Sciopero scuola 31 ottobre 2024, l'avviso del ministero
Per giovedì 31 ottobre 2024 è stato indetto un nuovo sciopero della scuola: l'avviso del ministero dell'Istruzione e le motivazioni dei sindacati
Per giovedì 31 ottobre 2024 è stato proclamato uno sciopero generale di tutti i lavoratori del pubblico impiego e della scuola. Ecco l’avviso del ministero dell’Istruzione e i motivi della mobilitazione.
- L'avviso del ministero
- "Per un contratto giusto ed un lavoro stabile"
- "Contro i micidiali provvedimenti del governo"
L’avviso del ministero
Il 31 ottobre è sciopero della scuola. Alla protesta aderiscono numerose sigle sindacali, come si legge sull’avviso pubblicato dal ministero dell’Istruzione e del Merito, che riportiamo di seguito:
“Si comunica che per l’intera giornata del 31 ottobre 2024 è previsto uno sciopero generale di tutti i lavoratori del pubblico impiego e della scuola, proclamato da Usb Pi, con adesione di Fisi e Cub Sur, da Cib Unicobas, con adesione di Unicobas Scuola e Università, uno
sciopero di tutto il personale del Comparto Istruzione e Ricerca – Settore Scuola, proclamato da Flc Cgile uno sciopero regionale del Comparto Istruzione e Ricerca – Settore Scuola proclamato dai Cobas Scuola Sicilia”.
Per la giornata di sciopero del 31 ottobre, in programma c’è anche una manifestazione che si svolgerà a Roma davanti al ministero della Funzione pubblica a partire dalle ore 10.30.
“Per un contratto giusto ed un lavoro stabile”
“In vista della prossima discussione in Parlamento della manovra finanziaria, il nostro sindacato ha avviato un percorso di mobilitazione per un contratto giusto ed un lavoro stabile“, hanno spiegato dalla Flc Cgil, tra le sigle promotrici della contestazione.
Per il comparto Scuola, Università, Ricerca e Afam, si richiede:
- più risorse economiche per il rinnovo del contratto. “Lo stanziamento previsto dal Governo è insufficiente a mantenere il potere d’acquisto delle retribuzioni rispetto all’inflazione del triennio 2022-2024: in legge di bilancio è del5,78% a fronte dell’inflazione IPCA che si attesta al 17,3%”;
- fermare l’autonomia differenziata dei contratti. “Salvaguardare la dimensione nazionale del contratto contro ogni ipotesi di regionalizzazione del sistema di Istruzione e della Ricerca”;
- centralità del contratto collettivo. “Affermare il principio che è il contratto di lavoro a definire l’utilizzo delle risorse economiche a disposizione, l’ordinamento professionale e la valorizzazione del personale”;
- stesso lavoro, stessi diritti. “Combattere il precariato per rendere stabile il lavoro, cancellare l’abuso dei contratti a termine e riconoscere gli stessi diritti di chi lavora a tempo indeterminato”;
- basta tagli ai settori della conoscenza. “La spesa in Istruzione e Ricerca non è un costo ma un investimento”.
“Contro i micidiali provvedimenti del governo”
Per Unicobas, le novità per la scuola previste nella manovra finanziaria “si aggiungono ai disastri di sempre e ad un mancato rinnovo del contratto scaduto da quasi 3 anni. Le ultime leggi di bilancio hanno stanziato risorse ben al di sotto rispetto all’inflazione maturata nel triennio di riferimento”.
E “ancora classi pollaio, ancora ricorso massiccio al precariato reclutato secondo il deleterio sistema dell’algoritmo, generatore di errori e ricorsi a non finire, ancora edilizia fatiscente e scuole non a norma, ambienti che cascano a pezzi, mentre coi soldi Pnrr si crea la buffonata degli ambienti digitali”.
A tutto questo, secondo Unicobas, si sommano “i micidiali provvedimenti emanati o in procinto di essere emanati dal governo“:
- “la regionalizzazione del sistema dell’Istruzione” con l’autonomia differenziata;
- la riduzione di un anno di scuola superiore “con la quadriennalizzazione di tutti i percorsi, attualmente ancora in discussione, già anticipata dalla sperimentazione della filiera tecnologico professionale e da orientamenti didattici che esaltano le Uda (unità didattica di apprendimento), nuova riedizione dei famigerati saperi minimi”;
- la riforma del voto di condotta, “che introduce un clima di terrore e repressione nelle scuole”;
- la risoluzione che vieta attività educative di contrasto alle discriminazioni di genere;
- le nuove linee guida dell’Educazione civica, “volte a formare gli studenti su ‘valori’ imprenditoriali, antisolidaristici e nazionalistici”;
- “la proliferazione di figure intermedie che minano a spaccare la categoria e a trasformare sempre più la scuola in un ibrido fra azienda e caserma”.