Susanna Tamaro contro la letteratura insegnata a scuola: l'errore
La celebre scrittrice Susanna Tamaro ha criticato l'insegnamento della letteratura nelle scuole e ha spiegato l'importanza della scrittura a mano
La celebre scrittrice Susanna Tamaro, intervenuta in un convegno della Fondazione Luigi Einaudi, ha criticato l’insegnamento della letteratura nella scuola primaria, che punta sempre più alla tecnica e meno al piacere della lettura e della parola. Per Tamaro si tende infatti a “sezionare i testi come cadaveri”, ricercando tecnicismi e difetti anche attraverso l’analisi logica.
Secondo la scrittrice i ragazzi dovrebbero mettere da parte i dispositivi elettronici e riprendere possesso del proprio corpo e della propria mente anche attraverso la scrittura a mano. Un’attività, quella di scrivere con carta e penna, che stimola il corpo e il cervello e rende più creativi.
- Letteratura a scuola, l'errore secondo Susanna Tamaro
- No alla tecnologia, meglio scrivere a mano: le parole di Susanna Tamaro
Letteratura a scuola, l’errore secondo Susanna Tamaro
“Si tende a sezionare i testi come cadaveri per comprendere qual è la malattia che li ha portati alla morte. Invece il libro deve emozionare, non funzionare”, sono le parole della celebre scrittrice intervenuta, insieme al ministro dell’Istruzione Valditara, al convegno “Leggere il presente per scrivere il futuro. Il valore imprescindibile della lettura su carta e della scrittura a mano in corsivo”, presso l’Archivio di Stato di Roma, organizzato dall’Osservatorio Carta, Penna & Digitale della Fondazione Luigi Einaudi.
La critica di Susanna Tamaro è rivolta all’approccio all’insegnamento della letteratura nelle scuole primarie di oggi. Si tende ad analizzare nel dettaglio ogni testo alla ricerca di difetti tecnici, scordandosi di farsi trascinare dal piacere della lettura di un testo.
“Non viene insegnato ai bambini di godere della bellezza di una poesia o di un brano, ma viene insegnato a fare l’analisi del testo – ha spiegato nel suo intervento -. Noi insegniamo la letteratura e come deve funzionare, ma la letteratura non deve funzionare, deve emozionare”.
No alla tecnologia, meglio scrivere a mano: le parole di Susanna Tamaro
Durante l’intervento al convegno, l’autrice dell’intramontabile “Va’ dove di porta il cuore” ha sottolineato l’importanza della scrittura a mano, senza dispositivi elettronici, ma semplicemente con carta e penna. Lo ha fatto raccontando la propria esperienza personale: ha infatti deciso, ormai da 9 anni, di scrivere soltanto a mano anche i suoi romanzi più lunghi. “Scrivere a mano è un piacere fisico”, ha dichiarato, raccontando l’emozione del tornare a farlo dopo tanto tempo. “Voglio dire ai ragazzi: scrivere a mano è segno della propria personalità. Essere privati della propria calligrafia è essere privati di una parte del proprio essere, è essere omologati”, ha aggiunto.
Susanna Tamaro non è solo una grande scrittrice, ma anche una maestra che ha insegnato a scrivere a moltissimi bambini: “Sono una maestra elementare. Non ho fatto il liceo come gli altri colti, ma ho imparato a insegnare a leggere e a scrivere anche ai sassi – ha raccontato durante il convegno -. Le vecchie scuole per le maestre insegnavano a dare ai bambini i fondamenti della cultura, fondamenti che sono ormai stati frantumati. Non si insegna più”.
Per Susanna Tamaro la scrittura a mano è fondamentale perché capace di stimolare il cervello: “Il corsivo muove tanti neuroni, il computer non muove poco o nulla – ha spiegato -. Muovere la mani significa muovere grandi parti del cervello. Io ho un problema neurologico, ho fatto molta fatica a scuola, ho sempre odiato leggere e capisco chi non vuole leggere”, ha spiegato parlando della propria esperienza di vita. “Negli anni Novanta ho provato angoscia perché il computer faceva cose che non volevo facesse. In una situazione rigida la mia creatività diventava prigioniera”, ha detto durante l’intervento, sottolineando come a scuola ci siano molti bambini con certificazioni per disturbi dell’apprendimento che secondo lei non sono aiutati dall’uso massiccio dei dispositivi elettronici.
“Senza parole si è poveri e manipolabili – ha concluso -. Le parole sono la radice dell’identità, la memoria di ciò che siamo”.