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Valditara Fonte foto: ANSA

Indicazioni scuola di Valditara, è polemica sulle consultazioni

Polemica intorno alle consultazioni delle scuole sulla bozza delle nuove Indicazioni nazionali promosse dal ministro dell'Istruzione Valditara

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Non si placa la polemica intorno alle nuove Indicazioni nazionali per la scuola promosse dal ministro Giuseppe Valditara, la cui bozza è stata pubblicata l’11 marzo scorso. Le critiche rivolte non riguardano solo il merito del documento. Alcune associazioni hanno sottolineato che non è stato dato spazio adeguato al confronto pubblico per la stesura del testo. Le contestazioni non si sono placate dopo l’invio della nota alle scuole “per consentire di partecipare alla consultazione” avviata dal ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM).

È polemica sulle Indicazioni nazionali per la scuola di Valditara

Le nuove Indicazioni nazionali per la scuola, promosse dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, hanno sollevato un acceso dibattito. La proposta, che mira a riformare il sistema educativo italiano, è stata accolta con scetticismo da molti. Per esempio, in un comunicato congiunto del 19 marzo, alcune associazioni della comunità scolastica (Andis, Cidi, Mce, Proteo, Legambiente scuola e formazione) hanno evidenziato “gravi criticità riferibili all’abbandono del paradigma culturale della complessità e di un modello democratico, laico, critico di scuola in favore di un paradigma chiuso e dogmatico, che genera una visione etnocentrica, in un’ottica difensiva rispetto a un mondo globale e interconnesso”.

Ma le critiche non si concentrano solo nel merito della bozza delle Indicazioni, che è stata stilata da una commissione ad hoc e sulla quale adesso, come spiegato dal MIM, si è aperto “un dibattito pubblico per avviare l’iter formale di adozione”. Le associazioni hanno lamentato la mancanza di un reale coinvolgimento durante la stesura del testo, essendo state “finora audite una sola volta e per pochi minuti in un’unica occasione” a giugno 2024.

Anche la presidente della Società italiana di Pedagogia Gabriella Agrusti, come riportato da Domani, già a febbraio rilevava che “si è scelto di procedere dando pochissimo spazio al confronto pubblico, rilasciando frequenti annunci con una marginale consultazione delle comunità accademiche e del mondo della scuola”.

La consultazione diventa un caso

La contestazione è dunque quella di aver elaborato la bozza delle Indicazioni nazionali senza un adeguato confronto con chi vive quotidianamente la scuola, come insegnanti, presidi, studenti e famiglie. “Ed è presumibilmente allo scopo di riparare il danno legato alle evidenti mancanze nella consultazione che alle scuole nei giorni scorsi è stata inviata una nota (la 11544 del 20 marzo) con un link a un questionario per consentire di partecipare alla consultazione”, ha scritto sulle pagine di Domani Cristiano Corsini, professore ordinario di Pedagogia sperimentale all’Università di Roma Tre.

Nel suo editoriale il docente sostiene che il formato e la struttura della consultazione, che ha definito “una farsa“, non favoriscano un reale scambio di idee: “Il questionario prevede quesiti a scelta multipla e un solo risicatissimo spazio per proporre osservazioni (massimo 250 caratteri spazi compresi)“, ha denunciato.

E ancora, Corsini fa notare che “tra le alternative di risposta selezionabili nei 22 quesiti a scelta multipla manchino del tutto quelli che esprimono pareri negativi“. Per esempio, ha spiegato, “per le diverse discipline è richiesto di scegliere un’alternativa tra: a) Si condivide l’impianto perché prefigura un percorso verticale degli studi meglio scandito e articolato’; ) Sarebbe più utile ampliare le conoscenze suggerite nelle diverse classi del primo ciclo; c) L’approccio metodologico è innovativo, ma richiederebbe maggior peso e tempo da assegnare alla disciplina; d) Nessuna risposta”.

Per questo il professor Corsini ha parlato di “una pezza peggiore del buco”.