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Perché si dice “il gioco non vale la candela”?

In Italia si è soliti utilizzare l'espressione "il gioco non vale la candela", ma forse l'origine di questo modo di dire è sconosciuta ai più

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L’espressione "il gioco non vale la candela" è molto comune in Italia, ma non tutti conoscono l’origine precisa di questo popolare modo di dire. Esistono, infatti, diverse teorie legate a questo detto, che in linea generale sta a indicare un risultato ipotetico che, però, per essere raggiunto, implicherebbe sforzi e sacrifici ritenuti eccessivi.

Scopriamo ora insieme, in maniera più dettagliata, perché si dice "il gioco non vale la candela" e chi fu il primo a utilizzare questa particolare espressione.

Cosa significa "il gioco non vale la candela"

Abbiamo già brevemente accennato al significato dell’espressione idiomatica "il gioco non vale la candela". L’enciclopedia Treccani, in maniera più completa, sottolinea che questo modo di dire fa riferimento ad azioni, imprese o interventi per i quali la fatica che essi implicano o il rischio cui sono connessi sono sproporzionati rispetto al risultato che è possibile ottenere.

Come abbiamo già detto, l’espressione "il gioco non vale la candela" è molto comune in Italia. Esiste, però, nella lingua italiana un altro modo di dire il cui significato è molto simile a quello poc’anzi descritto: ci riferiamo a "è più la spesa che l’impresa". Anche questo particolare proverbio, infatti, sta a indicare una situazione in cui l’utile che è possibile ricavare non compenserebbe la fatica che è necessario compiere per poter raggiungere il proprio scopo finale.

Chi fu il primo a utilizzare l’espressione "il gioco non vale la candela"

L’origine dell’espressione "il gioco non vale la candela" è molto antica. Risalirebbe, infatti, addirittura alla fine del Cinquecento.

Si ritiene che il primo a utilizzare questo modo di dire fu il filosofo e politico francese Michel de Montaigne, che usò queste parole in riferimento ai giocatori di carte che trascorrevano le loro serate nelle osterie, spesso sperperando i loro averi e sprecando così il proprio tempo.

All’epoca non c’era la luce elettrica e, per questo motivo, i locali venivano illuminati solo con l’ausilio di candele oppure, al massimo, di lampade a olio. Al momento di lasciare il locale, i clienti pagavano all’oste i soldi per risarcire le candele che erano state consumate nell’arco della serata. Quando la posta in palio era irrisoria e la vincita a carte risultava, perciò, particolarmente bassa, si era soliti dire che la partita non era valsa neanche la candela che era stata ripagata all’oste.

Da qui, secondo una delle principali teorie, deriva il modo di dire italiano "il gioco non vale la candela". La medesima espressione è utilizzata anche in Francia ("le jeu n’en vaut pas la chandelle") e in Inghilterra ("the game isn’t worth the candle").

Dal "gioco" al "santo": la variante

L’espressione "il gioco non vale la candela", però, ha anche una variante che fa riferimento al mondo religioso. Si tratta, nello specifico, del modo di dire "il santo non vale la candela", che sarebbe utilizzato principalmente nella Svizzera italiana. In questo caso, l’espressione indica un santo che è non in grado di compiere dei miracoli e che, pertanto, non merita neanche l’accensione di un cero votivo a lui dedicato.