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Raffaello Sanzio, vita e opere del pittore

Massimo rappresentante del “bello ideale”, è stato uno dei più importanti artisti di tutti i tempi. L’essere alla portata di tutti la prova della sua grandezza

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Raffaello è stato uno dei più grandi protagonisti della storia dell’arte, nessuno come lui è riuscito a coniugare in modo così equilibrato e armonioso il bello ideale. La purezza delle figure rappresentate, la dolcezza e la tranquillità degli atteggiamenti, il senso dello spazio che si traduce in composizioni apparentemente semplici, ma in realtà molto studiate e articolate, sono le principali caratteristiche di un artista straordinariamente ricettivo. Aperto a molti stimoli, studia l’arte antica, seguendo però con passione anche le opere dei suoi contemporanei, da Leonardo da Vinci a Michelangelo Buonarroti. Anche Roma deve parte della sua bellezza a Raffaello, e non solo per aver contribuito con i suoi lavori a fare di Leone X “l’inventore della grandezza dei papi”, ma anche perché può essere considerato il primo soprintendente della storia, investito dallo stesso pontefice del ruolo di prefetto di tutti i marmi e le lapidi della Capitale.

“Raffaello Sanzio fu la manifestazione terrestre di un’anima che parla con gli dèi”. (Eugene Delacroix)

Vita

Raffaello Sanzio nasce a Urbino il 28 marzo del 1483. Suo padre è Giovanni Santi, pittore di corte dei Montefeltro, la madre è Magia di Battista Ciarla, scomparsa quando l’artista ha solo otto anni d’età. Il giovane Raffaello inizia il suo apprendistato nella bottega paterna e accompagna il genitore al Palazzo Ducale, dove può ammirare le opere di Piero della Francesca e di altri importanti artisti attivi nella corte feltresca. Nel 1494 muore anche il padre e l’apprendistato di Raffaello prosegue con il Perugino. Traferitosi a Città di Castello, a soli sedici anni ottiene la sua prima commissione indipendente, lo Stendardo della Trinità, che lo mette in luce a livello locale, tanto che gli viene commissionata la Pala di San Nicola da Tolentino dalle monache del monastero di Sant’Agostino. Nei primi anni del ‘500 è prima a Firenze e poi, su invito del Pinturicchio, a Siena. Nel 1504 dà vita al suo primo capolavoro, lo Sposalizio della Vergine per la chiesa di San Francesco di Città di Castello.

E’ però a Firenze che Raffaello si consacra, dipingendo alcune delle sue opere più note, come la Madonna del Cardellino, la Sacra Famiglia Canigiani, la Madonna del Belvedere, la Madonna Tempi, la Madonna Bridgewater e i ritratti dei coniugi Agnolo e Maddalena Doni. In Toscana l’artista, che ormai presta la sua opera quasi esclusivamente per committenti privati, lavora per l’Umbria, realizzando la Deposizione Baglioni, per la chiesa di San Francesco al Prato di Perugia. Il periodo fiorentino si conclude con un altro capolavoro, la Madonna del Baldacchino.

Trasferitosi a Roma, papa Giulio II gli commissiona la decorazione ad affresco della Stanza della Segnatura e Raffaello crea uno dei suoi dipinti più celebri, la Scuola di Atene, riscuotendo un successo tale, che gli vengono affidate anche la Stanza di Eliodoro e la Sala dell’Incendio di Borgo. Rinnova la tradizione della pala d’altare con la realizzazione della Madonna di Foligno nel 1512 e della Madonna Sistina nel 1513, mentre nel 1514 l’artista diventa sovrintendente alla fabbrica di San Pietro, succedendo al Bramante, del quale era stato collaboratore. Nel 1516 inizia a lavorare alla Trasfigurazione, il suo ultimo capolavoro, che terminerà nell’ultimo anno della sua vita. Raffaello muore a Roma il 17 aprile del 1520.

Opere

Attento studioso degli artisti con i quali viene a contatto, Raffaello se ne lascia volentieri influenzare, direttamente o indirettamente. In gioventù si rifà ai modelli toscani e umbri, stringe un grande legame con Melozzo da Forlì e riprende l’eleganza tipica del Perugino, suo maestro dopo l’apprendistato con il padre, ma inizia già ad elaborare un nuovo linguaggio autonomo e originale. Che si esplica per la prima volta con le sue Madonne fiorentine, dipinte non più solamente nella loro bellezza ideale, ma umanizzate attraverso pose, sguardi e atteggiamenti.

Il periodo romano costituisce la fase più lunga della carriera di Raffaello e presenta uno stile molto diverso rispetto a quello fiorentino. Il contatto con l’arte antica e Michelangelo lo portano ad elaborare un linguaggio monumentale e classicheggiante, come nella Scuola di Atene, dove accosta arte e filosofia, nell’accezione neoplatonica di mezzi per arrivare al bene e al vero.

Con la sua potente Trasfigurazione, Raffaello, infine, pone le basi per ciò che sarebbe arrivato dopo di lui. La sua ultima opera, è infatti una fulgida anticipazione del manierismo. Divisa in due livelli, quello superiore, simmetrico e celestiale vede i tre apostoli abbagliati dall’apparizione divina di Gesù, affiancato dai profeti Mose ed Elia; quello inferiore concitato e tumultuoso è popolato di personaggi che fanno riferimento all’episodio immediatamente successivo nel Vangelo, la guarigione di un indemoniato. Nonostante questa diversità d’atmosfere Raffaello è riuscito a creare un’opera molto equilibrata, densa di accenni michelangioleschi ma anche di delicatezza cromatica. Considerata la più bella opera mai realizzata da Raffaello, contiene tutte le caratteristiche della sua arte, con la delicatezza cromatica e l’armonia tipiche della prima parte della sua carriera nella parte alta, e il dinamismo esemplificativo dell’ultimo Raffaello in quella inferiore.