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Canto IV Inferno di Dante: figure retoriche e analisi

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Nel quarto canto dell’Inferno della Divina Commedia, Dante Alighieri prosegue il suo viaggio ultraterreno, addentrandosi nel Limbo, il primo cerchio dell’Inferno. Questo luogo è riservato alle anime di coloro che, pur essendo vissuti virtuosamente, non hanno ricevuto il battesimo o sono vissuti prima dell’avvento del cristianesimo. Il canto affronta temi profondi legati alla giustizia divina, alla condizione dei non battezzati e al valore della sapienza umana.

Canto 4 dell’Inferno: sintesi narrativa

Dante si risveglia improvvisamente a causa di un forte tuono, trovandosi al di là dell’Acheronte, nel primo cerchio dell’Inferno: il Limbo. Qui regna un’atmosfera di malinconia senza tormenti fisici, caratterizzata da sospiri che creano un’aura di tristezza per l’assenza della visione di Dio. Virgilio, la guida di Dante, appare pallido, non per paura, ma per la compassione verso le anime che abitano questo luogo.

Nel dialogo tra i due poeti, Virgilio spiega che nel Limbo si trovano le anime di persone virtuose che non hanno conosciuto il cristianesimo o che sono morte senza battesimo, inclusi i bambini innocenti. Rivela inoltre che, in passato, Cristo è disceso in questo cerchio per salvare alcune anime, portandole con sé in Paradiso.

Proseguendo, Dante e Virgilio giungono a un castello luminoso, circondato da sette mura e un fiumicello, simbolo di perfezione e sapienza. Attraversando sette porte, entrano in un prato verdeggiante dove incontrano le anime dei grandi sapienti e poeti dell’antichità, tra cui Omero, Orazio, Ovidio e Lucano. Questi illustri spiriti accolgono Dante come uno di loro, riconoscendo il suo valore poetico.

Dopo questo incontro, il gruppo si dirige verso una collina da cui Dante può osservare altre anime illustri, tra filosofi, scienziati e figure storiche di rilievo. Infine, Virgilio e Dante lasciano il castello e continuano il loro viaggio nel regno infernale.

Canto 4 dell’Inferno: analisi e struttura

Il quarto canto si distingue per un’atmosfera meno cupa rispetto agli altri cerchi infernali, poiché nel Limbo non vi sono pene corporali, ma una sofferenza spirituale derivante dalla privazione della visione divina. Questo riflette la concezione teologica medievale secondo cui la salvezza è possibile solo attraverso il battesimo e la fede in Cristo.

La struttura del canto è ben definita:

  1. Risveglio di Dante: il poeta si desta al suono di un tuono e si rende conto di trovarsi nel Limbo.
  2. Dialogo con Virgilio: chiarimenti sulla natura del Limbo e sulla sorte delle anime che vi risiedono.
  3. Incontro con gli spiriti magni: visita al castello dei sapienti e poeti dell’antichità.
  4. Osservazione delle anime illustri: Dante contempla le figure storiche e filosofiche presenti nel Limbo.

Il castello rappresenta un simbolo di elevata sapienza e conoscenza umana. Le sette mura e le sette porte possono essere interpretate come le sette arti liberali o le virtù morali e intellettuali che conducono alla perfezione umana. Tuttavia, nonostante la loro grandezza, queste anime sono destinate a rimanere nel Limbo a causa della mancanza della fede cristiana.

I personaggi principali

Nel quarto canto, Dante interagisce con diverse figure di rilievo:

  • Virgilio: la guida di Dante, simbolo della ragione e della sapienza pagana. La sua presenza nel Limbo è dovuta al fatto di essere vissuto prima dell’era cristiana.
  • Omero, Orazio, Ovidio e Lucano: grandi poeti dell’antichità che accolgono Dante nel loro cerchio, riconoscendo il suo talento poetico.
  • Aristotele, Socrate, Platone: filosofi che rappresentano l’apice del pensiero umano, presenti nel castello dei sapienti.
  • Elettra, Ettore, Enea, Cesare: figure storiche e mitologiche che simboleggiano le radici della civiltà occidentale.

Questi personaggi incarnano le virtù e le conoscenze del mondo antico, ma la loro mancanza di fede cristiana li confina eternamente nel Limbo.

Le figure retoriche

Dante utilizza diverse figure retoriche per arricchire il testo e trasmettere con efficacia le emozioni e le atmosfere del canto.

L’allitterazione è evidente nella ripetizione del suono “r” nei versi che descrivono i sospiri delle anime: “sospiri, pianti e alti guai”. Questa scelta fonetica crea un ritmo che richiama il mormorio continuo e malinconico del Limbo.

La similitudine viene impiegata quando Dante descrive il suo risveglio paragonandolo a quello di una persona destata bruscamente: “come persona ch’è per forza desta”. Questo confronto rende l’esperienza più tangibile e immediata per il lettore.

La metafora del “nobile castello” rappresenta la summa del sapere umano. Le sette mura e le sette porte simboleggiano le arti liberali o le virtù necessarie per raggiungere la conoscenza, indicando un percorso di elevazione intellettuale.

L’uso della perifrasi è evidente quando Dante si riferisce a Omero come “quel segnor de l’altissimo canto”, evitando di nominarlo direttamente ma esaltandone la grandezza poetica attraverso una descrizione evocativa.

L’anafora, ossia la ripetizione di una o più parole all’inizio di versi consecutivi, si manifesta nei versi in cui Dante elenca le anime illustri, iniziando ciascun verso con “e vidi”. Questo espediente conferisce solennità e ritmo all’enumerazione.

Infine, l’iperbato, ovvero l’inversione dell’ordine naturale delle parole, è utilizzato per enfatizzare determinate espressioni, come nel verso “sette volte cerchiato d’alte mura”, dove l’aggettivo “alte” precede il sostantivo “mura” per sottolinearne l’imponenza.

Il Limbo: significato teologico e simbolico

Il Limbo rappresenta un tema teologicamente complesso. È il luogo destinato a coloro che, pur essendo virtuosi, non hanno avuto accesso alla redenzione cristiana a causa della mancanza del battesimo o della fede in Cristo. Dante, riflettendo il pensiero teologico medievale, lo descrive come un luogo privo di sofferenze fisiche, ma colmo di un’eterna malinconia per l’assenza della visione beatifica di Dio. L’idea che anche le anime più nobili e sapienti siano escluse dal Paradiso a causa della loro estraneità alla fede cristiana riflette il dogma dell’epoca, secondo cui la salvezza è possibile solo attraverso Cristo.

Dal punto di vista simbolico, il Limbo rappresenta i limiti della ragione umana, che pur conducendo alla saggezza e alla virtù, non è sufficiente per ottenere la salvezza eterna. Il castello dei sapienti è il simbolo di una civiltà elevata, ma incompleta, perché priva della grazia divina. Dante, inserendo questo canto nella Divina Commedia, evidenzia il suo rispetto per la cultura classica, ma allo stesso tempo ne sancisce la subalternità rispetto alla verità rivelata dal cristianesimo.

Il valore poetico del canto e il ruolo di Dante

Il quarto canto dell’Inferno è particolarmente significativo perché rappresenta il primo momento in cui Dante viene accolto con onore da figure di grande rilievo. L’incontro con i poeti antichi non è solo un omaggio ai maestri della letteratura, ma anche una legittimazione del suo ruolo di poeta. Quando Omero, Orazio, Ovidio e Lucano lo accolgono tra loro, lo riconoscono come il “sesto tra cotanto senno”, un gesto che eleva Dante a continuatore della grande tradizione poetica dell’antichità.

Tuttavia, la sua posizione è peculiare: mentre gli altri poeti sono condannati a rimanere nel Limbo, Dante è ancora vivo e ha la possibilità di proseguire il viaggio. Questo dettaglio sottolinea un elemento centrale dell’opera: la Divina Commedia non è solo un’opera poetica, ma anche un’opera profetica e salvifica. Dante non è solo un poeta, ma un messaggero di una verità superiore, capace di trascendere i limiti della sapienza umana e di accedere a una conoscenza più alta.

Il Limbo rappresenta non solo una condizione ultraterrena, ma anche una condizione esistenziale: quella di chi, pur essendo colto e virtuoso, non riesce a trovare una verità ultima che dia senso alla propria esistenza. La figura di Virgilio, guida razionale ma impotente di fronte alla salvezza, simboleggia il limite della conoscenza umana, un tema ancora oggi dibattuto tra scienza, filosofia e fede.

Il canto può essere letto anche come una riflessione sul destino di grandi personalità escluse dalla storia della salvezza, ma il cui contributo all’umanità rimane inestimabile. Dante stesso sembra esprimere un senso di ingiustizia e tristezza per la sorte di queste anime, suggerendo una visione più aperta e rispettosa della grandezza intellettuale del passato.