
Quando è nato l'esame di Maturità (e com'era all'inizio)
L'esame di Stato suscita spesso ansie e timori, ma i nostri nonni ne hanno affrontato uno molto più "spietato": ecco la prima Maturità della storia
La notte prima degli esami di Maturità non è di certo come tante altre per tutti quegli studenti che ogni anno, a giugno, devono sostenere l’esame di Stato. Gli ultimi ripassi, le ansie e le paure accomunano tutti i giovani che devono affrontare questo traguardo, ma possiamo dire che non è nulla in confronto a ciò che hanno provato gli studenti che hanno dovuto sostenere il primo vero esame di Maturità della storia italiana, che era decisamente più complesso e “spietato”.
- Quando è nata la Maturità: l'anno del primo esame di Stato
- Come era strutturata inizialmente la Maturità
- Le modifiche continue (e il periodo Covid), fino al 2025
Quando è nata la Maturità: l’anno del primo esame di Stato
La prima Maturità in assoluto è stata ideata e istituita dal ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile nel 1923, durante il governo Mussolini.
Risale a quell’anno, infatti, la Riforma Gentile, una serie di atti normativi del Regno d’Italia che ha dato vita a una riforma scolastica organica.
Come era strutturata inizialmente la Maturità
La prima Maturità affrontata dai nostri nonni era profondamente diversa da come la conosciamo noi oggi. Innanzitutto, era composta da 4 prove scritte e una orale e le materie d’esame riguardavano l’intero programma degli ultimi tre anni di scuola.
La Commissione, inoltre, era composta esclusivamente da membri esterni, che in molti casi erano professori universitari che non conoscevano gli studenti.
Ma non è tutto, perché a rendere ancor più spietata la prima Maturità della storia era la difficoltà complessiva delle prove: il numero di bocciati era decisamente più alto rispetto alle percentuali di oggi.
Le modifiche continue (e il periodo Covid), fino al 2025
Risale al 1937 la prima modifica sostanziale dell’esame di Stato: sono stati ridotti i programmi d’esame all’ultimo anno scolastico. Negli anni della Seconda guerra mondiale, inoltre, l’esame era stato trasformato in un semplice scrutinio. È nel 1951 che si è tornati all’impostazione iniziale gentiliana, con 4 prove scritte.
Nel 1969, poi, c’è stato il primo vero cambiamento: il ministro Fiorentino Sullo ha fissato a 4 il numero di prove totali, due scritte e due orali. In più, il voto finale si è iniziato ad esprimere in sessantesimi.
È stato più tardi, tra il 1996 e il 2000, che Luigi Berlinguer ha rivoluzionato la Maturità, rendendola molto più simile a come è ai giorni nostri. Sono stati introdotti i crediti scolastici, la diversificazione delle tracce di italiano e il “quizzone” multidisciplinare della terza prova.
Si è arrivati poi al 2019, quando l’elemento di novità erano le buste per il colloquio orale, introdotte dal ministro Marco Bussetti, ma che hanno avuto vita breve poiché fortemente criticate.
Nel 2020, l’anno in cui è scoppiata la pandemia da Covid-19, la Maturità è stata stravolta: prove scritte eliminate per due anni e introduzione di un esame orale più corposo da 40 punti. Scelte prese dal ministro Azzolina e mantenute dal ministro Bianchi (con l’unica differenza della possibilità di non ammissione all’esame, che era stata sospesa nel 2020).
Successivamente, con il rientro dell’emergenza sanitaria, il ministro Bianchi ha cambiato nuovamente l’impostazione dell’esame di Stato verso un ritorno alla normalità. Sono state reintrodotte le prove scritte, ma con alcune semplificazioni: solo la prova di Italiano è rimasta a carattere nazionale, stabilita dal ministero, mentre la seconda prova, specifica per l’indirizzo di studi, è stata preparata dai docenti interni delle singole commissioni (composte da un presidente esterno).
Dall’anno successivo, il 2023, il ministro Giuseppe Valditara, ha riportato la Maturità a due prove scritte e a un orale multidisciplinare, oltre al credito scolastico a 40 punti.
Nel 2025, diverse novità sono state introdotte da Valditara: prove Invalsi e svolgimento dei Pcto obbligatori per l’ammissione all’esame; voto in condotta di almeno 6 per l’ammissione (ma con elaborato da presentare), e di almeno 9 per il riconoscimento del punteggio massimo nel credito scolastico (elementi inseriti grazie alla riforma del voto in condotta con la legge 150/2024).
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