Canto V Inferno di Dante: analisi e figure retoriche
Nel quinto canto dell’Inferno della Divina Commedia, Dante Alighieri prosegue il suo viaggio attraverso i cerchi infernali, giungendo al secondo cerchio, dove sono puniti i lussuriosi. Questo canto è particolarmente celebre per l’incontro con le anime di Paolo e Francesca, il cui tragico amore rappresenta uno dei momenti più toccanti dell’intero poema.
- Canto 5 dell'Inferno: sintesi narrativa
- L'analisi e la struttura
- I personaggi principali del 5° canto dell'Inferno
- Le figure retoriche
- Il tema dell’amore e del peccato nel canto 5
- Un’interpretazione psicologica
Canto 5 dell’Inferno: sintesi narrativa
Dante e Virgilio scendono nel secondo cerchio dell’Inferno, un luogo più angusto ma carico di sofferenza. Qui incontrano Minosse, il giudice infernale, descritto con un aspetto terrificante e una lunga coda con cui determina il destino delle anime dannate. Minosse avvolge la sua coda intorno al corpo tante volte quanti sono i cerchi che l’anima deve scendere, indicando così la sua collocazione nell’Inferno.
Superato Minosse, i due poeti si trovano in un luogo buio, dove un’incessante bufera trascina le anime dei lussuriosi, coloro che in vita hanno sottomesso la ragione al desiderio carnale. Queste anime sono eternamente sospinte dal vento, senza mai trovare pace. Dante nota alcune figure illustri tra i dannati, come Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena di Troia, Achille e Paride.
Tra queste anime, l’attenzione di Dante è catturata da due spiriti che si muovono insieme, distinti dagli altri per la loro unione. Con il permesso di Virgilio, Dante li chiama a sé, e così incontra Francesca da Rimini e Paolo Malatesta. Francesca racconta la loro storia d’amore, nata dalla lettura della vicenda di Lancillotto e Ginevra, e culminata in un bacio fatale. Scoperti e uccisi dal marito di lei, Gianciotto Malatesta, sono ora condannati a essere trascinati per l’eternità dalla bufera infernale.
Il racconto di Francesca commuove profondamente Dante, che, sopraffatto dalla pietà e dal dolore, perde i sensi e cade a terra come corpo morto.
L’analisi e la struttura
Il quinto canto dell’Inferno si distingue per la sua struttura compatta e per l’intensa carica emotiva. Si apre con la discesa nel secondo cerchio e l’incontro con Minosse, proseguendo con la descrizione della pena dei lussuriosi e culminando nel dialogo con Francesca e Paolo.
La figura di Minosse, giudice infernale, rappresenta la giustizia divina che assegna a ciascuno la pena proporzionata al proprio peccato. La sua presenza sottolinea l’inevitabilità del giudizio e la severità della condanna.
La pena dei lussuriosi, trascinati eternamente da una bufera, simboleggia l’incapacità di controllare le passioni in vita, che ora si riflette in una condizione di perenne instabilità e tormento. Il vento incessante rappresenta la forza del desiderio che ha travolto la ragione.
Il dialogo con Francesca e Paolo occupa una parte centrale del canto ed è caratterizzato da un linguaggio dolce e appassionato. Francesca parla dell’amore come una forza irresistibile, citando il celebre verso: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, indicando come l’amore reciproco sia inevitabile. La loro storia mette in luce il conflitto tra passione e ragione, e come la cedevolezza al desiderio possa condurre alla dannazione.
La reazione di Dante, che sviene per la compassione, evidenzia la sua profonda empatia e la complessità del giudizio morale nei confronti dei peccatori. Questo episodio solleva interrogativi sulla natura del peccato e sulla misericordia divina.
I personaggi principali del 5° canto dell’Inferno
Nel quinto canto, Dante introduce diverse figure chiave che arricchiscono la narrazione e offrono spunti di riflessione sul tema della lussuria e delle sue conseguenze.
Minosse: raffigurato come un giudice mostruoso con una lunga coda, Minosse ascolta la confessione delle anime e decide il loro destino avvolgendo la coda intorno al corpo tante volte quanti sono i cerchi che l’anima deve scendere. La sua presenza simboleggia la giustizia inesorabile e la consapevolezza dei peccati commessi.
Francesca da Rimini e Paolo Malatesta: protagonisti di una delle storie d’amore più celebri della letteratura, rappresentano l’amore passionale che travolge la ragione. Francesca, sposata con Gianciotto Malatesta, si innamora del cognato Paolo. La loro relazione adulterina culmina in tragedia quando vengono scoperti e uccisi da Gianciotto. La loro pena nell’Inferno riflette la tempesta emotiva che li ha condotti al peccato.
Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena di Troia, Achille, Paride, Tristano: queste figure storiche e mitologiche sono citate come esempi di lussuria e passione incontrollata. Ognuno di loro ha una storia legata all’amore che ha portato a conseguenze drammatiche, sottolineando come la sottomissione al desiderio possa condurre alla rovina personale e al disordine sociale.
Le figure retoriche
Dante arricchisce il quinto canto con una varietà di figure retoriche che amplificano l’intensità emotiva e la vividezza delle descrizioni.
Dante arricchisce il quinto canto con una varietà di figure retoriche che amplificano l’intensità emotiva e la vividezza delle descrizioni. La similitudine è una delle tecniche più ricorrenti in questo canto. Un esempio significativo si trova nella descrizione della pena dei lussuriosi, il cui movimento incessante nella bufera infernale è paragonato a quello degli storni sospinti dal vento: “E come gli stornei ne portan l’ali / nel freddo tempo, a schiera larga e piena.” Questo confronto rende visibile il loro stato di eterna instabilità e il dominio della passione sulla ragione, esattamente come gli uccelli si muovono senza un controllo preciso, trascinati dal vento.
L’allitterazione contribuisce a creare un effetto sonoro che intensifica il ritmo del verso e sottolinea il dolore e la sofferenza delle anime dannate. Ad esempio, nella frase “io venni in loco d’ogne luce muto”, la ripetizione della consonante “l” enfatizza la desolazione e l’oscurità dell’ambiente infernale.
La metafora è impiegata in più punti del canto, specialmente quando Dante descrive il vento impetuoso che avvolge i lussuriosi. La bufera infernale diventa l’emblema della passione incontrollata, che ha trascinato queste anime alla rovina. Anche l’espressione “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, pronunciata da Francesca, è una metafora potente: qui l’amore viene personificato come una forza invincibile, che domina gli esseri umani senza lasciare loro possibilità di scelta.
L’iperbato, ovvero l’inversione dell’ordine naturale delle parole, è presente soprattutto nel discorso di Francesca, dove il suo linguaggio ricercato e solenne accentua il tono tragico della narrazione. Ad esempio, nell’espressione “Amor condusse noi ad una morte”, la costruzione enfatizza la fatalità del destino di Paolo e Francesca, legando indissolubilmente il loro amore alla loro fine.
Infine, il canto si chiude con un uso significativo dell’enfasi drammatica. La reazione di Dante alla storia di Francesca, che lo porta a svenire per la commozione, è un artificio narrativo che sottolinea la potenza emotiva del racconto. Il verbo “caddi” posizionato alla fine del canto chiude la scena con una caduta simbolica, che riflette il turbamento interiore del poeta e l’intensità della tragedia appena ascoltata.
Il tema dell’amore e del peccato nel canto 5
Il quinto canto dell’Inferno affronta in modo complesso il tema dell’amore e del peccato. Francesca descrive l’amore in termini quasi mistici, attribuendogli una forza superiore alla volontà umana. Tuttavia, la sua visione è in contrasto con il giudizio divino, che la considera colpevole. Questo crea un’ambiguità morale che ha reso la vicenda di Paolo e Francesca tra le più discusse e affascinanti della Divina Commedia.
Dante stesso appare turbato dalla loro sorte, e il suo svenimento finale suggerisce una partecipazione emotiva che mette in discussione la rigidità della giustizia infernale. Il canto quindi solleva interrogativi profondi sul rapporto tra passione e colpa, sulla responsabilità morale e sulle conseguenze dell’amore non regolato dalla ragione.
Un’interpretazione psicologica
Oltre alla sua portata teologica e morale, il quinto canto può essere letto anche in chiave psicologica. Francesca è un personaggio che racconta la propria storia con parole struggenti e persuasive, cercando di suscitare la pietà di Dante e del lettore. La sua narrazione è costruita in modo da enfatizzare l’inevitabilità dell’amore e la crudeltà della sua sorte. Tuttavia, Dante non permette mai che il lettore dimentichi la sua condizione di dannata: la sua retorica è affascinante, ma il vento che la trascina senza tregua è il segno di una punizione eterna.
La figura di Minosse, con la sua coda serpentina che decide il destino delle anime, rappresenta la consapevolezza del peccato e il giudizio che segue ogni azione umana. La scena del tribunale infernale può essere letta come un’allegoria della coscienza umana, che valuta e determina le conseguenze delle scelte compiute in vita.