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Crepet Fonte foto: IPA

Giovani, social e solitudine: il nuovo allarme di Paolo Crepet

"I social dovrebbero chiamarsi 'a-social', un esempio di quotidiana solitudine": lo psichiatra Paolo Crepet lancia un nuovo allarme sui giovani

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Paolo Crepet è tornato a parlare del rapporto tra i giovani e i social e ha lanciato un nuovo allarme. Per il noto psichiatra, le piattaforme accrescono il senso di solitudine e allontanano dai rapporti reali, quelli che nascono e crescono fuori dal web, come l’amicizia. Secondo lo psichiatra, i social offrono una specie di scorciatoia nelle relazioni, che le rendono meno faticose ma, contemporaneamente, meno autentiche. Ecco cosa ha detto.

Il nuovo allarme di Crepet su giovani e social

I follower non sono amici, e non vanno scambiati come tali. Potrebbe essere riassunta così la posizione sostenuta dallo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, intervistato da Il Messaggero. “Quando una ragazzina posta un suo selfie spera che tutta la rete lo guardi”, ha spiegato. E così “guardi la sua immagine”, mentre tutto “il resto passa in secondo piano”. Passa in secondo piano chi è e cosa fa, i suoi sentimenti e interessi, la sua personalità. Quel modo di essere che, attraverso la condivisione e il confronto, crea “legami stretti” e una “comprensione reciproca”. Detto in una parola: amicizia.

Un amico è “quello che se stai male di notte, in vestaglia o in pigiama, esce di casa e viene da te – ha spiegato il professore -. Quello che corre per ascoltarti e capire che cosa è successo. Quanti ne trovi, tra i follower di cui molti si vantano, che farebbero questo?”.

Per questo i social “dovrebbero chiamarsi ‘a-social’: un esempio di quotidiana solitudine“, ha sentenziato Crepet. Che ha aggiunto: “Le piattaforme sono nate proprio per fare marketing della solitudine. È ingenuo pensare che il sentimento dell’amicizia possa trovarsi solo in rete”. Ma l’amicizia “sembra non andare più di moda” perché è “un sentimento impegnativo, a volte difficile, faticoso, a rischio anche di delusioni e scontri”.

Oggi, invece, “quello che si cerca è un sentire frettoloso, tutto selfie ed emoticon – ancora l’esperto -. I social vogliono orientarci a fare tutto da soli, non riconoscendo il potere delle relazioni nella nostra vita che non giudicano e non ricattano, ma chiedono complicità”.

Secondo lo psichiatra, dunque, i social media hanno aggravato il senso di solitudine, soprattutto tra i giovani, isolandoli nonostante la loro costante connessione virtuale.

Il messaggio di Crepet sull’amicizia

Crepet ha definito l’amicizia come “la nostra speranza”, una “stampella”, un “porto sicuro quando stai male, quando ti senti solo”. Si tratta di un legame che “resiste alla distanza nel senso di spazio e tempo”.

Lo psichiatra ha anche paragonato l’amicizia ad una “bella pianta grassa”. È “quasi completamente autonoma – ha spiegato -, ha bisogno di poca acqua e di poche cure. Vive in una solitudine nella quale si organizza da sé l’esistenza. Non vuole essere abbandonata, ma nemmeno ossessionata dal suo curatore. E come ti occupi di lei, immediatamente riprende”.

Senza gli amici “non si è nulla”: è proprio “il crescere dell’amicizia fra le persone che ha caratterizzato il progresso dell’umanità”. Per questo “bisogna partire dal coraggio di sfidare ciò che abbiamo dato per scontato e troppo spesso banalizzato e vilipeso. L’amicizia, appunto”, ha concluso.