Terremoti si possono prevedere: scoperta all'Università di Parma
"I terremoti si possono prevedere": la scoperta rivoluzionaria dell'Università di Parma che aiuta a prevedere i sismi e a mitigarne i rischi
“I terremoti si possono prevedere“. È la rivoluzionaria scoperta dell’Università di Parma, esposta in 2 studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali. Ecco qual è la grande novità delle 2 ricerche italiane sulla previsione dei sismi.
- Gli studi sui terremoti dell'Università di Parma
- La possibilità di prevedere i terremoti
- Le parole del ricercatore
Gli studi sui terremoti dell’Università di Parma
I terremoti si possono prevedere? Fino a poco tempo fa, la tesi più accreditata era che no, i sismi non sono prevedibili. Questa posizione è stata ribaltata da 2 studi condotti dall’Università di Parma, che ha messo a disposizione della comunità scientifica nuovi contributi che arricchiscono il dibattito con una scoperta rivoluzionaria.
Come spiega ‘La Repubblica’, la novità delle ricerche dell’ateneo parmigiano, una pubblicata sul ‘Journal of Geophysical Research: Solid Earth’ e l’altra su ‘Scientific Reports’, consiste nel dimostrare che esistono segnali associati ai terremoti rilevabili dai Gps (lo stesso sistema che viene utilizzato su mappe e navigatori di smartphone, pc e tablet) molto prima e molto lontano dalla manifestazione delle scosse. E questi segnali potrebbero essere potenzialmente sfruttati per mitigare il rischio.
Il primo dei 2 studi è dedicato al terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, il secondo al terremoto che ha sconvolto il Sud della Cina (sisma di Sichuan) il 12 maggio del 2008.
La possibilità di prevedere i terremoti
Per spiegare la scoperta dell’Università di Parma, è necessario partire dalle basi. La superficie terrestre è formata da un mosaico di placche tettoniche che si muovono in direzioni diverse a velocità comprese fra pochi millimetri e alcuni centimetri all’anno. I movimenti tra placche in contatto fra loro generano un lento accumulo di energia, che viene improvvisamente rilasciata attraverso i terremoti. Il sisma dell’Aquila, per esempio, ha rilasciato energia accumulata nel tempo lungo parte degli Appennini generata dal moto tra la Placca Adria (che comprende l’Italia centrale e settentrionale) e quella africana.
Nella comunità scientifica, è ormai consolidata da tempo l’idea che i movimenti tra placche siano alla base dello sviluppo dei terremoti. Gli scienziati hanno però sempre assunto che non fosse vero il contrario, ovvero che i sismi e la loro lenta fase preparatoria di accumulo di energia (ciclo sismico) non avessero effetto sui movimenti delle placche.
Studi molto recenti, inclusi quelli dell’Università di Parma, dimostrano invece che i terremoti hanno effetti sui moti delle placche, per di più misurabili. Secondo tali ricerche, questi effetti sono rilevabili da misure Gps anche diversi anni prima che il sisma si manifesti. L’articolo sul terremoto dell’Aquila, per esempio, ha dimostrato la presenza di un rallentamento del 20% del moto della Placca Adria nei 6 anni precedenti al sisma del 2009.
Le parole del ricercatore
Come ha spiegato il primo autore di entrambi gli studi Giampiero Iaffaldano, professore di Geofisica dell’Università di Parma, “solitamente si cercano segnali precursori nei mesi o nei giorni precedenti i grandi terremoti, e nelle immediate vicinanze di faglie notoriamente attive. Questi studi – ha proseguito – dimostrano che il ciclo sismico, ovvero il lento accumulo di energia seguito dalle scosse, è in grado di modificare il moto di intere placche tettoniche”.
“Il ciclo – ancora Iaffaldano – viene misurato negli anni attraverso reti di stazioni Gps dislocate a centinaia o addirittura migliaia di chilometri di distanza da quello che sarà in seguito l’epicentro”. Questo significa che “ci sono segnali potenzialmente precursori avvistabili anni prima e a grandi distanze dai grandi terremoti”.
E ha concluso: “La prospettiva di sfruttare questi segnali nelle valutazioni di rischio sismico è qualcosa di assolutamente nuovo”.