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Lucio Corsi e prof Enrico Galiano Fonte foto: ANSA/IPA

Lucio Corsi e la lezione di prof Galiano sulla "luce" e il "buio"

Il prof di italiano Enrico Galiano torna ad analizzare il significato della canzone 'Volevo essere un duro' di Lucio Corsi, secondo a Sanremo 2025

Francesca Pasini

Francesca Pasini

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Content Writer laureata in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali, vivo tra l'Italia e la Spagna. Amo le diverse sfumature dell'informazione e quelle storie di vita che parlano di luoghi, viaggi unici, cultura e lifestyle, che trasformo in parole scritte per lavoro e per passione.

Il testo della canzone di Lucio Corsi ‘Volevo essere un duro’, secondo classificato al Festival di Sanremo 2025, non smette di affascinare. Ad offrire una nuova lezione su un particolare passaggio del brano è stato Enrico Galiano tramite i suoi profili social.

Il prof di italiano celebre sul web si è soffermato in particolare su due parole molto significative: luce e buio. Ecco cosa ha spiegato nella sua nuova lezione.

La nuova lezione di prof Galiano sul brano di Lucio Corsi

La canzone di Lucio Corsi, grande rivelazione del Festival della canzone italiana di quest’anno, che ha vinto il Premio della critica Mia Martini, è un tripudio di immagini e significati profondi, che con una attenta analisi vengono pian piano snocciolati. A farlo è stato prof Enrico Galiano, che si è soffermato, nella sua nuova lezione, su un verso particolare del brano sanremese del giovane cantautore:

I girasoli con gli occhiali mi hanno detto
“Stai attento alla luce”
E che le lune senza buche
Sono fregature
Perché in fondo è inutile fuggire
Dalle tue paure

Pochi si sono accorti di quanto siano importanti questi versi – ha esordito Galiano nella sua analisi offerta ai suoi seguaci online -. Perché tutti parlano del buio, ma chi ti mette in guardia dalla luce?”.

Si è soffermato prima sulla figura dei girasoli, che “con gli occhiali lo sanno: la luce può ingannare, soprattutto quando arriva dalle cose perfette, dai sorrisi senza crepe, dalle vite che sembrano uscite da un catalogo”. È passa poi alle “lune senza buche: liscissime, impeccabili, irreali. E proprio per questo, fregature. Perché la vera bellezza non è quella che si mostra senza difetti, ma quella che porta addosso i segni della vita: le cadute, le cicatrici, le crepe da cui passa la luce vera”. Questa la riflessione del prof di italiano e scrittore sul tema della bellezza, che non significa quindi perfezione, ma piuttosto il contrario.

“E poi c’è la chiusa, così semplice eppure così inusuale – ha aggiunto Galiano -, in un presente che ci vuole tutti senza paura, forti, invulnerabili: e invece i girasoli con gli occhiali ti ricordano che ‘è inutile fuggire dalle proprie paure’. Non perché sia ​​facile affrontarle, ma perché fanno parte di noi. Ci descrivono. Ci parlano”. Un tema fortemente attuale, soprattutto all’interno del dibattito che riguarda le giovani generazioni e gli adolescenti nel rapporto tra loro e con i genitori e gli adulti, in un mondo in cui le aspettative sono sempre più alte e si richiede loro forza e determinazione.

Infine, la riflessione di Galiano sul significato profondo del brano di Lucio Corsi: “Forse è proprio questo il senso: smettere di cercare lune lisce e iniziare ad amare i crateri, le ombre, le irregolarità. In fondo, è lì che la vita è più vera”.

Lezione di Galiano sulle figure retoriche in ‘Volevo essere un duro’

Il docente di italiano Enrico Galiano aveva già analizzato il testo di Sanremo 2025 di Lucio Corsi (proprio come quello di Cristicchi che secondo lui dovrebbe essere studiato a scuola), evidenziandone le molte figure retoriche. In un video pubblicato sul suo profilo Facebook, ha preso ad esempio il brano ‘Volevo essere un duro’ per spiegare cos’è l’antitesi, una figura retorica molto utilizzata in letteratura:

Però non sono nessuno/ Non sono nato con la faccia da duro

“L’antitesi – ha spiegato – si basa sul contrapporre due cose molto diverse, (in questo caso) ciò che desideriamo essere e ciò che siamo davvero. È il conflitto fra l’aspirazione ad un’immagine di forza e l’accettazione delle proprie vulnerabilità”.

Si è soffermato inoltre su un altro passaggio come esempio di enumerazione:

Volevo essere un duro / Che non gli importa del futuro / Un robot / Un lottatore di sumo / Uno spaccino in fuga da un cane lupo/ Alla stazione di Bolo/ Una gallina dalle uova d’oro.

“Questa cosa qui di elencare cose diverse una dopo l’altra – ha continuato prof Galiano – è una figura retorica che si chiama enumerazione e serve a dare l’idea di varietà, a stabilire delle connessioni mentali. Tra cosa? Tra delle figure stereotipate di forza: il lottatore di sumo, la ricchezza, la gallina dalle uova d’oro, l’invulnerabilità, il robot”.

Ha proseguito con un esempio di anafora:

Però non sono nessuno / Non sono nato con la faccia da duro/ Ho anche paura del buio/ Se faccio a botte le prendo.

“Qui l’autore mette in luce le proprie fragilità utilizzando un linguaggio semplice e diretto. L’anafora di ‘non sono’ sottolinea la distanza tra l’ideale desiderato e la sua verità personale – ha proseguito il prof di italiano -. E l’ammissione di aver paura del buio, di prendere botte, lo umanizza rendendolo vulnerabile e autentico”.

Ecco successivamente un’altra figura retorica: la personificazione, “cioè quando trasformi in persona una cosa, in questo caso il tempo”:

Ma non ho mai perso tempo / è lui che mi ha lasciato indietro

Infine, il ritornello che è un’altra antitesi:

Vivere la vita / È un gioco da ragazzi / Me lo diceva mamma ed io / Cadevo giù dagli alberi.

“Anche questa parte del ritornello è un’antitesi – ha sottolineato Galiano –, ma con dentro una grande autoironia, perché sta dicendo che lui non riusciva neanche da ragazzo a fare i giochi dei ragazzi. Qui c’è del genio”, ha concluso.