Salta al contenuto

Leonardo da Vinci, storia e opere del genio fiorentino

Genio per antonomasia, orgoglio italiano nel mondo: ripercorriamo le tappe di un personaggio straordinario, che ha segnato in maniera indelebile la storia dell’umanità

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Scienziato, inventore, pittore e scultore, ma anche ingegnere, architetto, progettista, filosofo, trattatista, scenografo, disegnatore, anatomista, botanico e persino musicista: è Leonardo da Vinci, uomo d’ingegno dal talento universale, capace di segnare in maniera indelebile la sua epoca e i secoli a venire.

Le origini di Leonardo da Vinci

Leonardo nacque ad Anchiano, una frazione del comune di Vinci, nel 1452 – il 15 aprile secondo il calendario giuliano, il 23 secondo quello gregoriano – da Piero, un notaio di 26 anni, e Caterina di Meo Lippi, una donna di estrazione sociale modesta. Una certa sicurezza sulle date si ha grazie all’atto notarile del nonno paterno Antonio, che svolgeva la medesima professione del figlio, nel quale scrisse: “Nacque un mio nipote, figliolo di ser Piero mio figliolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo”. Il battesimo si svolse nella vicina chiesa parrocchiale di Santa Croce, ma non vi presero parte né il padre, né la madre, in quanto non sposati: il primo era in procinto di unirsi in matrimonio con Albiera di Giovanni Amadori, l’altra – socialmente compromessa – fu data in sposa a un contadino, Campo Zeppi, detto l’Attaccabriga. Poco dopo essersi trasferito con la famiglia a Firenze Leonardo, appena 12enne, perse la matrigna, scomparsa prematuramente a sole 28 primavere, assistendo a tre nuove unioni del padre, nel 1465 con la 15enne Francesca di ser Giuliano Lanfredini, anch’ella morta giovane, nel 1475 con Margherita di Francesco Giulli e nel 1485 con Lucrezia di Guglielmo Cortigiani. Crebbe per lo più con i nonni – la cui educazione è stata storicamente definita ‘disordinata, discontinua e priva di una programmazione di fondo’ – ed è in questo contesto che imparò a scrivere con la mano sinistra e in maniera del tutto speculare alla norma. Per quanto riguarda i rapporti con fratelli e fratellastri – almeno 25, tutti più piccoli, l’ultimo dei quali di addirittura 46 anni – furono pressoché nulli, ad eccezione dei problemi che gli causarono per via dell’eredità alla morte di ser Piero.

Come nasce il genio di Leonardo

Si racconta che, appena giunti a Firenze, ser Piero mostrò alcuni disegni del figlio all’amico Andrea del Verrocchio, che ne rimase profondamente colpito al punto da accoglierlo – nel 1469 o nel 1470 – nella propria bottega, una delle più importanti di Firenze, considerata una vera e propria fucina di talenti. Qui Leonardo ‘allenò’ la propria attività poliedrica, cimentandosi nel disegno, nella pittura, nella scultura e nelle cosiddette arti minori, ma anche nella carpenteria, nell’ingegneria, nell’architettura e nella meccanica. Nel 1472 la Compagnia dei pittori fiorentini di San Luca parla di Leonardo come di un artista autonomo, che aveva già completato la propria esperienza formativa, e infatti – piuttosto recentemente – gli sono state attribuite alcune opere antecedenti o al più contemporanee a tale data, come ‘Tobiolo e l’angelo’ e ‘Madonna col Bambino e angeli’, entrambe custodite alla National Gallery di Londra, la cosiddetta ‘Madonna di Camandoli’, per la sua collocazione nell’eremo in provincia di Arezzo ed alla cui realizzazione partecipò anche Botticelli, ‘Madonna Dreyfus’ (National Gallery of Art di Washington) e ‘Madonna del Garofano’ (Alte Pinakothek di Monaco). Ciò è stato possibile anche grazie all’estrema attenzione – specie nella fase giovanile – riservata al mondo naturale, come testimoniato da quella che è considerata la sua prima opera ‘ufficiale’, in quanto da lui stesso datata 5 agosto 1473, ‘Paesaggio con fiume’: si tratta di un disegno con una veduta a volo d’uccello della valle dell’Arno, esposta oggi al Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi. Discorso analogo vale per ‘Annunciazione’ e ‘Battesimo di Cristo’, quest’ultimo dipinto a più mani ed entrambe ammirabili nell’importante museo fiorentino, di cui il Vasari – e poi la critica moderna – attribuisce al genio di Vinci l’angelo in primo piano a sinistra, il morbido paesaggio sullo sfondo e, più in generale, una sistemazione generale per amalgamare tre differenti stili: il proprio, quello del Verrocchio e quello di un altro – poco dotato – allievo della bottega. È un periodo in cui il giovane Leonardo sperimenta una fusione tra i vari elementi dell’immagine, con trapassi luminosi e di chiaroscuro più sensibili e fluidi, ‘strizzando l’occhio’ al contempo alla pittura fiamminga, come nel caso di ‘Ritratto di donna’, identificata con Ginevra de’ Benci ed anch’essa esposta nella capitale statunitense: questa opera è particolarmente importante anche da un punto di visto sociale, in quanto dà prova di come ser Piero garantisse al figlio facoltosi ‘clienti’ della borghesia fiorentina.

Leonardo: la scultura, la scienza, la ‘pausa’ dalla pittura e le denunce

Se il busto di fanciulla in cera dei Musei statali di Berlino, che mostra il tipico sorriso ambiguo, è oggi considerato un falso ottocentesco, e più in generale non si conoscono sculture certamente realizzate da Leonardo, ad eccezione dell’incompiuto Monumento a Francesco Sforza, negli ultimi anni numerosi storici e critici dell’arte si stanno spendendo nell’attribuzione di numerose opere al genio di Vinci: è il caso di una Madonna col Bambino del Victoria and Albert Museum, precedentemente riferita ad Antonio Rossellino, di un Busto di fanciullo, acquistato dal Getty Museum, e di una serie di lavori considerati del Verrocchio, come ‘Profilo di capitano antico’ e ‘Studio di mani’: ciò è dettato dalla particolare prossimità – temporale e stilistica – tra alcuni schizzi di Leonardo e le suddette sculture. Quel che è certo è che dal gennaio 1474 all’autunno 1478 non si conoscono opere di Leonardo, neppure nel campo della pittura. Questo misterioso ‘buco’ nella sua vita è oggi spiegato come una comprensibile fase di incertezza relativa al proprio futuro, oltre che all’avvicinamento alla scienza, sotto l’egida dell’anziano geografo e astronomo Paolo dal Pozzo Toscanelli, che lo avvicinò inoltre all’anatomia. Durante questo periodo, e nello specifico il 9 aprile 1476, Leonardo è protagonista di un episodio che avrebbe potuto cambiare irrimediabilmente il suo destino: venne infatti denunciato – insieme ad almeno altre quattro persone – per sodomia consumata verso il diciassettenne Jacopo Saltarelli. Sebbene nella Firenze dell’epoca vi fosse una certa tolleranza nei confronti dell’omosessualità, la pena prevista in questi casi era l’evirazione per gli adulti e la mutilazione di una mano o un piede per il giovane. Il coinvolgimento nella faccenda di Leonardo Tornabuoni, rampollo di una potentissima famiglia imparentata con i Medici, fece sì che il tutto si chiuse con una rapida archiviazione, nonostante su Leonardo pendesse una seconda analoga accusa.

Leonardo, dalla Dama con l’ermellino all’Ultima Cena

Nel 1478 Leonardo sentì il forte richiamo della pittura e si dedicò alla realizzazione della ‘Madonna Benois’, oggi all’Ermitage di San Pietroburgo, e alla piccola ‘Annunciazione’ del Museo del Louvre quindi, dopo l’avvicinamento a Lorenzo il Magnifico, ritrasse il cadavere impiccato di uno dei responsabili della congiura dei Pazzi, Bernardo di Bandino Baroncelli, assassino di Giuliano de’ Medici. Nei primi anni ’80 del Quattrocento Leonardo lasciò incompiute prima ‘San Girolamo’, poi ‘Adorazione dei Magi’, mentre progettava una nuova tappa della propria straordinaria vita: il trasferimento a Milano, presso gli Sforza, ai quali si presentò con la famosa ‘lettera d’impiego’ e cimentandosi in una gara musicale. Il suo ambientamento fu difficile, anche per una questione linguistica, e per la prima commissione dovette attendere il 1483: si trattava della pala della ‘Vergine delle Rocce’, per la quale non ricevette il pagamento delle 1.200 lire richieste. Sembrerebbe quindi che Leonardo abbia venduto l’opera originale, ora al Louvre, al re di Francia Luigi XIV, realizzando poi una copia per la Confraternita milanese dell’Immacolata Concezione. Durante il ‘soggiorno’ meneghino si dedicò con successo alla meccanica e alle prime forme di tecnologie, realizzando progetti di macchine militari, ma anche sistemi di irrigazione, senza abbandonare la sua grande passione: furono innumerevoli, infatti, i ritratti attribuiti a Leonardo per conto di Ludovico il Moro, così come alcune Madonne, su tutte quella inviata al re di Ungheria e ‘Madonna Litta’. Ma il vero capolavoro senza tempo è senza dubbio ‘Dama con l’ermellino’, dove l’animale ha un significato duplice: omaggiare la protagonista Cecilia Gallerani (ermellino in greco si diceva galé) ed alludere al contempo all’onorificenza dell’Ordine dell’Ermellino. Scrisse inoltre il ‘Libro titolato de figura umana’, si occupò delle decorazioni nel Castello Sforzesco per le nozze di Gian Galeazzo Maria con Isabella d’Aragona, poi sospese, progettò per i duchi di Milano la grande piscina coperta all’interno del parco Visconteo, realizzò il ‘Salvator mundi’ e quindi l’Ultima Cena, datata tra il 1494 e il 1498: seppur non gradisse la tecnica dell’affresco, l’opera – che nel corso dei secoli ha richiesto una serie di interventi di restauro, il più importante nel 1999 – rimane tuttora una delle più famose ed emblematiche.

Il lungo girovagare di Leonardo e la realizzazione della Gioconda

Pavia, Mantova, Venezia, il ritorno a Firenze e il servizio a Cesare Borgia – per il quale mise a punto un nuovo tipo di polvere da sparo – furono le tappe successive all’esperienza milanese, il cosiddetto ‘periodo errabondo’ di Leonardo, durante il quale videro la luce la ‘Madonna dei Fusi’ (1501), la ‘Battaglia di Anghiari’ (1503-1504) e, soprattutto, la ‘Gioconda’ (1503-1514), il capolavoro che lo ha consegnato alla storia: identificata tradizionalmente come Lisa Gherardini, esistono sull’opera un’infinità di versioni più o meno plausibili, come quella che si tratti in realtà di un autoritratto in versione femminile. Nel 1504 morì il padre Piero, che non lo fece erede e che lo costrinse ad una lunga battaglia legale con i fratelli, dalla quale uscì sconfitto. Ciò non gli evitò di compilare il ‘Codice sul volo degli uccelli’, nel quale progettò la sua macchina volante più evoluta: il Grande Nibbio.

Gli ultimi anni di Leonardo

Tornato a Milano dipinse ‘Sant’Anna’ e la ‘Vergine e il Bambino con l’agnellino’, completò in collaborazione con De Predis la seconda versione della ‘Vergine delle Rocce’ e si occupò di problemi geologici, idrografici ed urbanistici. Nel 1514 si recò a Roma, dove vi rimase per due anni, dedicandosi a studi scientifici, meccanici, di ottica e di geometria, oltre che alla ricerca di fossili a Monte Mario e al prosciugamento delle Paludi pontine e alla sistemazione del porto di Civitavecchia. Costretto a rifiutare un’importante opera commissionatagli da papa Leone X a causa di sopraggiunti problemi di salute, Leonardo – fortemente voluto da re Francesco I – trascorse gli ultimi anni di vita nel castello di Clos-Lucé, vicino ad Amboise, in Francia, dove si spense il 23 aprile 1519. Fu un periodo sereno, nonostante una probabile trombosi cerebrale gli paralizzò completamente la mano destra, assistito da Francesco Melzi e Battista de Vilanis, dedicandosi con passione a ricerche e studi scientifici. Fece in tempo a progettare il palazzo reale di Romorantin, che Francesco I intendeva erigere per la madre Luisa di Savoia e per il quale era necessario lo spostamento di un fiume. L’ultima traccia di un genio immortale ed ineguagliabile è datata 24 giugno 1518, quando interruppe bruscamente dei calcoli geometrici da un’istintiva annotazione: “Eccetera, perché la minestra si fredda!”.