Martelletto del giudice in un'aula di tribunale Fonte foto: 123RF
Proverbi

Perde le lacrime chi piange davanti al giudice

Piangere in tribunale non è un comportamento virtuoso, e sono almeno due i significati che si possono trovare per questo antico proverbio tradizionale

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Ci sono molti proverbi che parlano di colpa e pentimento, con una visione della giustizia che si discosta in maniera evidente dal nostro ordinamento, che è garantista, e per cui ogni persona è innocente fino al verdetto del giudice e a una sentenza di condanna. La saggezza popolare ha le sue radici in società ben più pragmatiche della nostra, dove non c’era tempo per lunghi processi, e forse anche per l’umana empatia. Proprio in questo scenario è possibile inquadrare la nascita del proverbio secondo il quale “Perde le lacrime chi piange davanti al giudice“.

Il significato di questo proverbio

Un bravo giudice deve essere imparziale e non deve lasciarsi influenzare dall’atteggiamento di un imputato, che può cercare di fare leva sulla pietà per nascondere la propria colpevolezza. “Perde le lacrime chi piange davanti al giudice” vuol dire che è inutile mettere in scena un dramma davanti a prove e fatti che indicano il proprio coinvolgimento in un evento negativo o illegale. Il giudice del proverbio potrebbe inoltre essere Dio, che per sua natura conosce il passato di ogni uomo. Inutile provare a mentirgli.

Altri significati del proverbio

Un’altra interpretazione di questo proverbio è invece quella che riguarda il pentimento. “Perde le lacrime chi piange davanti al giudice” può infatti riferirsi a un dispiacere sincero rispetto alle proprie azioni, ma che arriva troppo tardi. Piangere dopo aver commesso un crimine e, per estensione, un torto a una persona cara, non ha senso. Sarebbe meglio pensarci prima, invece di pentirsi dopo. Farlo metaforicamente in tribunale, e quindi quando il reato è stato scoperto dalle forze dell’ordine al termine di un’indagine, non è un comportamento virtuoso.

Altri proverbi simili a questo

Sono innumerevoli i proverbi che trattano di pentimento e di pena, e che riguardano la figura del giudice. Spesso questa è sostituita da quella di Dio. Ad esempio nel detto, di origine religiosa, secondo cui “A credenti Dio paga i debiti“. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, infatti, questa frase ha poco a che fare con i debiti economici e in generale l’aspetto economica della vita, e riguarda invece le colpe degli uomini davanti a Dio, e quindi i peccati.

Tanti detti della saggezza popolare mettono invece in guardia dai comportamenti che celano altri intenti, come il finto pentimento davanti al giudice, che si manifesta con un pianto drammatico e costruito. “Occhi bassi e cuor contrito, la bizzoca vuol marito” ha esattamente questa funzione. E, tornando alle lacrime, l’adagio più famoso che parla di esse è sicuramente quello che recita che “È inutile piangere sul latte versato“.

Significato

È inutile piangere davanti a un giudice. La sua figura istituzionale prevede infatti la totale imparzialità e autonomia. Una sceneggiata servirà a poco per diminuire la pena. Anche un pentimento sincero, che si manifesta con le lacrime, se arriva in tribunale, e quindi quando il reato è stato scoperto, è tardivo e inutile. Per estensione, non ha senso piangere davanti alla persona a cui abbiamo fatto un torto, anche se siamo profondamente dispiaciuti.

Origine

Non è chiaro quando e dove si sia originato questo proverbio. Tuttavia quello di non piangere davanti al giudice è un consiglio che viene dato dai legali di tutto il mondo ai propri assistiti. Le lacrime potrebbero sembrare costruite e far apparire l'imputato o il testimone come particolarmente nervoso e agitato, invece di far provare pietà a chi deve emettere la sentenza.