Salta al contenuto
Valditara Fonte foto: ANSA

Prof precari, Italia deferita a Corte Ue: cosa ha detto Valditara

L'Italia è stata deferita alla Corte di giustizia Ue in merito alla condizione dei prof precari: ecco cosa ha detto il ministro Giuseppe Valditara

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha espresso la sua opinione sulla decisione della Commissione europea di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue in merito alla condizione dei prof precari. Ecco cosa ha detto.

Le parole di Valditara

“Prendo atto della decisione della Commissione europea, che ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea perché si riducano le condizioni per il ricorso dei contratti a termine e affinché i docenti precari abbiano gli stessi scatti di anzianità degli insegnanti di ruolo, in nome di una piena parificazione dei diritti”, ha dichiarato il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.

“Abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani – ha proseguito – previsto da un’intesa fra la Commissione e il precedente governo, superando le rigidità della riforma Pnrr che creano un’oggettiva discriminazione a danno dei docenti precari e non tengono conto dei numeri del precariato che sono cresciuti negli scorsi anni“.

“Attendiamo quindi fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento”, ha concluso il ministro Valditara.

Le motivazioni della Commissione europea

Ma perché la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte Ue? Come si legge sulla motivazione, l’Italia “non ha posto fine all’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie“.

Come sottolineato dall’istituzione Ue, “la legislazione italiana, che determina la retribuzione dei docenti a tempo determinato nelle scuole pubbliche, non prevede una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio”. Questo costituisce “una discriminazione rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato, che hanno invece diritto a tale progressione salariale”.

Inoltre, hanno aggiunto dalla Commissione, “l’Italia non ha adottato provvedimenti efficaci per prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato ai danni del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole pubbliche”. Questo, hanno aggiunto, “configura una violazione del diritto dell’Ue in materia di lavoro a tempo determinato”.

Già in passato il nostro Paese aveva ricevuto degli avvisi. La Commissione aveva avviato una procedura di infrazione a luglio 2019, con una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane. Sono seguiti l’invio di un’altra lettera a dicembre 2020 e di un parere motivato ad aprile 2023. Si è arrivati, infine, alla decisione di deferire il caso alla Corte di giustizia, “in quanto la risposta dell’Italia non ha risolto in misura sufficiente le preoccupazioni della Commissione”.

Il commento della Cgil

Il deferimento della Commissione europea certifica il fallimento dei governi sul precariato“, ha commentato Gianna Fracassi, segretaria della Flc Cgil. “Nel prossimo anno scolastico – ha spiegato la sindacalista – nel nostro Paese ci saranno 250mila precari tra personale docente e ATA. Questa è la misura del fallimento dei governi che si sono succeduti e che hanno consentito e continuano a consentire che 1 lavoratore su 4 nella scuola sia a tempo determinato”.

Per Fracassi “le chiacchiere su questo stanno a zero. Prima di tutto occorre immettere in ruolo tutti i docenti e su tutti i posti vacanti e disponibili, e fare lo stesso per il personale ATA”. È poi “necessario stabilizzare i posti di sostegno, che sono oltre 130mila, e procedere rapidamente a garantire delle prospettive certe a chi oggi tiene in piedi la scuola”.

Inoltre, “sul versante salariale il governo ha fatto poco o niente – ha accusato la segretaria -. Ha banalmente deciso di non attribuire 10 punti percentuali di inflazione a stipendi già molto bassi. Da questo punto di vista, lo diremo al ministro nell’incontro previsto la prossima settimana, queste risorse per il rinnovo del contratto non solo sono insufficienti per procedere a un’equiparazione tra personale a tempo determinato e a tempo indeterminato, ma non contribuiscono neppure a rispondere all’inflazione, da un lato, e a valorizzare gli stipendi dall’altro”, ha concluso Fracassi.