Vissuta come una costrizione da alcuni studenti, la scuola è uno dei luoghi più importanti della nostra società. Non ha però sempre avuto le caratteristiche che presenta oggi, tutt’altro. Guardando al passato, passando dall’Asia alla Grecia, siamo giunti fino alle origini dell’Italia moderna, così da rendere chiaro come sia nata la scuola e chi l’abbia inventata e fatta evolvere.
Scuola: le origini
Iniziamo col rivolgere una certa attenzione al termine scuola. Questo deriva dal latino schola, che a sua volta proviene dal greco antico scholèion. In antichità il suo significato era "tempo libero", per poi mutare concettualmente in "luogo nel quale trascorrere gran parte del tempo libero". Una definizione che mira a descrivere uno spazio in cui spendere molte ore a discutere di scienza, filosofia e non solo.
È quindi evidente come la concezione di fondo sia ben differente. L’elemento che si evidenzia più facilmente è la mancanza di una struttura ben delineata. In una data fase della storia dell’uomo la scuola rappresentava un momento di accrescimento personale attraverso il confronto con gli altri. Per giungere all’istituzione che oggi conosciamo, si è passati attraverso un tortuoso percorso.
Il primo sistema scolastico viene fatto risalire ai Sumeri nel 3500 a.C. circa. Siamo in quello che si definisce mondo antico, poco dopo l’invenzione della scrittura. Il termine utilizzato allora per definire questo luogo era "edubba", che possiamo tradurre come "casa delle tavolette". Il riferimento è a delle tavolette vere e proprie realizzate in argilla umida e in seguito essiccata e cotta.
Niente studenti di sesso femminile. Gli alunni erano maschi e generalmente impegnati in un percorso che li avrebbe resi scribi, sacerdoti e, in alcuni casi, amministratori. L’educazione era severa e gli insegnati tutt’altro che permissivi. Si mirava a imporre un dato sistema nella mente dei giovani, così da renderli utili al regno. Ogni metodo era concesso e le punizioni corporali erano all’ordine del giorno.
Pochi giovani ammessi nell’edubba, con la maggior parte dei giovani destinata a lavorare. Un sistema rimasto tale in Asia Minore fino al V-IV secolo a.C. circa, quando lentamente si intravidero le prime forme di cambiamento.
Questo esempio venne seguito in svariate civiltà della Mesopotamia, così come nell’Antico Egitto, che rese gli scribi cruciali nella propria società. Facendo riferimento a quelle modifiche giunte svariati secoli dopo nel mondo sumero, in Persia l’istruzione prevedeva un impegno dei figli delle famiglie facoltose dai 7 ai 14 anni. Le materie previste erano svariate e i metodi meno duri. Dalla scrittura alla matematica, dalla religione all’astronomia, fino a una generale attenzione per il mondo fisico e militare, con tiro con l’arco, corsa, equitazione e non solo.
Antica Grecia e Impero Romano
Il vero rinnovamento del sistema scolastico antico giunse con il fiorire dell’Antica Grecia. Storicamente parlando, rivolgiamo l’attenzione alla fase tra il VI e il V secolo a.C., che vide la struttura accademica, se così possiamo definirla, risultare di maggior respiro, pur riservandola ancora a pochi privilegiati, maschi, con età compresa tra i 7 e i 18 anni.
Due le polis principali, Atene e Sparta, che vantavano differenti ordinamenti. Nel primo caso vi era il chiaro intento di formare al meglio i cittadini, così che potessero vantare capacità utili tanto in tempo di pace che di guerra. L’istruzione aveva inizio all’interno delle loro case, dove un precettore privato o uno schiavo aveva il compito di prendersi cura di loro, almeno fino all’approdo in una scuola elementare (già al tempo vi era una divisione tra pubblica o privata), con un percorso fino ai 14 anni d’età.
Le basi scolastiche erano rappresentate da lettura e scrittura, ma non ci si limitava a questo. Grande importanza veniva data infatti alla letteratura, concentrandosi soprattutto su Omero. Gli studenti studiavano e praticavano anche musica, con la lira che risultava essere uno degli strumenti preferiti. In seguito, avendone la possibilità, i giovani potevano decidere di proseguire con degli studi superiori. Tutti, però, avevano l’obbligo di prestare servizio militare per due anni, una volta raggiunti i 18 anni d’età.
Guardando al micro universo degli studi superiori, i più rilevanti, oltre a quelli garantiti dai sofisti, era quelli di Socrate, condannato a morte però con l’accusa di traviare i giovani del tempo. A lui si unisce in questa speciale classifica Platone, che fondò l’Accademia di Atene. Da ricordare poi ovviamente Aristotele, che fondò il Peripato.
Ben differente, invece, il sistema vigente a Sparta. I cittadini sottostavano alla legge di Licurgo e l’obiettivo del sistema scolastico era quello di formare un esercito forte che potesse garantire un’adeguata protezione allo Stato. Sotto quest’ottica, nessuna differenza veniva evidenziata tra maschi e femmine (le giovani donne si sottoponevano a duri addestramenti. Si riteneva che donne forti dessero alla luce figli forti. Si dedicavano attentamente al proprio corpo, per poi essere date in sposa a partire dai 18 anni).
Le basi minime venivano garantite, come lettura e scrittura, ma l’educazione aveva un indirizzo prevalentemente militare. Al centro vi era una preparazione fisica estenuante. Adottando questa prospettiva, non stupisce più di tanto che i bambini non integri fisicamente venissero abbandonati sul monte Taigeto. Non potevano risultare utili per il bene di Sparta.
Tutti gli altri dovevano entrare nella agothè a 7 anni. Suddivisi in reparti, un po’ come le nostre classi, imparavano a leggere e scrivere, apprendendo appena i miti omerici e le gesta patriottiche sul fronte della letteratura. L’ideale ultimo era quelli di renderli autonomi in situazioni di pericolo. Dovevano riuscire a sopravvivere, divenire abili combattenti e strateghi e, soprattutto, essere in grado di collaborare tra loro.
Veniva così creata una comunità dalle basi scolastiche identiche. Compiuti 18 anni, gli studenti entravano nell’esercito, vivendo insieme fino alla pensione. Il sistema prevedeva precisi step da seguire, come il matrimonio obbligatorio al compimento dei 30 anni.
Interessante il fatto che si procedesse a garantire la stessa disciplina ferrea anche per le donne, affatto escluse da tutto ciò. Si era convinti che madri forti potessero mettere al mondo figli altrettanto energici. Si dedicavano quindi al corpo e alla preparazione al matrimonio, cui erano destinate a partire dai 18 anni d’età. Da sottolineare anche la loro maggior libertà rispetto ad altre città greche. Potevano ad esempio spostarsi a piacimento, vivendo la propria vita, entro alcuni limiti.
Si registra poi un legame tra l’istruzione nell’Impero Romano e quella in Grecia. In antichità, infatti, i precetti venivano impartiti inizialmente dalla madre, per poi proseguire con il padre. Molti non avevano altra forma d’apprendimento, dedicandosi in seguito a svariate attività lavorative. Alcuni, privilegiati, potevano godere di un maestro privato, che nella maggior parte dei casi era greco.
Tali insegnanti erano i più in vista anche all’interno delle scuole, dove solo parte della popolazione giovanile poteva apprendere a leggere, scrivere e far di conto. Porte aperte all’istruzione anche per le ragazze, con un limite d’età fissato a 15 anni circa.
L’istruzione nel Medioevo e nell’età moderna
La scuola nel Medioevo guardava al passato, al tempo dei romani, analizzandone la divisione in educazione elementare, media e superiore e facendola propria. Nella prima fase ci si dedicava all’apprendimento di tre capacità fondamentali: leggere, scrivere e calcolo basico. Nella seconda fase si apprendevano anche latino e greco, così come la letteratura. A ciò si aggiungevano le prime nozioni di geografia, storia, astronomia e fisica. Nella terza fase, infine, si lasciava spazio a filosofia ed eloquenza.
Un sistema, occorre sottolinearlo, quasi totalmente nelle mani del mondo ecclesiastico. Si registra uno stravolgimento fondamentale per la nostra storia a partire dalla fine dell’VIII secolo. Il Sacro Romano Impero di Carlo Magno era in ascesa e il sovrano affidò la cura di una scuola ad Alcuino di York. Nacque così la Schola palatina di Aquisgrana.
Un centro culturale dall’enorme impatto internazionale, che riprendeva la lezione romana da una parte, iniziando a generare categorie proprie al tempo stesso. In questo periodo si ha la divisione dello studio tra Trivio e Quadrivio, ovvero le 7 arti liberali. Nel primo caso parliamo di grammatica, dialettica e retorica. Nel secondo, invece, di aritmetica, astronomia, geometria e musica.
La Schola palatina aveva però una funzionalità molto pratica, mirando principalmente alla formazione di funzionari. Per ottenere una classe di intellettuali che avesse seguito un preciso percorso accademico occorre attendere la nascita delle università. Siamo a cavallo tra il finire dell’XI e l’inizio del XII secolo. L’Italia non poteva che aveva un primato in ciò, con l’Università di Bologna dedicata al diritto, affiancata da Oxford e Parigi per teologia e filosofia.
Il gran salto verso la modernità del mondo dell’istruzione avviene con l’Illuminismo. Seppur in maniera graduale, venne avviato un processo di trasformazione, che portò la scuola a divenire tanto pubblica quanto laica. Un’operazione rivoluzionaria, atta a far decadere il dominio delle istituzioni religiose.
Si mirava all’alfabetizzazione delle masse, spingendo all’interno delle classi anche i bambini meno fortunati, non nati in famiglie facoltose. Un modo per ostacolare il lavoro minorile. Il sogno illuminista era quello di formare una cittadinanza che fosse pienamente consapevole, responsabile e in grado di comprendere e, dunque, decidere.
Ricordiamo il decreto del 1763 di Federico II, che obbligava i giovani dai 5 ai 14 anni a essere educati, senza distinzione tra maschi e femmine. Lo stesso avvenne nell’Impero austro-ungarico, dove Maria Teresa d’Asburgo optò per una fascia d’età tra i 6 a i 12 anni. Scorgiamo qui le origini del nostro sistema, pubblico, gratuito e obbligatorio, come ribadito durante la rivoluzione francese.