Le migliori lauree per trovare lavoro in Italia (e le peggiori)
Quali sono le lauree che offrono maggiori opportunità di occupazione in Italia e qual è la situazione retributiva secondo l'ultimo rapporto Almalaurea
I laureati non vogliono più accettare retribuzioni a basso reddito e hanno cambiato approccio nella ricerca del lavoro. È quanto emerge dal nuovo “Rapporto Almalaurea” la 26esima indagine sulla condizione occupazionale dei laureati italiani condotta dal Consorzio Interuniversitario. Analizzando di un campione di 660 mila laureati in 78 atenei del Paese, emerge un quadro chiaro sulla situazione occupazionale e retributiva dei laureati italiani a 1, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo di studio. I dati raccolti rilevano un calo nella retribuzione media dei laureati e uno svantaggio, ancora una volta, per le donne.
Vediamo quali sono i percorsi di laurea che garantiscono una maggior occupazione e quali sono gli stipendi medi dei laureati italiani.
- Le lauree con cui si trova più facilmente lavoro in Italia
- Le donne sono ancora una volta svantaggiate
- Gli stipendi medi dei laureati in Italia
Le lauree con cui si trova più facilmente lavoro in Italia
Dall’analisi condotta da Almalaurea sull’occupazione dei laureati italiani, emerge che il percorso di studi intrapreso incide in buona parte sulle opportunità occupazionali dei neolaureati.
Informatica e tecnologie ICT, medicina e farmacia, ingegneria industriale e dell’informazione, architettura e ingegneria civile: sono le lauree che favoriscono una maggior chance di trovare lavoro a un anno dal conseguimento del titolo, a parità di altre condizioni. Sono i dati che risultano dall’analisi condotta sui laureati del 2022 di primo e di secondo livello, intervistati a un anno dalla laurea.
Altri percorsi di studio che comportano buone opportunità occupazionali sono le lauree in ambito scientifico, di educazione e formazione, agrario-forestale, veterinario ed economico.
I laureati meno favoriti nella ricerca di lavoro in Italia? Sono coloro che conseguono titoli di studio in ambito psicologico, giuridico, letterario-umanistico e di arte e design.
Anche il livello di studi raggiunto influisce sull’occupazione dei laureati. A parità di ogni altra condizione, sono le lauree di secondo livello che conferiscono maggiori probabilità lavorative a un anno dal titolo, pari al 40,6% in più rispetto alle lauree di primo livello. Un dato significativo che però deve essere preso con cautela, poiché molti dei laureati di secondo livello svolgono attività propedeutiche all’avvio della propria attività, come le scuole di specializzazione e i praticantati, che se retribuiti incidono sull’incremento dei livelli occupazionali.
Chi ha svolto tirocini curricolari, inoltre, ha il 6,6% in più di probabilità di essere occupato a un anno dalla laurea, un trend che riguarda anche chi ha svolto un periodo di studio all’estero (per esempio un Erasmus), per cui si rileva un 17,1% in più di probabilità occupazionale rispetto a chi non ha vissuto tale esperienza.
Le donne sono ancora una volta svantaggiate
Il nuovo Rapporto Almalaurea evidenzia ancora una volta un dato sconfortante sulle differenze di genere: le donne hanno meno probabilità di essere occupate a un anno dalla laurea. Emerge infatti che tra gli studenti analizzati, gli uomini hanno il 15,2% di probabilità in più rispetto al genere femminile di trovare lavoro entro un anno dal termine degli studi. Numeri che confermano le radicate differenze di genere in termini occupazionali che vedono gli uomini molto più avvantaggiati rispetto alle donne.
Gli stipendi medi dei laureati in Italia
Lo studio condotto fa emergere altri aspetti molto interessanti in merito alla ricerca di lavoro dei laureati italiani, che puntano a una maggiore selettività. Cambia infatti l’approccio nei confronti della ricerca di lavoro per coloro che hanno conseguito una laurea. A un anno dal titolo di studio, tra i non occupati e in cerca di lavoro, solo il 38,1% dei laureati di primo livello e il 32,9% dei laureati di secondo livello accetterebbero una retribuzione di 1.250 euro. Tali percentuali sono in calo rispettivamente dell’8,9% e del 6,8% rispetto all’anno precedente.
Sono numeri che riflettono anche la riduzione del tasso di occupazione tra i neolaureati, sceso dal 75,4% al 74,1% per i laureati triennali e dal 77,1% al 75,7% per i magistrali. In tale scenario, sebbene i contratti a tempo indeterminato siano in aumento, calano invece le retribuzioni dei laureati a causa degli elevati livelli di inflazione. Nel 2023, a un anno dalla laurea la retribuzione media mensile dei laureati di primo livello è calata dell’1,4% (da 1.404 a 1.384 euro) e dello 0,5% per i magistrali (da 1.439 a 1.432 euro). A 3 anni dalla laurea il calo maggiore di retribuzione è stato rilevato nei laureati di secondo livello, con una riduzione dell’1,6% (da 1.628 a 1.602 euro), mentre a 5 anni dal titolo i laureati triennali hanno visto un calo dell’1% (da 1723 a 1.706 euro) e quello magistrali dell’1,2% (da 1789 a 1.768 euro).
Tra coloro che guadagnano di più troviamo gli informatici, con uno stipendio medio di 2.146 euro al mese, mentre i meno retribuiti sono gli insegnanti, con una media mensile di 1.412 euro. Numeri che marcano ancora una volta la differenza retributiva con molti altri Paesi esteri, motivo per il quale molti laureati scelgono di trasferirsi. Se la media retributiva di un neolaureato magistrale è di 1.400 euro in Italia, all’estero sale a 2.174 euro.