Salta al contenuto
Alessandro Barbero Fonte foto: ANSA

Alessandro Barbero attacca sui prof: l'accusa alla scuola

Il prof Alessandro Barbero attacca sul ruolo dei docenti e il suo atto d'accusa fa discutere: cosa ha detto e le reazioni sui social degli insegnanti

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

L’attacco di Alessandro Barbero sui prof ha aperto un vero e proprio dibattito pubblico e ha raccolto i favori di molti docenti di scuola e università. Ecco l’accusa che rivolgono al sistema scolastico italiano.

L’accusa di Barbero

In questi giorni ha fatto molto discutere l’intervista de ‘La Stampa’ al prof Alessandro Barbero, che ha deciso di andare in pensione per “fuggire dalla burocrazia” che ha reso il lavoro di docente “inutilmente più gravoso”.

Lo storico ha acceso un faro su uno dei mali che affliggono l’insegnamento: la burocrazia. “La burocratizzazione del nostro mestiere, il tempo passato a svolgere attività che un amministrativo farebbe molto meglio, la pretesa di trasformare studiosi e ricercatori in capi ufficio ha reso stressante un lavoro bellissimo“, ha detto.

Quanto detto da Barbero è testimoniato da una ricerca, non recente ma esplicativa: il 48% dei docenti interpellati per l’indagine Talis 2018 dell’Ocse hanno dichiarato che l’impatto della burocrazia nel proprio lavoro è una delle fonti principali di stress.

I commenti dei prof

Non è dunque un caso che l’intervista ad Alessandro Barbero abbia ricevuto centinaia di commenti sui social, la maggior parte dei quali di utenti-prof che hanno solidarizzato con il divulgatore.

“Verissimo. Condivido quanto dice. Anch’io ho insegnato per 40 anni e la scuola è cambiata in peggio, trasformando i docenti in impiegati“, ha scritto un’utente.

“Parole sante – ha commentato un altro -. Oggi l’insegnante, di ogni ordine e grado, è vessato da incombenze amministrativo-burocratiche che nulla hanno da spartire con l’insegnamento, la didattica e la cura delle relazioni. Sono solamente un inutile carico di procedure che sottraggono tempo ed energie al nostro lavoro. Ma pare che questo non interessi nessuno”.

“Professor Barbero, anch’io docente d’italiano e storia presso le scuole superiori ho deciso per il pensionamento volontario per gli stessi suoi pensieri – ha proseguito una ex insegnante -.Troppa burocratizzazione, lavoro sommerso mai riconosciuto, preferisco andare via ricordando la scuola che fu”.

Un professore universitario ha aggiunto: “Sono arrivato in università da una multinazionale nel 1991. Associato dal 1998, Ordinario dal 2005, a 60 anni mi riconosco in toto nell’analisi e nelle parole del collega Barbero. La sola felicità professionale residua è nell’essere in classe con le/i allieve/i. Il piacere della scrittura e della ricerca è relegato al tempo rubato al riposo o allo svago”.

“Ho svolto la professione di insegnante, sono in pensione da quasi 15 anni, la mente è sempre pronta come era allora e mi mancano i ragazzi, ma non ci tornerei anche se fossi in ottima forma fisica – ha continuato un altro utente -. Già dagli ultimi anni di insegnamento premeva questa burocrazia pazzesca, premevano i genitori, premevano le associazioni, la politica, i partiti. E i collegi che ancora insegnano dicono che tutto è sempre peggio, tutto è oramai insostenibile. Già anni prima di andare in pensione vedevo in che palude si stava orientando la scuola, per questo rinunciai al concorso per dirigente scolastico”.

“Come lo capisco, la burocrazia ci ha sommersi – è intervenuta una ex preside -. Nel mio piccolo spazio di umile dirigente scolastica, ho sperimentato questa condizione di sofferenza durante gli ultimi anni di lavoro prima di lasciare. Non era quello che avevo sognato quando molti anni prima avevo avviato il mio percorso come dirigente, ma vita è troppo breve per sprecare l’ultimo tratto di strada”.

Nuove competenze richieste ai prof universitari

Che il ruolo di insegnante sia cambiato lo ha sottolineato anche Paola Ricchiardi, professoressa associata in Pedagogia sperimentale all’Università di Torino e delegata del rettore per l’Orientamento, il Tutorato e il Placement. “A un docente universitario ora vengono richieste ben 34 competenze che vanno oltre la qualità didattica e la valutazione“, ha spiegato in un’intervista a ‘La Stampa’.

Oggi “occorre saper scrivere e gestire i progetti, amministrare i fondi, sì con il supporto degli amministrativi ma sei tu al centro: è una nuova tipologia di lavoro”, ha aggiunto. Per questo, a suo avviso “non è più tollerabile che ci sia qualcuno che pensi di fare solo ricerca e docenza addossando il resto del carico su altri”.

La prof è impegnata da anni nella formazione dei nuovi docenti universitari “e lo dico subito ai nuovi arrivati”: questi nuovi compiti sono “parte del nostro lavoro“.

Le incombenze per gli insegnanti della scuola

Nelle scuole di ogni ordine e grado gli insegnanti sono sottoposti a crescenti richieste da parte della pubblica amministrazione, come riportato da ‘La Stampa’. Tra queste:

  • la compilazione di documenti e relazioni in tempi e modi stabiliti;
  • la gestione di classi con sempre più studenti, le cosiddette ‘classi pollaio’;
  • l’aumento degli studenti con Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento) e Bes (bisogni educativi specifici), e dunque la redazione di piani personalizzati didattici;
  • i cambi nel sistema di valutazione;
  • la gestione di singoli progetti;
  • l’aggiornamento continuo del registro elettronico.