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Crepet Fonte foto: ANSA

Paolo Crepet e la violenza a scuola: la sua inquietante profezia

Paolo Crepet riflette sul tema della violenza a scuola e su come si sono trasformate nel tempo le nuove generazioni: la sua inquietante profezia

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Intervistato su La7, Paolo Crepet ha parlato di violenza a scuola commentando la vicenda della studentessa di 12 anni che ha aggredito e ferito con un coltello un compagno di classe poco prima dell’inizio delle lezioni. È successo a Santa Maria delle Mole, paese alle porte di Roma. L’inquietante profezia dello psichiatra sulle future generazioni.

La violenza tra i giovani secondo Crepet

A scuola, una ragazzina di 12 anni ha colpito con un coltello un coetaneo poco prima del suono della campanella. Il fatto è stato oggetto di una lunga riflessione dello psichiatra Paolo Crepet durante la puntata di lunedì 4 novembre di ‘Tagadà’ su La7. L’esperto ha espresso “sconcerto, non per la notizia in sé – ha spiegato -, ma per il fatto che per molta gente è questa la normalità”. Cioè “che a 12-13 anni ci si fidanzi, si facciano ‘seratone’, si faccia la vita del ventenne”.

Secondo Crepet si tratta di una tendenza consolidata “per molti italiani. Non solo i genitori, ma in generale l’opinione pubblica, compresa quella degli insegnanti, che ormai hanno alzato bandiera bianca. Come se questo fosse il risultato di chissà quale accelerazione della nostra civiltà, mentre è del tutto evidente che è una retromarcia”.

Lo psichiatra ha aggiunto: “Il cervello di un dodicenne – infatti – non è cambiato nel frattempo, è uguale a 300 anni fa. A 12 anni si è bambini“. E sono bambini/adolescenti anche quelli che “millantano esperienze, di appartenere a piccole gang di malavita o cose di questo genere, ma in realtà non sanno neanche di cosa stanno parlando. Però la violenza è ciò che in qualche modo diventa linguaggio comune”.

Dove andremo a finire secondo Crepet

Per Crepet, c’è un’altra riflessione da fare su questa vicenda, ovvero che a colpire è stata una ragazza. “Scusate se mi ripeto – ha detto -, ma sono anni che dico che la violenza non è solo maschile tra i giovani. Però poi sembra che non sia così. E invece è così, è così da molti anni”.

E ha spiegato: “Il processo di crescita è stato esorbitante. Quando io ero bambino, le bambine erano bambine. Oggi non si può più dire questo, quantomeno delle bambine. Anzi, le bambine ancora meno. Non sono neanche più lolite, sono più giovani delle lolite di Kubrick”.

E allora, dove andremo a finire? “Se vent’anni fa queste cose accadevano a 15-16 anni, e oggi siamo a 11-12, vuol dire che tra 10 anni siamo ad accoltellarci a 8, a fidanzarci a 7, vuol dire che si fa sesso a 6 anni. Qual è il progetto? Ci vorrà un punto“, ha concluso sul tema Paolo Crepet.

I giovani e la tecnologia

Durante il suo intervento, Crepet è tornato anche sul tema del rapporto tra giovani e tecnologia, parlando di uno sgretolamento delle relazioni umane che sta attraversando la nostra epoca lasciandoci sempre più soli.

Lo psichiatra ha affermato: “Una ragazza che soffre di anoressia, di problemi psicologici, con chi parla? Non è banale – ha proseguito -, perché gli psicanalisti costano, i servizi pubblici sono pochi. Quindi, con chi parla? Con una chat”. E questo, ha aggiunto, “è agghiacciante”.

Crepet ha continuato: “Siamo stati tutti ragazzi e siamo stati tutti inquieti, per una ragione o per l’altra”. Non a caso, l’adolescenza “si chiama l’età dell’inquietudine”. Ma a differenza di oggi, nel passato “esisteva una comunità educante, che comprendeva figure ‘strane’ che oggi non ci sono più”. Tra queste l’esperto ha citato i portieri, che tenevano d’occhio i ragazzini che stavano nel cortile. Perché prima “i ragazzini giocavano insieme, si incontravano, si davano appuntamento. Ora sono tutti nei loro bunker isolati che si chiamano camere da letto, connesse con tutto il mondo ma non siamo stati mai così soli“, ha chiosato Paolo Crepet.