Il nome della rosa è il romanzo più famoso e conosciuto di Umberto Eco. Dal libro, che è stato un successo mondiale, fu tratto un film con Sean Connery e Christian Slater, divenuto un cult indimenticabile. Considerata un’opera senza tempo, fra le più importanti del Novecento, deve il suo successo anche al titolo particolare scelto da Eco. Perché si chiama così?
Il nome della rosa, le origini di un mito
Scritto nel 1980, Il nome della rosa è un romanzo giallo ambientato nel Trecento all’interno di un monastero benedettino. Ricco di sfaccettature e con vari livelli di lettura, ha una trama originale che ha conquistato milioni di lettori. Nel 1327 in un’abbazia benedettina alcuni monaci muoiono inspiegabilmente. Sul posto per indagare vengono inviati Guglielmo da Baskerville, monaco francescano ed ex inquisitore, e Adso da Melk, giovane novizio e voce narrante della storia. I due si troveranno a dover fare i conti con segreti e misteri, scoprendo che le morti ruotano tutte intorno a dei libri custoditi nella biblioteca. Il romanzo è colmo di citazioni colte e riferimenti letterari che, uniti alla modernità e all’intuito dei protagonisti, lo rendono incredibilmente interessante e unico nel suo genere.
Perché il nome della rosa si chiama così
Gran parte del fascino del romanzo di Eco deriva senza dubbio dal suo titolo. La scelta non fu casuale, come ha raccontato lo stesso scrittore, che stilò una lista prima di decidere quale sarebbe stato il titolo definitivo del libro. "Era l’ultimo di una lista che comprendeva tra gli altri L’abbazia del delitto, Adso da Melk eccetera – ha raccontato in una vecchia intervista a Repubblica -. Chiunque leggeva quella lista diceva che Il nome della rosa era il più bello".
Il tema della rosa viene ripreso anche nel finale del romanzo. Il libro infatti termina con una postilla voluta da Eco poco prima di andare in stampa. Essa recita: "Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus", che in italiano significa: "La rosa primigenia esiste solo nel nome, possediamo soltanto nudi nomi". In tanti hanno trovato nella rosa un riferimento diretto a William Shakespear e al suo "A rose by any other name".
Lo scrittore però ha smentito questa possibilità: "La mia citazione significa che le cose non esistono più e rimangono solo le parole. Shakespeare dice esattamente l’opposto: le parole non contano niente, la rosa sarebbe una rosa con qualunque nome", ha detto – […] All’inizio l’idea era di scrivere una specie di giallo. In seguito mi sono accorto che i miei romanzi non sono mai cominciati da un progetto, ma da un’immagine. E l’immagine che mi appariva era il ricordo di me stesso nell’Abbazia di Santa Scolastica, davanti a un leggio enorme che leggevo gli Acta Sanctorum e mi divertivo come un pazzo. Da qui l’idea di immaginare un benedettino in un monastero che mentre legge la collezione rilegata del manifesto muore fulminato. Troppo attuale e allora mi sono detto se non fosse stato meglio retrodatare tutto al medioevo. L’idea che un frate morisse sfogliando un libro avvelenato mi pareva efficace".