Edgar Degas, vita e opere del pittore impressionista
Artista sui generis e impareggiabile, passato alla storia per le sue ballerine, ha rappresentato alla perfezione lo spirito di Parigi nella sua epoca
Edgar Degas è stato uno dei più grandi artisti francesi. Conosciuto come “il pittore delle ballerine”, è stato anche scultore e disegnatore, tecnica nella quale eccelleva. Viene annoverato tra gli esponenti di spicco dell’Impressionismo, ma la sua adesione ai principi cardine del movimento pittorico di fine Ottocento non fu piena e totale. Impressionista “sui generis”, Degas è forse stato il più realista degli impressionisti, se non addirittura il meno impressionista degli impressionisti. Nutriva una profonda diffidenza per la pittura “en plein air” e la sua immediatezza, considerandola superficiale, preferendo creare le sue tele a studio, sulla base di schizzi e appunti.
“Se fossi al governo, istituirei un reparto speciale della gendarmeria solo per tenere d’occhio gli artisti che dipingono all’aperto i propri paesaggi”.
Scarsamente interessato a “catturare” la luce naturale sui soggetti, non amava stare all’aria aperta e aveva rivolto la sua ricerca soprattutto allo studio degli effetti della luce artificiale, dedicando i suoi dipinti ai protagonisti del mondo dello spettacolo, come cantanti, musicisti e ballerine, ritratti agli interni dei locali di ritrovo.
Nelle sue opere rivive l’anima di una Parigi elegante, romantica, dall’anima snob e decadente. D’altro canto, nessuno meglio di lui avrebbe potuto rappresentare questo mondo. Parigino al cento per cento e di famiglia benestante, avrebbe avuto la possibilità di entrare nell’establishment artistico dell’epoca, ma vi rinunciò per orgoglio e per il desiderio di sentirsi completamente indipendente, come la sua arte, tramite la quale è riuscito a rappresentare lo spirito di un’epoca.
Biografia
Edgar Hilaire Germain nasce a Parigi il 19 luglio 1834, primo dei cinque figli di Pierre Auguste de Gas e di Celestine Musson. I De Gas erano una famiglia nobile, cavalieri del prestigioso ordine degli Orleans, mentre la famiglia Musson, di origine creola, controllava una fiorente industria per l’importazione del cotone a New Orleans, negli Stati Uniti.
La morte improvvisa della madre, è un colpo terribile per il tredicenne Edgar, che sta frequentando il prestigioso Lycée Louis-le-Grand, dove riceve un’educazione classica dal 1845. Il giovane inizia a mostrare un’evidente predisposizione per il disegno, ma prosegue gli studi assecondando la volontà paterna e iscrivendosi a giurisprudenza. La sua vera passione risiede però altrove: già in quegli anni è assiduo frequentatore del “Cabinet des Estampes de la Biblioteque National”, dove si perde nella contemplazione delle stampe delle opere dei grandi pittori del passato, e nonostante la laurea si fa registrare come copista al Louvre, dove riceve la sua vera formazione, trascorrendo giornate intere a realizzare copie dei grandi maestri come Mantegna, Rembrandt e Goya.
Sorprendentemente, rispetto ai clichés ottocenteschi, il padre Auguste, anche lui estimatore e appassionato di arte, vinte le iniziali resistenze, diventa un grande sostenitore dell’interesse per la pittura manifestato dal figlio Edgar, assecondandolo con energia e calore e incoraggiandolo ad entrare alla Scuola di Belle Arti. Tuttavia, Degas si sente presto soffocato dalla sterilità dell’insegnamento accademico e dopo nemmeno sei mesi di frequentazione lascia la scuola e parte per l’Italia, dove, sulle orme del suo idolo Ingres, ritiene di poter ampliare i propri orizzonti formativi, studiando, l’arte antica e i maestri del Rinascimento.
Al suo ritorno è ormai un pittore autonomo, originale, aperto alle innovazioni. Una in particolare cattura la sua attenzione, la macchina fotografica, vista come un’alternativa alla classica prospettiva di origine rinascimentale alla quale si ispirerà in diversi suoi dipinti. Nel 1862 incontra Manet, con il quale condivide una crescente insofferenza per i Salon e che lo introduce nella cerchia degli Impressionisti. Tra i due nascerà una solida e sincera amicizia, destinata a durare per tutta la vita.
Nel 1870, con lo scoppio della guerra franco-prussiana, Degas si arruola nell’artiglieria della Guardia Nazionale. Proprio sotto le armi contrae un’infezione all’occhio destro, che nel corso degli anni si estenderà all’occhio sinistro e progressivamente lo porterà alla cecità.
La fine del conflitto con i prussiani non significa tregua però, perché la Francia è scossa da una violenta guerra civile. Degas decide allora di allontanarsi, trasferendosi prima a Londra e poi negli Stati Uniti, sbarcando a New York ma proseguendo fino a New Orleans, per raggiungere i parenti materni.
Tornato in Francia, Degas nel 1874 perde il padre, scoprendo che l’eredità è composta soprattutto da debiti. Il pittore deve vendere la casa ed è costretto a cercare acquirenti per le proprie opere. È in queste circostanze che fa la conoscenza di Monet, sostenendone con fervore l’idea di organizzare una mostra collettiva autofinanziata. Il 15 aprile 1874, Degas presenta ben dieci quadri in quella che è passata alla storia come la prima mostra degli Impressionisti, insieme ai quali continuò ad esporre fino al 1886 nonostante i vivaci scambi di vedute con il gruppo, di cui non condivideva le idee di fondo.
La scomparsa dell’amico fraterno Manet lo deprime terribilmente e le precarie condizioni della sua vista lo spingono a ritirarsi a vita privata e a dedicarsi sempre più alla scultura rispetto alla pittura, che nonostante il passaggio dall’olio al pastello è diventata sostanzialmente impraticabile. Nel 1893 viene organizzata la sua prima ed unica mostra personale, prima della morte per aneurisma cerebrale sopraggiunta il 26 dicembre 1917, nella tetra atmosfera di un inverno di guerra.
L’artista
Degas è oggi universalmente riconosciuto come il grande maestro delle figure in movimento, un abilissimo disegnatore e un grande innovatore nell’arte del ritratto. Anche se alcuni critici dell’epoca riconobbero ben presto le sue qualità artistiche, il vero e proprio successo gli fu tributato solamente negli ultimi anni della sua vita e, definitivamente, dopo la sua morte.
Degas amava definirsi un “realista”, tanto è che, in occasione dell’ottava mostra degli impressionisti, realizzata nel 1886, egli pretese che la stessa fosse presentata come una “esposizione di un gruppo di artisti indipendenti, realisti e impressionisti”. Anche come “realista”, però, sceglie uno stile tutto suo: mentre Manet amava lavorare d’istinto, “fare di getto ciò che si vede”, Degas, mettendo continuamente in discussione il suo lavoro, sosteneva: “Io non so nulla dell’ispirazione, della spontaneità, del temperamento, quel che faccio è il risultato della riflessione e dello studio dei grandi maestri”. E in effetti le sue “ballerine”, le sue “donne facendo toletta” sembrano lavori fatti in sequenza cinematografica, resi affascinanti da tagli altamente innovativi, impaginazioni decentrate e inconsuete angolazioni, frutto di un lavoro certosino e ripetitivo: “Bisogna rifare dieci volte, cento volte lo stesso soggetto. Nulla in arte deve sembrare casuale, nemmeno il movimento”.
“La pittura non è molto difficile, quando non si sa…Ma se la si conosce…oh! allora!…È tutta un’altra cosa”.
L’Assenzio
E’ il più importante dipinto di Edgar Degas e rappresenta il crescente isolamento sociale nella Parigi del suo tempo. Ambientato all’interno del Café de la Nouvelle Athènes, presenta una composizione volutamente squilibrata verso destra per dare il senso di una visione improvvisa e casuale. Il punto di vista è quello decentrato di un osservatore che, seduto a un altro tavolino, può guardare senza essere visto, riuscendo così a cogliere la naturalezza e la spontaneità di ogni azione. I due personaggi, che in realtà sono la famosa attrice Ellen Andrée e l’artista boemo Marcellin Desboutin, interpretano il ruolo di due miserabili, una prostituta vestita in modo vistoso, e un barbone dall’aria molto trasandata. Davanti alla donna, sul tavolo, un bicchiere di assenzio, e davanti all’uomo un calice di vino. Entrambi hanno lo sguardo perso nel vuoto, e pur essendo seduti accanto appaiono fra loro lontanissimi, incapaci di comunicare. L’atmosfera è pesante come lo stato d’animo che traspare dai due personaggi.
Lezioni di danza
nastrini di raso al collo. Il tono complessivamente neutro del parquet e delle pareti contribuisce a dare all’ insieme un
senso di pacato realismo, tipico di tutti gli interni dell’artista.
nastrini di raso al collo. Il tono complessivamente neutro del parquet e delle pareti contribuisce a dare all’ insieme un
senso di pacato realismo, tipico di tutti gli interni dell’artista.
È il primo di una serie di dipinti dedicati alle ballerine, ma contiene in sé già tutti i temi della maturità artistica di Degas, che immortala il momento in cui una giovane ballerina sta provando un passo di danza sotto l’occhio vigile del maestro, mentre le altre ragazze attendono il loro turno. Il taglio è di tipo fotografico, alcune figure addirittura fuoriescono parzialmente dall’inquadratura, dando la sensazione di un’immagine realizzata di getto. E invece l’opera è frutto di quasi tre anni di un duro lavoro di atelier, condotto su decine di schizzi preparatori. I gesti delle ballerine sono colti con attenzione quasi ossessiva: quella con il fiocco giallo- oro seduto sul pianoforte si sta grattando la schiena con la mano sinistra; quella di spalle con il fiocco rosso fra i capelli, si sta sventolando con un ventaglio, un’altra è alle prese con l’orecchino, mentre c’è chi sistema l’acconciatura, chi ride e chi osserva e basta. La fonte principale di luce fornita da un finestrone a destra, situato fuori dalla scena, mentre il tono neutro del parquet e delle pareti forniscono all’ insieme un senso di pacato realismo, tipico di tutti gli interni dell’artista.
La tinozza
E’ uno dei dipinti che Degas dedica alla “toletta delle donne” e rappresenta una figura femminile nuda, colta però in una posa quotidiana e non studiata. La protagonista si sta lavando con una spugna in una tinozza e pare proprio non essersi accorta del pittore. Due brocche e una spazzola sono posate su una mensola, che divide lo spazio pittorico e giustifica la rappresentazione dall’alto dell’attività della donna, che, come in tutte le altre opere raffiguranti nudi femminili, ha il volto nascosto, come fosse un elemento secondario nella rappresentazione dell’opera. Il profilo del corpo accovacciato richiama la forma circolare della tinozza, dalla quale si stacca per il contrasto di colore. La schiena piegata dà al corpo un movimento ad arco. Degas non vuole rappresentare la donna nella bellezza idealizzata, ma nella vita di tutti i giorni, così il nudo non risulta volgare né provocante, ma molto naturale. Degas dipinge questa scena con i pastelli e, tramite l’incrocio del tratteggio, ottiene tridimensionalità.
L’interno
Rappresenta l’opera più misteriosa e sconcertante di Degas, un dipinto cui gli esperti ancora non hanno dato una spiegazione univoca e del quale l’autore non apprezzava la modifica del titolo in “Lo Stupro”. Sulla sinistra è raffigurata una donna in sottoveste, accasciata su una sedia. Il corsetto abbandonato sul pavimento, il letto intatto, le forbici aperte sul tavolo a fianco ai monili e la fodera della scatola tinta di un rosso macabro sono indizi molto eloquenti dell’episodio che si è appena consumato. A destra del dipinto, incombe minacciosamente la figura di un uomo, che osserva silenziosamente la scena con occhi scintillanti proiettando un’ombra scura e inquietante. Magistrale in questo caso il sapiente dosaggio tra il buio, crudo e minaccioso, e la luce fioca dell’abat-jour e del fuoco del caminetto.
Piccola danzatrice di 14 anni
Apostrofata come “scimmia” al momento della sua esposizione, la scultura più nota di Degas è oggi considerata un raro capolavoro. Rappresenta una ballerina in attesa, con il volto proteso verso l’alto, la gamba destra avanzata di mezzo passo, la capigliatura di crini di cavallo raccolta in un elegante fiocco, il busto eretto, il piede destro ruotato a squadra e le mani incrociate dietro la schiena. La testa è lievemente piegata da un lato, il mento rialzato quasi sprezzante, ma lo sguardo appare stanco. L’artista mostra con spietato realismo i segni lasciati sul corpo dell’adolescente dal duro lavoro della danza, portando all’estremo la logica del realismo. La modella fu una giovane ballerina di nome Marie Geneviève van Goethem.