
Schwa e asterisco vietati a scuola, la circolare di Valditara
No ad asterischi e schwa a scuola: perché Giuseppe Valditara e il MIM ne hanno vietato l'uso inviando agli istituti di tutta Italia una circolare
Asterisco e schwa tornano a far parlare (e discutere). Il ministero dell’Istruzione e del Merito ha inviato a tutte le scuole dello Stivale una nota con la quale invita gli istituti "a mantenere l’uso di un linguaggio corretto e accessibile, nel rispetto delle norme linguistiche vigenti". Niente più asterischi e schwa (ə) nelle comunicazioni ufficiali, che siano circolari o testi dei siti web degli istituti.
Un provvedimento, quello emanato dal ministero guidato da Giuseppe Valditara, che si basa sul parere dell’Accademia della Crusca e che non ha mancato di sollevare polemiche.
- No ad asterischi e schwa a scuola: la nota del MIM
- Il parere della Crusca sull'uso di asterischi e schwa
- Schwa, cos'è e perché è al centro del dibattito
No ad asterischi e schwa a scuola: la nota del MIM
"Con la presente nota si intende fornire un chiarimento in merito all’impiego – che si è potuto rilevare talvolta nelle comunicazioni ufficiali di alcune istituzioni scolastiche – del simbolo grafico dell’asterisco (*) o dello schwa (ə), simbolo dell’alfabeto fonetico internazionale (IPA) che rappresenta un suono indistinto non presente nella lingua italiana, anche se esistente in alcuni dialetti". Così, in una nota firmata il 21 marzo, il MIM ha vietato l’uso di asterischi e schwa nella comunicazione scolastica. Il Ministero invita, pertanto, tutte le istituzioni scolastiche a mantenere l’uso di un linguaggio corretto e accessibile, nel rispetto delle norme linguistiche vigenti.
Perché? Secondo il ministero di Valditara questi segni grafici potrebbero ostacolare la chiarezza e l’uniformità dei testi istituzionali e non rispetterebbero le regole della lingua italiana. Per giustificare tale decisione, il MIM riprende il parere dell’Accademia della Crusca.
Il parere della Crusca sull’uso di asterischi e schwa
"Al riguardo – si legge nella circolare -, l’Accademia della Crusca ha avuto modo di precisare più volte che l’impiego nella comunicazione scritta e istituzionale di segni grafici, come gli asterischi, al posto delle desinenze o di altri segni estranei alla tradizione ortografica italiana, come lo schwa, non è grammaticalmente corretto secondo le attuali regole della lingua italiana. Pertanto – prosegue la nota del MIM -, è stato raccomandato di attenersi alle strutture grammaticali codificate per garantire chiarezza, leggibilità e accessibilità di testi e documenti".
Il dicastero fa quindi riferimento al parere del 24 settembre 2021 della Crusca, che affermava: "L’asterisco non è […] utilizzabile, a nostro parere, in testi di legge, avvisi o comunicazioni pubbliche, dove potrebbe causare sconcerto e incomprensione in molte fasce di utenti, né, tanto meno, in testi che prevedono la lettura ad alta voce". In quest’ultimo, caso, secondo il MIM non sarebbe possibile la resa fonetica.
Inoltre, il MIM afferma che "sul piano grafico, il segno per rappresentarlo non è usato come grafema neppure in lingue che, diversamente dall’italiano, hanno lo schwa all’interno del loro sistema fonologico". Nel parere dell’Accademia della Crusca del 9 marzo 2023, reso al Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, veniva stabilito che "va dunque escluso tassativamente l’asterisco al posto delle desinenze dotate di valore morfologico ("Car* amic*, tutt*quell*che riceveranno questo messaggio" e che "lo stesso vale per lo scevà o schwa…".
L’ultimo riferimento della circolare fa riferimento a un terzo parere della Crusca (del 10 maggio 2024): "La lingua giuridica e burocratica non è sede adatta per sperimentazioni innovative che portano alla disomogeneità e compromettono la lineare comprensione dei testi".
La raccomandazione di Valditara, per "assicurare correttezza e chiarezza nelle comunicazioni ufficiali", è quindi quella di "attenersi alle regole della lingua italiana che consentono l’utilizzo di soluzioni linguistiche comunque conformi alla tradizione ortografica italiana".
Schwa, cos’è e perché è al centro del dibattito
La e rovesciata (ə), detta schwa, è sempre più utilizzata nei contenuti testuali presenti in giornali, social, pubblicità e documenti istituzionali. In linguistica, si tratta di un suono vocalico medio inserito nell’alfabeto fonetico internazionale (IPA) e utilizzato quotidianamente in alcune parti del mondo. Una vocale la cui pronuncia si riscontra anche all’interno di alcune lingue che conosciamo bene (come l’inglese o il francese) e in certi dialetti del Centro e del Sud Italia (per esempio il napoletano, il siciliano e il barese).
Nella lingua italiana, lo schwa è stato preso in prestito dall’alfabeto fonetico internazionale per indicare graficamente e foneticamente una parola senza genere (come con l’uso dell’asterisco). Questo per superare l’abitudine a riferirci a una persona non meglio identificata o a un gruppo di persone miste con il maschile, rispettando così l’identità di chiunque.
Lo schwa è da anni al centro dell’ampio dibattito pubblico sulla parità di genere e sull’inclusività della lingua italiana. Tra i sostenitori troviamo diversi sociolinguisti, studiosi, intellettuali e grandi aziende, che sottolineano come l’italiano sia una lingua viva e in continuo cambiamento ed evoluzione, che deve fungere anche da specchio della società contemporanea evitando disuguaglianze e vizi di forma.
A schierarsi contro l’uso dello schwa sono altri studiosi e personalità che ne criticano la reale inclusività. Ad esempio, lo schwa non verrebbe decifrato bene dai sistemi di lettura automatica ipovedenti o dalle persone dislessiche, e ci sarebbe anche la difficoltà nella scelta della radice da usare in quei termini in cui cambia parzialmente fra il maschile e il femminile. Un esempio? Le parole "moderatore" e "moderatrice", per le quali si vede usare più spesso "moderatorə", ma che sembra più simile al maschile.