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Kandinsky, vita e opere del fondatore della pittura astratta

L’artista russo cambiò per sempre la storia delle arti figurative attraverso colori, linee e forme geometriche, mostrando ciò che l’autore non vede, ma sente, le sue emozioni, il suo stato d’animo

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Wassily Kandinsky è il padre fondatore dell’astrattismo nella pittura moderna. L’arte astratta, secondo Kandinsky, non ha il compito di farci “sapere” ma “sentire” qualcosa, “con anima aperta”, aiutandoci a cogliere una dimensione profonda della realtà. Uomo coltissimo e carismatico, pareva destinato ad altro dopo un fulgido percorso di studi, ma folgorato dai colori rinunciò a una brillante carriera per inseguire l’arte, intraprendendo una marcia ascetica dal materialismo allo spiritualismo che cambierà per sempre la storia delle arti figurative.

La vita del giovane Kandinsky

Wassily Kandinsky nasce a Mosca, in Russia, il 4 dicembre del 1866 da madre moscovita e padre di discendenza siberiana, un ricco commerciante di tè, iniziando a viaggiare sin da piccolo. Un particolare non trascurabile perché è a Venezia che, tra le luci che di notte illuminano la città e i riflessi che si generano nell’acqua, scatta l’amore a prima vista fra il bambino Kandinsky e il colore.

“I primi colori che mi fecero grande impressione sono il verde chiaro e brillante, il bianco, il rosso carminio, il nero e il giallo ocra. Avevo allora tre anni. Quei colori appartenevano a oggetti che non rivedo più chiaramente, come rivedo, invece, i colori”.

All’età di 5 anni a causa del divorzio dei genitori, si trasferisce a Odessa a casa della zia, dove impara a suonare il pianoforte e il violoncello, sviluppando quella sensibilità nei confronti della musica che si rivelerà fondamentale nella sua arte.

A 13 anni compra con i risparmi la sua prima cassetta di colori a olio ed esegue il suo primo dipinto, mostrando un impulso già presente verso l’astrazione.

“Quella sensazione di allora, l’esperienza viva del colore che esce dal tubetto, la provo ancora oggi. Una pressione delle dita ed ecco, festosamente, con esultanza, in maniera pensierosa, sognando, sprofondati in sé, con scherzoso brio, con un sospiro di liberazione, col suono profondo della malinconia, con forza e resistenza ostinate, con tenerezza e dedizione cedevoli, con caparbio dominio di sé, con delicata instabilità di equilibrio, ecco l’emergere l’uno dopo l’altro di questi esseri singolari che si chiamano colori, vivi ciascuno in sé e per sé, autonomamente dotati di tutte le qualità necessarie a una vita propria”.

Frequenta Giurisprudenza all’Università, ma è nel 1889 che, durante un’escursione etnografica al nord di Mosca in piena campagna, resta impressionato dalla vivacità della pittura popolare russa ed inizia a maturare il pensiero di abbracciare l’arte. Pensiero che tornerà prepotentemente qualche anno più tardi. Laureatosi brillantemente nel 1892, ottiene subito una cattedra universitaria, prima che l’incontro con l’opera di Monet “Mucchi di fieno a Giverny” lo rapisca definitivamente. E’ il 1895 e Kandinsky ha ormai deciso che per lui esisterà solo la pittura.

“…quel quadro turbava e affascinava, si fissava indelebilmente nella memoria fino al più minuzioso dettaglio […] ciò che mi fu assolutamente chiaro fu l’intensità della tavolozza. La pittura si mostrò davanti a me in tutta la sua fantasia e in tutto il suo incanto”.

Monaco e gli anni del cambiamento

Nel 1896 è Monaco la città dei pittori, dei poeti e degli artisti ed è questa la meta di Kandinsky, che dopo tre anni di pratica presso lo studio privato di Anton Azbe approda all’Accademia delle arti come allievo di Franz von Stuck. Nel 1901 crea il gruppo Phalanx e dall’anno successivo inizia ad esporre e a viaggiare attraverso l’Europa. Nel 1909 aderisce alla Neue Künstlervereinigug München, Nuova Associazione degli Artisti di Monaco, e nel 1910 dipinge il suo “Primo acquarello astratto”. Il salto è ormai compiuto e Kandinsky inizia a concepire le sue opere come impressioni, composizioni e improvvisazioni che convergeranno nell’opera “Lo Spirituale nell’arte”, ritenuto il primo e più diffuso monumento sulla teoria della pittura astratta.

Nel 1911 fonda, insieme all’artista e amico Franz Marc, il Blaue Reiter, il “Cavaliere Azzurro”, un gruppo di cui fanno parte anche fanno parte l’austriaco Alfred Kubin, lo svizzero Paul Klee, i tedeschi August Macke e Gabriele Münter e il russo Alexej von Jawlenskij, che mira a perseguire l’idea di arte totalizzante attraverso la “teoria del colore”, della sua valenza simbolica e della sua capacità di suscitare emozioni, delle sue possibilità espressive in associazione con la forma.

Interludio russo

Durante la Prima Guerra Mondiale, Kandinsky è in Russia, dove è tornato già nel 1914 e dove resterà fino al 1921. Un periodo di crisi creativa, nel corso della quale il pittore russo sviluppa comunque uno scivolamento verso la geometrizzazione degli elementi, allontanandosi dal periodo lirico di Monaco, in una sorta di processo di semplificazione. Negli anni trascorsi a Mosca, Kandinsky viene nominato professore all’Accademia delle Belle Arti, direttore del Museo per la cultura pittorica e membro del Comitato per l’educazione popolare, ma il realismo sociale promosso dal governo sovietico è ormai incompatibile con lo spiritualismo dell’artista, che decide di tornare in Germania.

Il Bauhaus e la maturità artistica

E’ Walter Gropius a rinverdire la vena artistica di Kandinsky offrendogli un ruolo di insegnante presso la già nota scuola di architettura e arte applicata del Bauhaus a Weimar. Un incarico accettato con entusiasmo dal pittore, che vive il suo periodo più produttivo e prolifico, evolvendosi verso l’astrazione geometrica. L’ascesa del regime nazista e la sua ostilità verso l’arte moderna, etichettata come “degenerata” provoca lo spostamento del Bauhaus, che si trasferisce prima a Dessau, poi a Berlino, dove viene chiuso definitivamente. Per Kandinsky è il momento di partire ancora.

Parigi e la chiusura del cerchio

Parigi è l’ultima tappa della produzione artistica e della vita di Kandinsky, che nel soggiorno francese trascorre gli anni della grande sintesi della sua opera. La sua pittura volge dall’astratto al concreto, mescolando i tratti organici del periodo di Monaco e della maniera geometrica dell’esperienza al Bauhaus. E’ in questa ultima fase che emerge, quasi a completare il lungo percorso dell’artista, la figura del cerchio, che ne caratterizzerà l’opera fino alla morte, arrivata a Neuilly-sur-Seine il 13 dicembre del 1944.

“Il cerchio è un legame con il cosmico, e io l’adoro come forma. È la forma più modesta, ma si afferma con prepotenza, è precisa ma variabile, è stabile e instabile allo stesso tempo, è silenziosa e sonora insieme, è una tensione che porta in sé infinite tensioni. […]oggi amo il cerchio come prima amavo il cavallo, e forse anche di più”.

Le opere di Kandinsky

Nonostante l’arte astratta rischi di apparire poco immediata a un primo sguardo, lo stile di Kandinsky si basa su teorie che rendono le sue opere accessibili a tutti, a patto di liberarsi dagli schemi e dalle sovrastrutture legate alla pittura tradizionale.

L’opera d’arte ha il compito di stimolare lo spettatore e per mezzo dei i suoi quadri Kandinsky comunica attraverso i colori, combinandone le tonalità per creare messaggi ben precisi, movimenti codificati, profumi, che è possibile decodificare solo se le si approccia nel modo più naturale possibile: senza pregiudizi, senza ricercare forme conosciute, ma mettendosi in ascolto e lasciandosi stupire.

Le opere pittoriche di Kandinsky sono conservate nei più importanti musei del mondo come: “Impressione III”, che si trova nella Galleria Civica nel Lenbachhaus di Monaco; “Composizione VI”, conservato a San Pietroburgo; Composizione VIII al Guggenheim di New York. Il celebre “Cavaliere Azzurro”, che ha ispirato la nascita del movimento Der Blaue Reiter, è custodito presso una collezione privata a Zurigo.

Tuttavia, Kandinsky ha scritto anche delle importanti opere letterarie in cui espone le teorie sul colore. “Lo Spirituale nell’arte” (1912) e “Punto, linea, superficie” (1926), sono libri fondamentali per capire le sue opere pittoriche e anche la relazione tra pittura e musica che, a partire dal 1911, diventa sempre più marcata. Kandinsky infatti inizia a collaborare, nel secondo decennio del Novecento, con il compositore Arnold Schönberg, le cui opere si distaccano dalle regole accademiche e aprono una nuova possibilità espressiva.

“Anche la pittura deve suscitare emozioni, ma può arrivare all’essenza delle cose solo abbandonando la figura”.

Kandinsky allora allontana progressivamente la sua pittura da qualunque riferimento alla realtà materiale, dando vita ad un astrattismo lirico fondato su solide basi filosofiche e su profonde affinità con il linguaggio della musica. Il colore si libera dal disegno, dalla linea, e perde ogni funzione rappresentativa: è un mezzo autonomo, che serve a suscitare sensazioni, a esprimere l’animo dell’artista e le sue percezioni non soltanto visive, ma sonore, tattili, psicologiche.

“Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è il pianoforte dalle molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, mette preordinatamente l’anima umana in vibrazione”.

Insomma, i colori possono essere accostati a suoni particolari e determinare di conseguenza certe “risonanze” nell’anima. Per esempio, il giallo, dotato di una forza prorompente sarebbe paragonabile al suono di una tromba, il blu è un colore spirituale e rimanderebbe al suono di un violoncello, mentre il rosso è forte e vitale e richiamerebbe il suono di una tuba). Il bianco e il nero, invece, sono non-colori, dunque associati al silenzio. Tuttavia, mentre il “silenzio bianco”, come la pausa tra una battuta e l’altra di un’esecuzione musicale, prelude all’arrivo di altri suoni, il “silenzio nero” è silenzio di morte e rappresenta la fine di una esecuzione musicale.

Il cavaliere azzurro

Il celebre dipinto è ispirato alla tradizione russa e al medioevo tedesco. Il soggetto è un cavaliere con il mantello azzurro, che galoppa in sella a un cavallo bianco attraverso un prato verde con il bosco come sfondo. Di chiara impronta impressionista, l’opera in realtà rivela, con le sue pennellate appena accennate, una sorta di anticipazione dell’astrattismo, già presente nell’animo e nella sensibilità dell’artista.

Primo acquarello astratto

E’ l’opera che rappresenta un punto di svolta per la storia dell’arte e che segna ufficialmente l’esordio dell’Astrattismo. Non esiste il soggetto, neppure preso a pretesto: nulla è riconoscibile. Kandinsky si servì della tecnica dell’acquerello, che gli consentiva una maggiore libertà di espressione, e Ispirandosi agli scarabocchi infantili che tanto amava, compose in un fondo lattiginoso semplici macchie e segni colorati di rosso, verde e azzurro, in apparenza casuali, ma che in realtà rappresentano il tema musicale con le loro continue variazioni di tono.

Impressione III: Concerto

Uno dei più celebri capolavori di Kandinsky è intitolato ”Impressione III: Concerto”. Il dipinto è dominato da un grande triangolo nero che si inserisce tra uno sfondo giallo e una serie di forme colorate che si dispongono nei pressi del bordo inferiore: il triangolo nero rappresenta il pianoforte, mentre le forme collocate sulla sua diagonale, in basso a sinistra, sono gli spettatori del concerto. La grande massa gialla, probabilmente, è interpretabile come il suono del pianoforte che investe il pubblico.

Composizione VII

E’ uno dei dipinti più famosi e discussi di Kandinsky. Considerato un esempio chiave di arte astratta, questo capolavoro alterna colori passionali e freschi, ora sfumati ora stesi, sfociando in un crescendo cromatico al centro della tela, mentre linee diagonali si intrecciano a ghirigori e spirali, creando una partitura sonora e suggerendo un senso di movimento e cambiamento. Riconosciuto come un’opera rivoluzionaria, è stato interpretato da alcuni critici come un riflesso del periodo turbolento che stava per far sprofondare l’umanità nella tragedia della Prima Guerra Mondiale.

Alcuni Cerchi

Frutto degli anni del Bauhaus, l’opera di Kandinsky rappresenta la trasformazione dell’astrazione in qualcosa di geometrico: le macchie, forme aperte e indefinite, lasciano il posto a forme geometriche, pure e cristalline. Cerchi multicolori fluttuano liberamente sullo sfondo scuro, simbolo di “un eterno silenzio che risuona dentro di noi”, ovverosia dei lati oscuri dell’anima, ma anche della profondità dell’universo.