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Milan Fonte foto: ANSA

Nuovo stadio Milan a San Donato: prof universitari in rivolta

Prof universitari contro il progetto di costruire il nuovo stadio del Milan a San Donato, nell'hinterland milanese: le motivazioni della rivolta

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

70 docenti universitari si sono schierati contro la costruzione del nuovo stadio del Milan a San Donato. La rivolta dei prof si è concretizzata in una lettera aperta ai presidenti di Fifa, Uefa e Figc per chiedergli di contrastare la decisione di localizzare la nuova struttura in quella specifica area dell’hinterland milanese.

Professori contro la costruzione dello stadio Milan a San Donato

“Assumete una posizione netta contro la costruzione di nuove infrastrutture su terreni non urbanizzati”. È questo l’appello di 70 docenti delle università milanesi Politecnico, Statale e Cattolica rivolto al presidente della Fifa Gianni Infantino, al presidente della Uefa Aleksander Ceferin, e al presidente della Figc Gabriele Gravina, con una lettera aperta che si schiera contro la costruzione del nuovo stadio del Milan a San Donato. Lo ha riportato ‘Il Corriere della Sera’.

I motivi addotti dai professori hanno a che fare con questioni ambientali e climatiche, in particolare l’impatto che l’impianto sportivo avrebbe su zone attualmente destinate all’uso agricolo.

La lettera, promossa dai docenti Arianna Azzellino del PoliMi e Giorgio Vacchiano dell’Università Statale di Milano, prende le mosse dagli impegni programmatici definiti da Fifa, Uefa e Figc: “Riteniamo encomiabile il vostro riconoscimento dell’importanza di promuovere la sostenibilità nel settore calcistico, ma portiamo alla vostra attenzione la problematicità di costruire nuove infrastrutture in aree non edificate”, hanno scritto gli insegnanti.

La costruzione dello stadio da 70mila posti nella zona identificata a San Donato, hanno spiegato i prof, provocherebbe “un aumento significativo della CO2 rilasciata in atmosfera a causa della perdita di capacità di assorbimento del carbonio dei suoli edificati”.

L’analisi della Scuola Sant’Anna di Pisa

Un’analisi condotta dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha stimato, per uno stadio con 70mila posti, che l’emissione media di CO2 per singola partita di calcio è pari a circa 70 tonnellate. Questo significa che, all’interno di un’intera stagione calcistica (una trentina di partite), l’emissione diretta di Co2 sarebbe pari ad oltre 2mila tonnellate.

Ma, si legge ancora su ‘Il Corriere della Sera’, la costruzione dello stadio su un’area non edificata, oltre a provocare un’emissione diretta di più di 2mila tonnellate all’anno di CO2, ne comporterebbe un’altra indiretta dello stesso ordine di grandezza dovuta alla perdita del suolo.

Le conseguenze del consumo di suolo per lo stadio

Ma di quanto suolo parliamo? “Il nuovo stadio del Milan – hanno proseguito i docenti nella lettera — comporterebbe la trasformazione di circa 30 ettari di terreno mai urbanizzato, senza contare che nelle immediate vicinanze del sito proposto per l’impianto si trova l’abbazia di Chiaravalle”.

Per far fronte alla perdita ambientale, hanno precisato i professori, “sarebbe necessario piantare 19 ettari di bosco e 32mila alberi per arrivare, in vent’anni, a compensare quanto perduto a causa del consumo di suolo che comprende anche diverse aree del Parco Agricolo Sud Milano, l’importante riserva naturale dedicata alla protezione di boschi, terreni agricoli e corsi d’acqua”.

La speranza dei docenti delle università milanesi è “che le federazioni calcistiche assumano una posizione netta contro la costruzione di nuove infrastrutture su terreni non urbanizzati” così da “non compromettere quei principi di sostenibilità che ispirano le strategie globali di contrasto al cambiamento climatico, incoraggiando il recupero delle strutture esistenti”.