
Perché il ricorso di un prof decide le sorti di 300 mila docenti
Il ricorso alla Corte di Giustizia Europea di un professore italiano potrebbe rivelarsi uno spartiacque per migliaia di docenti: cosa può succedere
12 marzo 2025. È la data che può rappresentare uno spartiacque nel destino di più di 300 mila insegnanti italiani. Una giornata nella quale la Corte di Giustizia Europea emetterà il suo verdetto sul ricorso presentato da un insegnante di Padova, ma i cui benefici potrebbero allargarsi a molti altri docenti. Vediamo cosa sta succedendo.
- Dalla scuola paritaria alla statale: il caso del prof di Padova
- La sentenza che potrebbe cambiare il destino di tanti docenti
- Quanto costerebbe la "svista" nella legge italiana all'Erario
Dalla scuola paritaria alla statale: il caso del prof di Padova
Dopo 5 anni di lavoro a tempo determinato negli istituti non statali (in una scuola paritaria), un professore di Padova è stato assunto in ruolo nella scuola statale, ma non gli sono stati riconosciuti gli anni di anzianità. Per questo motivo è stato inserito nella fascia retributiva più bassa, come se non avesse mai insegnato e la sua carriera iniziasse solo nel momento in cui ha stipulato l’ultimo contratto. Se fosse arrivato da una scuola statale, invece, avrebbe potuto far valere il servizio pre-ruolo. È da qui che il prof ha iniziato la sua battaglia legale per reclamare il proprio diritto a vedersi riconosciuta l’anzianità di servizio.
Si è rivolto al Tribunale di Padova, che ha rinviato il caso alla Corte di Giustizia Europea. Sul tavolo c’è la valutazione di una possibile violazione del principio di non discriminazione tra lavoratori dello stesso settore, sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza, 7 dicembre 2000).
La sentenza che potrebbe cambiare il destino di tanti docenti
Mercoledì 12 marzo 2025 la Corte di Giustizia Europea si pronuncerà sul ricorso del prof, ma il responso finale potrebbe avere una ripercussione positiva anche su più di 300 mila docenti che negli ultimi 20 anni sono transitati dalle scuole paritarie ai contratti di ruolo nelle scuole statali.
Un precedente, che fa ben sperare i diretti interessati, è il caso della Carta Docente da 500 euro annui per l’aggiornamento professionale. Pochi anni fa, la Buona scuola aveva assegnato il contributo solo agli insegnanti di ruolo della scuola statale e non ai supplenti. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si era pronunciata appellandosi al principio di non discriminazione tra lavoratori dello stesso settore, stabilendo di riconoscere tale contributo anche ai supplenti. Negli anni a seguire (e ancora oggi), molti supplenti hanno fatto ricorso ai Tribunali, ottenendo risarcimenti tra i mille e i 3 mila euro.
Il precedente della Carta Docente “fa ben sperare”, ha sottolineato il presidente nazionale dell’Anief, Marcello Pacifico, fiducioso sulla prossima sentenza della Corte Europea. “Se il ricorso sarà accolto bisognerà riscrivere la storia – ha aggiunto Pacifico, come riportato da Avvenire -. Da quel momento in poi, a qualsiasi ricorso presentato in Italia dovrà essere applicata la sentenza della Corte Ue. Per questo invitiamo tutti gli insegnanti potenzialmente interessati a inviare una diffida per interrompere i termini di prescrizione di legge”.
“Tutte le nostre speranze di avere giustizia sono riposte nella pronuncia europea – ha sottolineato la portavoce del Comitato nazionale per il riconoscimento del servizio prestato nella scuola paritaria, Filomena Pinca –. Dopo la sentenza della Corte costituzionale italiana del 2021, dalla quale ci siamo sentiti discriminati come lavoratori e professionisti, delusi dal Governo italiano che eroga fondi in favore della scuola paritaria ma non provvede a colmare il vulnus normativo ravvisato dalla Corte, vogliamo essere fiduciosi in un accoglimento della istanza e ci auguriamo di poter leggere finalmente che la norma nazionale osta con i principi generali del vigente diritto dell’Unione di uguaglianza, parità di trattamento e di non discriminazione in materia di impiego”.
Quanto costerebbe la “svista” nella legge italiana all’Erario
Il mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio per i docenti statali che provengono dalle paritarie deriverebbe da una “svista” all’interno della legge italiana.
Nel 1994, il decreto legislativo 297 aveva riconosciuto (art. 485) “ai fini giuridici ed economici”, il servizio prestato nelle “scuole parificate”, nelle “scuole legalmente riconosciute” e nelle “scuole pareggiate” ai docenti passati nello Stato. Sei anni dopo, la legge 62 del 10 marzo 2000 ha introdotto la parità scolastica e ha trasformato queste tipologie di scuole in “paritarie”. Ma il legislatore, in tale legge, si è “dimenticato” di aggiornare il termine “pareggiate” (che hanno cessato di esistere) nella parte relativa alla ricostruzione della carriera.
Questa “svista”, mai più corretta, rappresenta un mancato incasso per decine di migliaia di euro da parte di 300 mila docenti, il cui stipendio non è stato rivalutato correttamente.
Se il ricorso venisse accolto dalla Corte di Giustizia Europea, tutti i docenti di scuola paritaria passati in questi anni ai ruoli dello Stato, senza vedersi riconosciuti gli anni di servizio pre-ruolo, potranno ricorrere al Tribunale con la quasi certezza di vincere la causa e ottenere così il relativo risarcimento.
Una buona notizia per migliaia di lavoratori, ma non piacevole per le casse dello Stato. Quanto costerebbe all’Erario? Una stima datata 2018, quindi sicuramente in difetto contando che sono passati 7 anni e che l’inflazione è aumentata, quantificava in più di 2,5 miliardi di euro il “risparmio” per le casse statali di questi ultimi 20 anni (calcolato soltanto sul 30% dei 300mila insegnanti attualmente interessati).