Quando partirà la riforma su test di Medicina e numero chiuso
Quando prenderà il via la riforma del test di Medicina e del numero chiuso? Ecco cosa ha detto la ministra dell'Università Anna Maria Bernini
La riforma del test di Medicina e del numero chiuso ha ottenuto il via libera della commissione Istruzione e Cultura del Senato. Ma il suo iter legislativo è ancora all’inizio. Ora dovrà essere approvata sia dal Senato che dalla Camera. Ma la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini spera in tempi brevi. Ecco quando partirà.
- Quando partirà la riforma sull'accesso a Medicina
- Le preoccupazioni dei rettori
- La polemica delle associazioni dei giovani medici
- Cosa prevede la riforma
Quando partirà la riforma sull’accesso a Medicina
La riforma dell’accesso alle facoltà di Medicina potrebbe arrivare già dal prossimo anno accademico, quello 2025-2026: lo ha detto la ministra Anna Maria Bernini.
Intervenendo a ‘Mattino 24’ su Radio 24, la titolare dell’Università ha assicurato: “io ci metto come sempre tutta la forza che ho”. E ha aggiunto: “se siamo riusciti a fare 10mila posti letto in condizioni spaventose, io confido di poter fare anche i decreti delegati”.
Dopo l’ok della commissione Istruzione del Senato, infatti, deve arrivare prima il via libera dell’aula del Senato (prevista entro la fine di novembre). Dopo di che il testo del ddl passerà alla Camera per la seconda approvazione che, in assenza di modifiche da parte delle due aule del Parlamento, sarà definitiva.
A quel punto partiranno i 12 mesi che il ministero dell’Università e della Ricerca ha a disposizione per scrivere i decreti delegati. Ma se si vuole veramente partire nel 2025, i tempi dovranno essere ridotti, e non di poco.
Le preoccupazioni dei rettori
Ma la ministra Bernini deve fare i conti anche con le preoccupazioni di università e associazioni di categoria.
La Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) ha espresso “profonda preoccupazione” per almeno tre aspetti della riforma: la sostenibilità economico-finanziaria; l’accoglienza e la formazione adeguata dei futuri aspiranti medici; la tutela delle professioni sanitarie.
Per quanto riguarda la sostenibilità della riforma, la Crui ha spiegato: “Il taglio subito dai bilanci delle università nell’anno corrente ha sfiorato il 10% (considerato lo spostamento dei piani straordinari nella quota base e l’aumento ISTAT). Situazione che da preoccupante diventa drammatica quando si consideri l’assoluta incertezza sul finanziamento statale anche per l’anno 2025. In questo contesto l’ingresso di 40/60mila candidati in più è semplicemente impensabile“.
Secondo i rettori, “le risorse utilizzate finora per 20mila studenti non possono essere sufficienti per i 60/80mila candidati che frequenterebbero una volta che la revisione andasse a regime”, il che, a loro avviso, avrebbe ripercussioni anche sulla qualità dell’insegnamento.
Inoltre, hanno segnalato che “esiste un rischio consistente che la modifica delle modalità di accesso al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Medicina veterinaria determini una ulteriore diminuzione di candidati per le altre professioni, in particolare infermieristica, i cui laureati sono molto più carenti e necessari dei medici“.
Un’altra preoccupazione riguarda proprio l’eliminazione del numero programmato a Medicina. La presidente della Crui Giovanna Iannantuoni, come riportato da ‘la Repubblica’, ha spiegato: “Una matricola oggi non vuol dire un medico oggi, ma fra dieci anni, e il numero programmato ci aiuta a capire quale necessità di medici avremo. Siccome la curva dei pensionamenti inizia a scendere proprio in questo 2024, tra dieci anni saremo sotto i 9mila medici pensionati”. Con “20mila o anche più laureati, mi chiedo questi ragazzi cosa andranno a fare fra dieci anni”.
Per la presidente “avremo bisogno di medici” ma “non di così tanti”. Più che i medici, ha aggiunto, “mancano gli specialisti, come in medicina di emergenza e urgenza“.
La polemica delle associazioni dei giovani medici
A contrastare la riforma anche le associazioni dei giovani medici Anaao Giovani, Als e Gmi, che hanno sottolineato che con il ddl il numero chiuso “non viene in nessuna forma abolito o superato”, ma il test di accesso viene “semplicemente rinviato di 6 mesi”.
Inoltre, hanno osservato le organizzazioni, “senza alcun meccanismo volto a programmare rigorosamente il numero annuale di laureati in medicina, si contribuisce concretamente a creare la cosiddetta pletora medica poiché ‘aprire’ la facoltà di medicina a 70mila giovani e ‘richiuderla’ dopo 6 mesi con ingresso effettivo di 20mila di essi significa spendere miliardi di soldi degli italiani per formare un numero di medici quadruplo rispetto a coloro che andranno in pensione”.
Per le associazioni dei giovani medici “l’abolizione del numero programmato a Medicina e Chirurgia è un provvedimento sbagliato, incapace di rispondere alla grave criticità attuale perché temporalmente sfasato, foriero di ulteriore spesa per la necessità di aumentare parallelamente gli investimenti nella formazione post laurea, per assicurare che per ogni laureato sia disponibile un contratto di formazione specialistica o una borsa di formazione in medicina generale”.
Cosa prevede la riforma
Il ddl introduce l’accesso libero alle facoltà di Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi dentaria e Medicina veterinaria. A differenza degli anni passati, dunque, non ci sarà il tanto criticato test d’ingresso.
Perciò l’accesso è totalmente libero? Non proprio. Alla fine del primo semestre, in cui si studieranno materie comuni a tutte le facoltà mediche e altri percorsi formativi simili (come quelli dell’area biomedica e farmaceutica, anche se sono ancora da stabilire nel dettaglio), gli studenti dovranno passare tutti gli esami previsti. Dopo di che saranno inseriti in una graduatoria nazionale e solo coloro che rientreranno nei posti disponibili potranno accedere al secondo semestre di Medicina.