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Lorenzo de Medici, vita e opere de Il Magnifico

Riuscì a elevare la sua famiglia e la sua città, Firenze, come fossero un tutt’uno a un ruolo centrale nella turbolenta e frammentata Italia del Rinascimento

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

Perché “Il Magnifico”

Lorenzo de’ Medici fu di certo l’esponente più celebre e apprezzato della sua casata; con motivazioni evidenti: abile diplomatico e governante, poliedrico intellettuale, dedito all’arte e artista a sua volta, nonché finanziatore di artisti, era soprannominato “Il Magnifico”, perché incarnava nella sua persona le virtù precipue dell’uomo del Rinascimento.

Il ruolo nevralgico

Era definibile come un “principe senza corona”; sta di fatto che riuscì a elevare la sua famiglia e la sua città, Firenze, come fossero un tutt’uno a un ruolo centrale nella turbolenta e frammentata Italia del Rinascimento, nella quale le alleanze potevano cambiare dall’oggi al domani e le congiure e i tradimenti erano all’ordine del giorno.

Lorenzo nella storia fiorentina

Il Magnifico tenne le redini dello Stato di Firenze dal 1453, in un primo momento insieme al fratello Giuliano, dal 1478 in solitaria, progressivamente consolidando quel potere individualista, elitario ma ammantato di liberalismo, le cui basi erano state poste da suo nonno Cosimo (detto il vecchio) e confermate dal padre Piero. Come i suoi prefecessori, inoltre, Lorenzo si dedicò anche alla promozione delle arti e della cultura, con l’importante differenza che fu un importante poeta egli stesso. Praticò l’attitudine al mecenatismo, ossia alla promozione e al finanziamento dell’opera di vari artisti e poeti.
Morì nel 1492 a soli 43 anni per via di complicazioni dovute alla gotta.

Cronistoria di un potere

Nel 1464, alla morte di Cosimo, Piero di Cosimo, già gravemente afflitto anche lui dalla gotta, prese le redini dello Stato ed iniziò a preparare il giovane Lorenzo alla futura successione, inviandolo in missione diplomatica presso numerose corti italiane affinché cominciasse a districarsi nel dedalo dello scacchiere politico degli Stati italiani, focalizzandosi inoltre sulle attività finanziarie della banca di famiglia.

Gli esordi

Nel 1466, oltre a rivestire un compito di primo piano nel dirimere un conflitto politico interno (alcuni aristocratici e cittadini erano decisi a rovesciare il potere dei Medici), Lorenzo ricevette i primi incarichi politici di rilievo negli organismi governativi di Firenze, partecipando tra le altre cose alle sedute del Consiglio dei Cento.

La politica matrimoniale

Nel 1468 Lorenzo, pur avendo amato in gioventù la gentildonna fiorentina Lucrezia Donati, di proverbiale bellezza e raffinata cultura, (a cui dedicherà alcune tra le sue principali produzioni poetiche), dovette sposare la nobildonna Clarice Orsini, romana: il matrimonio con una forestiera, che sarebbe stato celebrato e festeggiato soltanto a un anno di distanza, era contrario alle consuetudini fiorentine. I Medici erano una famiglia sì ricca, ma di origini poco chiare, diciamo senza un acclarato pedigree: per questo la stirpe necessitava di nozze prestigiose che li legasse alla storica nobiltà romana, molto legata alla corte del Papa.

Lorenzo tra Sisto IV e la congiura dei pazzi

Alla morte del padre accettò “la cura della città e dello stato”, pur restando ufficialmente privato cittadino: da quel momento fu il vero signore di Firenze. Modificati in parte gli ordinamenti di Firenze, per acquistare più saldo e legale potere, fu membro a vita del Consiglio dei Cento. Le relazioni col papa Sisto IV, buone fino alla guerra di Volterra (1472), voluta per rafforzare l’unità del dominio, finirono col guastarsi, per le mire di Girolamo Riario, nipote del papa, sopra Imola: fu allora che i Pazzi, rivali anche negli affari dei Medici, accordatisi con l’ambizioso Francesco Salviati, arcivescovo di Pisa, e ordita una congiura, consapevole il papa, uccisero in S. Maria del Fiore il 26 apr. 1478 Giuliano de’ Medici, mentre Lorenzo riuscì a porsi in salvo. Fu veemente la reazione dei Fiorentini; nel mentre Sisto IV lanciava la scomunica contro Lorenzo e l’interdetto contro la città: il tutto si tramutò in piena guerra, con l’appoggio di Venezia e di Milano contro il papa e il suo alleato Ferdinando di Napoli.
La situazione stava naufragando per Firenze, ma fu risolta da Lorenzo che, recatosi personalmente a Napoli (6 dic. 1479 – 15 marzo 1480), riuscì a staccare dalla lega nemica il re Ferdinando, obbligando in questo modo il Pontefice alla pace. Iniziò allora in Italia, dove era considerato il capo assoluto dello stato fiorentino, un reticolato di alleanze, di patti diplomatici, di equilibri, che rafforzavano la sua posizione col rendersi amiche Lucca, Siena, Perugia e Bologna, acquistando Pietrasanta (1484), Sarzana (1487) e Piancaldoli (1488), ripristinando poi una normalità di rapporti con Forlì e Faenza, dopo che ne erano stati uccisi i signori Girolamo Riario e Galeotto Manfredi, e soprattutto coltivando l’amicizia con Napoli. Durante la guerra di Ferrara (1482-84) si alleò con Ercole d’Este, il duca di Milano e il re Ferdinando per frenare le mire espansionistiche del papa e dei Veneziani, partecipando anche, come oratore ufficiale di Firenze, alla dieta di Cremona (febbr. 1483). Quando poi Innocenzo VIII (succeduto nel 1484 a Sisto IV) mosse guerra al re di Napoli, Lorenzo concorse a salvarlo alleandosi con lui.

“Ago della bilancia”

La pace (1486) che venne raggiunta e rinsaldata fu riconosciuta gran merito di Lorenzo, il quale costituì “l’ago della bilancia d’Italia”, espressione che divenne il suo soprannome, in quanto la potenza politica di Firenze divenne quella dirimente per l’equilibrio delle forze tra gli Stati italiani.