.
Cosa chiedono i precari dell’università
Nella lettera i lavoratori precari delle università romane elencano quindi quali sono le loro richieste, ovvero:
- il ritiro immediato del DdL 1240;
- il rifinanziamento al FFO, e al comparto riservato all’istruzione superiore, per raggiungere la media OCSE;
- un piano di reclutamento straordinario;
- una revisione strutturale del percorso di immissione in ruolo che preveda contratti di lavoro dignitosi e tempi e modalità di progressione chiare e lineari;
- un’università cooperativa, critica, desecurizzata e demilitarizzata.