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Perché uccidere i ragni porta sfortuna?

Uno dei grandi tabù della cultura popolare riguarda i ragni. È risaputo, infatti, che schiacciarne uno porterebbe sfortuna.

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Uno dei grandi tabù della cultura popolare riguarda i ragni. È risaputo, infatti, che schiacciarne uno porterebbe sfortuna. Da dove origina questo pensiero, e perché è così radicato ancora oggi nelle credenze, soprattutto delle persone più anziane?

Uccidere i ragni porta sfortuna

Ammettilo: più di una volta sei stato forse tentato dalla scorciatoia. Invece di prendere il piccolo ragnetto che si è introdotto in casa tua e scortarlo fuori, dove troverà nuove opportunità di vita, ti sei lasciato tentare dalla possibilità di schiacciarlo con la ciabatta e rimettiti a fare le tue cose.

Per qualcuno i ragni – che non sono insetti, sia chiaro! – sarebbero ripugnanti e ispirerebbero un senso di terrore. C’è addirittura una paura specifica di queste creature, che si chiama aracnofobia e colpisce qualcuno di noi talmente forte da paralizzarci in presenza di ragni di medie dimensioni. Eppure, nonostante questo stigma relativamente "moderno", c’è ancora chi pensa, e per fortuna, che uccidere un ragnetto porti sfortuna e che la loro eliminazione sia presagio di un’autentica catastrofe.

Le origini di questa credenza per cui "il ragno di sera, bel tempo si spera" (ma non era il rosso? Sì, anche!), ma anche "il ragno porta guadagno" derivano dal fatto che in antichità, all’epoca dei Romani, un ragno era simbolo di buon auspicio. Ucciderlo avrebbe dunque comportato danni e sciagure. Risalendo all’epoca di Gesù Cristo, la tradizione popolare voleva che fossero stati proprio i ragni ad adornare la grotta di Betlemme durante la notte di Natale, al fine di riparare il bambinello dal freddo e dal gelo.

Sempre un ragno, poi, avrebbe aiutato Gesù, Giuseppe e Maria a fuggire dalle persecuzioni di Erode, pazzo di rabbia e gelosia. Il ragno ha creato appositamente per loro un’enorme tela protettiva all’imboccatura della caverna dove avevano trovato riparo, e così si salvarono. Giuseppe benedì il ragnetto, e da quel momento la sua presenza ha cominciato a simboleggiare per tutti ricchezza, salvezza e felicità.

La ragnatela veniva addirittura utilizzata in antichità per curare le ferite, poiché si riteneva avesse straordinari poteri cicatrizzanti. Non una grande verità, ma una dimostrazione simbolica della valenza sacra e guaritrice di un ragno e di tutto ciò che è capace di produrre.

Nondimeno, e questo è più un fatto che una mitologia, i ragni sono da sempre grandi alleati degli esseri umani e delle coltivazioni, nutrendosi di zanzare e di piccoli insetti che infastidiscono gli uomini su mille livelli differenti. Insomma, un bel ragnetto in casa non è la fine del mondo. La cosa giusta da fare è, naturalmente, catturarlo senza fargli male e liberarlo fuori dalla finestra o in giardino.

L’aracnofobia, una paura vera legata all’immaginario del ragno

L’aracnofobia è una cosa seria: può provocare piccoli spaventi o terribili attacchi di panico, in misura in cui la si soffre. Il ragno è sempre stato simbolo orrorifico per via delle sue sembianze. Pensiamo per esempio al mito di Aracne e al fenomeno del tarantismo, una "malattia" che nella tradizione popolare era causata dal morso del ragno e provocava malessere, depressione e, nel peggiore dei casi, epilessia e isteria. L’unica cura? Un rituale coreutico musicale.