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Sciopero scuola Fonte foto: iStock

Nuovo sciopero della scuola a novembre: la data e i motivi

A novembre è stato indetto un nuovo sciopero della scuola dopo la mobilitazione di ieri, giovedì 31 ottobre: la data e i motivi della protesta

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Dopo la mobilitazione di ieri, giovedì 31 novembre, a novembre arriva un nuovo sciopero nazionale per il comparto scuola. Ecco la data e i motivi della protesta.

Sciopero scuola 15 novembre 2024

Stop all’utilizzo sistematico delle supplenze, cambiare il reclutamento per immettere in ruolo su tutti i posti disponibili, assumere in ruolo gli idonei dei concorsi, spostare nell’organico di diritto tutti i posti in organico di fatto e in deroga”. Con queste motivazioni, il sindacato Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori) ha proclamato un nuovo sciopero della scuola per l’intera giornata di venerdì 15 novembre riguardante il personale docente, Ata ed educativo, a tempo indeterminato e a tempo determinato di tutte le istituzioni scolastiche ed educative d’Italia.

Al centro della protesta in programma, così come quella del 31 ottobre, c’è la legge di Bilancio: “Vogliamo fare capire a chi governa il Paese che la scuola è una priorità e non un settore sul quale risparmiare, come si sta cercando di fare con il taglio di quasi 8mila Ata previsto dalla legge di Bilancio 2025″, ha spiegato Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief.

Per il sindacato “è necessaria l’adozione di provvedimenti legislativi che consentano l’assunzione su tutti i posti vacanti e disponibili anche degli idonei al concorso ordinario docenti 2020 e del personale Ata. La perdurante assenza di disposizioni legislative che autorizzino l’assunzione del personale docente e Ata sul 100% dei posti vacanti e disponibili derivanti da turn over e che dispongano, con riferimento al personale docente di sostegno, la trasformazione dei posti in deroga in posti in organico di diritto, rende de facto impossibile qualsiasi risposta concreta ai rilievi che hanno condotto la Commissione europea al deferimento dell’Italia per violazione delle disposizioni Ue”, ha concluso Pacifico.

Motivi e dati adesione sciopero scuola 31 ottobre 2024

Continuano, dunque, le proteste del mondo della scuola. Ieri, giovedì 31 ottobre, il comparto Istruzione e Ricerca si è fermato per chiedere al governo “un contratto giusto ed un lavoro stabile”.

Secondo i dati provvisori pubblicati dal Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, alla mobilitazione di ieri hanno aderito il 2,41% del personale del comparto Istruzione e Ricerca.

Come spiegato dalla Flc Cgil, “la legge di Bilancio presentata in Parlamento nei giorni scorsi non prevede risorse aggiuntive per i rinnovi contrattuali 2022-2024 e non risolve il problema del potere d’acquisto dei salari a fronte del 18% circa di inflazione. A questo si aggiunge l’annoso problema del precariato: un lavoratore su quattro fra Ata e docenti non ha un contratto stabile e questo arreca un danno non solo alle vite di lavoratrici e lavoratori, ma anche alla didattica e alle studentesse e agli studenti”.

La sigla sindacale ha indetto lo sciopero “anche per affermare un’idea di scuola democratica, in netta contrapposizione con le riforme regressive e autoritarie del ministro Valditara”, ha affermato Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil.

Flc Cgil in piazza con gli studenti il 15 novembre

Il sindacato ha annunciato che il 15 novembre sarà in piazza al fianco degli studenti per ribadire “la nostra opposizione alla filiera tecnologico-professionale che riduce l’offerta formativa consegnandola ai privati, e al liceo Made in Italy che risponde a una visione aziendalistica dell’istruzione”.

Fracassi ha proseguito: “Abbiamo più volte espresso preoccupazione per i nuovi strumenti di valutazione basati su criteri selettivi e punitivi e per la revisione delle indicazioni nazionali e delle linee guida dell’Educazione civica ispirate all’individualismo e al culto della nazione e del profitto. Per non parlare dell’istituzione di classi ‘differenziali’ per alunni non italofoni. Il governo e il ministero dell’Istruzione e del Merito non hanno ascoltato le nostre ragioni“, ha concluso la segretaria.