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Perché si dice "partire in quarta”?

Partire in quarta è un detto che non deriva dal gergo automobilistico, bensì (come pochi sanno) dalla scherma

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"Partire in quarta" è un detto molto comune che spesso si sente pronunciare. Pochi però conoscono l’origine di questa frase. Indica infatti qualcosa – un lavoro o un problema – che si inizia con la massima energia e determinazione. Figura quindi un atteggiamento in cui ci si muove improvvisamente e il più veloce possibile.

Perché si dice partire in quarta

Inizialmente si pensava che la frase "partire in quarta" derivasse dal mondo delle auto. In passato infatti la quarta marcia era la più veloce. In realtà recenti studi hanno dimostrato che questo modo di dire non deriva da un gergo automobilistico, ma arriva da un altro mondo quello della scherma.

Il detto infatti sarebbe legato a una posizione di questo sport che viene usata per effettuare un attacco. L’arma viene impugnata in "quarta posizione" per effettuare stoccate estese e dritte con un’azione immediata e decisa.

Modi di dire che derivano dallo sport: da basket al calcio

Sono tanti i modi di dire, utilizzati tutti i giorni, che arrivano dallo sport. Sempre dal mondo della scherma arriva, oltre a "partire in quarta", anche la frase "in punta di fioretto". Indica una modalità di rapportarsi e interloquire molto complessa, delicata e raffinata. Richiama una fase del duello nella scherma in cui gli avversari si tengono a distanza e le armi si toccano solamente con la punta, in attesa dell’attacco.

Arriva invece dal calcio il detto "in zona cesarini". Indica un risultato che è stato ottenuto all’ultimo minuto, proprio quando tutto sembrava perduto, e trae origine dagli anni trenta. Protagonista della storia è Renato Cesarini, calciatore che giocò nella Juventus dal 1929 al 1935. Lo sportivo era solito segnare negli ultimi minuti della partita. Questa frase però deriva in particolare dal match per la Coppa Internazionale giocato il 13 dicembre del 1931. In quell’occasione l’Italia trionfò contro l’Ungheria vincendo 3 a 2 con un gol fatto dal calciatore al novantesimo minuto. La rete fu eccezionale e una settimana dopo Eugenio Danese, giornalista sportivo, commentò la vittoria parlando di caso Cesarini. Successivamente si parlò di "zona" e la frase entrò nell’uso comune sino ai giorni nostri.

Interessante anche il detto "fare melina" che indica la tendenza a tirare in lungo una situazione. Nasce dal periodo in cui si giocava a melina. Le regole del gioco erano quelle di lanciarsi un cappello l’un l’altro al di sopra della testa del suo proprietario. Da lì si passò al basket in cui la melina indica l’azione di trattenere la palla il più possibile o alla pallanuoto e al calcio in cui la parola descrive un momento in cui l’azione è congelata a causa di passaggi sterili e continui.

Infine "gettare la spugna" deriva dalla boxe. In passato infatti quando un allenatore voleva interrompere un combattimento che stava andando male, gettava a terra la spugna con cui asciugava il sudore del pugile. Da qui un gesto che indica la volontà di arrendersi e di non continuare. Questa dichiarazioni di resa rientra fra le sconfitte per knockout tecnico (KO) ed è diventata, nel corso degli anni, di uso comune.