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Telefoni al liceo Fonte foto: iStock

Il liceo Volta a Torino ritirerà i telefoni all'ingresso: il caso

Il liceo Volta di Torino ritirerà i telefoni degli studenti di prima e seconda all'ingresso della scuola per poi restituirglieli all'uscita: il caso

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

È lotta ai cellulari a scuola. Dopo la circolare del ministro Giuseppe Valditara che ha vietato l’uso degli smartphone fino alle medie, alcuni istituti stanno varando misure per limitarne l’utilizzo in classe anche dove non previsto dalla normativa nazionale. Come il liceo Volta di Torino, che ritirerà i telefoni all’ingresso prima dell’inizio delle lezioni. Il caso.

Cellulari ritirati all’entrata di scuola

Prima l’approvazione del Consiglio docenti, poi è arrivato il voto unanime del Consiglio d’istituto: niente cellulari in classe per gli alunni delle classi prime e seconde. Al liceo scientifico Volta di Torino i ragazzi e le ragazze del biennio non potranno portare i loro dispositivi in aula durante le lezioni, ma non potranno usarlo neanche durante la ricreazione.

È bastato “osservarli durante l’intervallo, molti non si alzano dal banco”, ha spiegato la preside Maurizia Basili, come riportato da ‘Open’. In una fase della vita, com’è l’adolescenza, in cui la socializzazione tra coetanei dovrebbe essere massima, il rischio è che i giovani si chiudano in se stessi davanti ad uno schermo. Spesso, ha aggiunto la dirigente scolastica, “non si guardano neanche in faccia”. Da qui la decisione dell’istituto.

E sono soprattutto i più piccoli, coloro che sono nuovi dell’ambiente liceale, a rifugiarsi più spesso degli altri nello smartphone, essendo “meno maturi sul fronte dell’autoregolazione”. Una scelta probabilmente dettata dalla timidezza o dalla paura di esporsi eccessivamente in un contesto nuovo. Il cellulare diventa così una sorta di scudo per evitare “un sano confronto tra pari”, ha detto la preside Basili. Ma la scuola è e deve restare “primariamente luogo di relazioni“.

Gli smartphone saranno custoditi sotto chiave

Il progetto ‘no smartphone‘ sarà attivato non appena arriveranno gli armadietti dove ogni giorno, all’entrata, saranno messi sotto chiave i telefoni per poi essere restituiti ai loro proprietari all’uscita dalla scuola. Gli armadietti “sono già adottati da un istituto di Milano“, ha detto la preside. “Se fosse necessario utilizzare device elettronici per le attività didattiche, si useranno i tablet della scuola o il laboratorio di informatica”, ha specificato.

Sarà l’insegnante della prima ora a ritirare i cellulari, chiudendoli nell’armadietto e portando la chiave in presidenza.

La reazione dei genitori

La scelta, già definitiva, è stata accolta positivamente da molti genitori. “Lo trovo istruttivo – ha detto il padre di uno studente -: usandoli si perde la cognizione del tempo. Il telefono è pensato soltanto per svagarsi, non è usato per imparare”.

La scuola è un “tempo di lavoro”, hanno commentato altri, e i ragazzi “non hanno la maturità per usarlo nello studio”.

Una madre, anche lei d’accordo con la misura, ha però messo in guardia da un rischio: “E se poi recuperano al pomeriggio?”.

Il fenomeno degli Hikikomori in Italia

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è tornato a parlare in tv, ospite a ‘Porta a Porta’ su Rai 1, del fenomeno degli Hikikomori, un “problema sociale, sorto in Giappone, che si sta espandendo in tutta Europa“.

Hikikomori è un termine giapponese che significa ‘stare in disparte’. La definizione è utilizzata nel paese asiatico per indicare una piaga sociale che riguarda i giovani che stanno volontariamente in casa e che si isolano dal resto del mondo per un periodo di almeno 6 mesi. L’unico contatto con l’esterno? I social, i videogiochi e lo streaming.

Questa tendenza è sempre più diffusa anche in Italia, interessando circa 50mila giovani: “Abbiamo calcolato – ha spiegato il ministro da Bruno Vespa – 50mila ragazzi che non vanno più a scuola per stare attaccati a cellulari e social. Si rinchiudono per almeno sei mesi nella loro stanza, dipendenti totalmente da questi strumenti virtuali“.