Valditara: "In 50mila non vanno a scuola per colpa dei cellulari"
"50mila ragazzi non vanno più a scuola per colpa di cellulari e social": l'allarme del ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara
In Italia “50mila ragazzi non vanno più a scuola per stare attaccati a cellulari e social“. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara parlando del provvedimento che ha vietato l’uso degli smartphone alle scuole elementari e medie.
- Valditara sul divieto dei cellulari a scuola
- Il fenomeno degli Hikikomori in Italia
- L'appello alle famiglie
Valditara sul divieto dei cellulari a scuola
Il ministro Giuseppe Valditara va molto fiero dello stop ai cellulari in classe introdotto a partire da questo anno scolastico nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. Aveva già espresso la sua soddisfazione dopo il lancio della petizione, firmata da esperti e vip, che chiedono al governo una stretta ulteriore sull’uso di smartphone e social network per bambini e adolescenti. E lo ha fatto anche mercoledì a ‘Porta a Porta’ su Rai 1.
“La reazione del mondo della scuola è stata molto positiva. I ragazzi hanno capito che ci si sta prendendo cura di loro e si ha a cuore la loro salute”, ha detto Valditara da Bruno Vespa. Con questa misura, ha proseguito il ministro, “abbiamo lanciato una grande questione sociale e abbiamo reso protagonista la scuola”, che ha dimostrato di avere “a cuore la salute dei nostri ragazzi” creando “un momento di disintossicazione dal cellulare”. La scuola, infatti, “deve insegnare a guardarsi negli occhi”, ha aggiunto.
“Abbiamo calcolato – ha spiegato il ministro dell’Istruzione a ‘Porta a Porta’ – 50mila ragazzi che non vanno più a scuola per stare attaccati a cellulari e social. Si rinchiudono per almeno sei mesi nella loro stanza, dipendenti totalmente da questi strumenti virtuali“.
Il fenomeno degli Hikikomori in Italia
Valditara ha più volte citato nei suoi discorsi il fenomeno degli Hikikomori, un “problema sociale, sorto in Giappone, che si sta espandendo in tutta Europa“. Hikikomori è un termine giapponese che significa ‘stare in disparte’. La definizione è utilizzata nel paese asiatico per indicare una piaga sociale che riguarda i giovani che stanno volontariamente in casa e che si isolano dal resto del mondo per un periodo di almeno 6 mesi. L’unico contatto con l’esterno? I social, i videogiochi e lo streaming.
Questa tendenza è sempre più diffusa anche in Italia, interessando circa 50mila giovani: “I dati sono drammatici – ha continuato Valditara -. E i genitori non sanno cosa fare”. Infatti, “è difficilissimo vincere questa dipendenza e quindi noi dobbiamo fare una grande campagna di convincimento perché non si dia in mano a dei minori e bambini questo strumento di distruzione di massa“. Lo smartphone “dato a bambini di 7-8 anni ha effetti veramente tremendi – ancora il responsabile dell’Istruzione -. Partiamo dalle scuole con una educazione forte: dobbiamo ricostruire l’alleanza tra genitori, ragazzi e scuola”.
L’appello alle famiglie
Nel corso della trasmissione, Valditara ha spiegato che è fondamentale “educare anche i genitori“. Da qui il suo appello: “siccome ormai la scienza è abbastanza univoca (il cellulare soprattutto per i ragazzi più giovani, per i bambini, fa male) – ha detto il ministro -, torniamo ad abituarci ad avere relazioni positive, belle immediate, dirette con i nostri figli. Quando un genitore mette a letto il proprio figlio, non gli dia in mano un cellulare, gli racconti, gli legga una bella storia, perché anche in questo modo si abitua il ragazzo alla fantasia“.
Giuseppe Valditara vuole anche proporre questo provvedimento all’Unione europea. “Ho incontrato la ministra dell’istruzione di Cipro che ha molto apprezzato la decisione di vietare il cellulare a scuola. Abbiamo pensato – ha dichiarato – di preparare un documento da sottoporre a Bruxelles a tutti i ministri dell’Istruzione sul tema, anche perché alcuni stati come la Francia, l’Olanda, la Svezia, già si sono avviati in questa direzione, e credo che raggiungeremo facilmente un forte consenso”.