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Zefiro torna e 'l bel tempo rimena di Petrarca: analisi

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Nel sonetto Zefiro torna e ‘l bel tempo rimena, Francesco Petrarca dipinge con straordinaria grazia il risveglio della natura sotto l’influsso primaverile di Zefiro, il vento tiepido che porta con sé il ritorno della vita e della bellezza.

Tuttavia, mentre il mondo si rinnova in un’esplosione di luce e armonia, il poeta rimane imprigionato nel proprio dolore amoroso: il contrasto tra la gioia della natura e la sua sofferenza interiore crea un effetto struggente, sottolineando l’inconciliabilità tra il mondo esterno e il tormento dell’anima. Il sonetto, caratterizzato da un ritmo fluido e immagini vivide, incarna perfettamente la sensibilità petrarchesca, dove la bellezza diventa specchio di una malinconia inestinguibile.

Zephiro torna e ‘l bel tempo rimena: testo e parafrasi

Testo:

Zephiro torna, e ‘l bel tempo rimena,
e i fiori et l’erbe, sua dolce famiglia,
et garrir Progne et pianger Filomena,
et primavera candida et vermiglia.

Ridono i prati, e ‘l ciel si rasserena;
Giove s’allegra di mirar sua figlia;
l’aria et l’acqua et la terra è d’amor piena;
ogni animal d’amar si riconsiglia.

Ma per me, lasso, tornano i più gravi
sospiri, che del cor profondo tragge
quella ch’al ciel se ne portò le chiavi;

et cantar augelletti, et fiorir piagge,
e ‘n belle donne oneste atti soavi
sono un deserto, et fere aspre et selvagge.

Parafrasi:

Zephiro ritorna e riporta il bel tempo, insieme ai fiori e alle erbe, sua dolce compagnia, al garrire di Progne (la rondine) e al pianto di Filomena (l’usignolo), e alla primavera dai colori bianchi e rossi.

I prati sorridono e il cielo si rischiara; Giove si rallegra nel guardare sua figlia (Venere); l’aria, l’acqua e la terra sono piene d’amore; ogni animale si dispone ad amare.

Ma per me, ahimè, ritornano i più profondi sospiri, che dal profondo del cuore trae colei che al cielo ha portato le chiavi;

e il canto degli uccelletti, e il fiorire delle rive, e in belle donne oneste gesti soavi sono per me un deserto, e fiere aspre e selvagge.

Zefiro torna e ‘l bel tempo rimena: contesto e significato

Questo sonetto appartiene alla sezione “In morte di Laura" del Canzoniere di Petrarca, una raccolta di 366 componimenti che esplorano le sfumature dell’amore e della perdita. Composto dopo la morte di Laura, avvenuta nel 1348, il sonetto riflette il profondo dolore del poeta di fronte al rinnovarsi della natura in primavera. Mentre il mondo intorno a lui si risveglia e celebra la rinascita, Petrarca si sente isolato nel suo lutto, incapace di condividere la gioia universale.

Il significato centrale del sonetto risiede nel contrasto tra l’armonia della natura e il tormento interiore del poeta. Mentre tutto intorno a lui fiorisce e si rinnova, Petrarca è intrappolato nel ricordo di Laura, sentendo che la sua assenza rende il mondo vuoto e privo di significato. Questo dualismo sottolinea la tensione tra la bellezza esterna e il dolore interno, evidenziando la condizione umana di fronte alla perdita e alla memoria.

Metrica, struttura e analisi

Il sonetto segue la forma metrica tradizionale petrarchesca, composta da quattordici versi endecasillabi suddivisi in due quartine e due terzine, con schema rimico ABAB ABAB CDC DCD. La struttura bipartita del sonetto riflette il contrasto tematico: le prime due quartine descrivono il risveglio primaverile della natura, mentre le terzine esprimono il dolore personale del poeta.

Nelle quartine, Petrarca utilizza una serie di immagini vivide per rappresentare la rinascita primaverile: il ritorno di Zephiro, il vento primaverile; il fiorire dei prati; il canto degli uccelli; e la serenità del cielo. Queste immagini creano un’atmosfera di gioia e rinnovamento.

Nelle terzine, il tono cambia drasticamente. Il poeta introduce il proprio dolore con l’esclamazione “Ma per me, lasso", segnalando una svolta rispetto alla descrizione precedente. I sospiri profondi, il ricordo di Laura che ha portato con sé le “chiavi" del suo cuore, e la percezione delle bellezze naturali e dei gesti soavi delle donne come un “deserto" e “fiere aspre et selvagge" evidenziano la dissonanza tra il mondo esterno e il suo stato d’animo interiore.

Le figure retoriche

Petrarca arricchisce il sonetto con diverse figure retoriche che amplificano l’espressività del testo. L’anafora del verbo “torna" nel primo verso sottolinea il ciclo perpetuo della natura, in contrasto con l’immutabilità del dolore del poeta. Le personificazioni di Zephiro, Progne, Filomena e della primavera stessa attribuiscono qualità umane agli elementi naturali, creando un legame più stretto tra l’uomo e la natura.

L’antitesi è una figura centrale nel sonetto, evidenziata dal contrasto tra la vivacità della primavera e la desolazione interiore del poeta. Ad esempio, mentre “ridono i prati" e “il ciel si rasserena", per Petrarca questi stessi elementi diventano “un deserto et fere aspre et selvagge". Questo contrasto accentua la percezione di alienazione del poeta, che si sente estraneo alla gioia del mondo circostante.

Un’altra figura retorica di rilievo è la metafora presente nell’espressione “quella ch’al ciel se ne portò le chiavi", con cui Petrarca si riferisce a Laura. L’immagine delle “chiavi" suggerisce l’idea che la donna, con la sua morte, abbia portato via la possibilità stessa della felicità del poeta, lasciandolo privo di accesso alla gioia e all’amore.

L’enjambement, particolarmente evidente nei versi 9-10, enfatizza la continuità del dolore di Petrarca, che si prolunga oltre la struttura metrica, dando un senso di inarrestabilità e sofferenza perpetua.

Il sonetto è inoltre arricchito da allitterazioni e assonanze, che contribuiscono alla musicalità del componimento. L’uso frequente di suoni dolci nelle quartine, come la ripetizione della “r" e della “l" in “Zephiro torna e ‘l bel tempo rimena", riflette l’armonia della natura, mentre nelle terzine il suono diventa più aspro, riflettendo il dolore del poeta.

Il tema del contrasto tra natura e sofferenza interiore

Uno degli aspetti più affascinanti di Zephiro torna e ‘l bel tempo rimena è il modo in cui Petrarca utilizza il contrasto tra natura e sentimenti personali per esprimere la sua sofferenza. La primavera, tradizionalmente simbolo di rinascita e gioia, diventa per il poeta un motivo di maggiore angoscia.

Mentre la natura segue il suo corso ciclico e si rinnova ogni anno, l’animo umano non può fare lo stesso. Petrarca si sente bloccato in un dolore eterno, incapace di lasciarsi alle spalle la perdita di Laura. Questo conflitto tra esterno e interno, tra il ciclo naturale e l’immutabilità del dolore, è un tratto distintivo della sua poetica.

L’idea che la felicità sia accessibile a tutti gli esseri viventi tranne che al poeta rafforza il senso di isolamento esistenziale. Anche la bellezza femminile e i “gesti soavi" delle donne, che in altri momenti avrebbero potuto ispirare amore e serenità, diventano per lui simboli di dolore e distacco.

La mappa concettuale

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