Neologismi digitali Fonte foto: iStock
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Neologismi digitali, dal gaming alla Gen Z: il linguaggio web3

Un bagaglio di neologismi digitali da conoscere per ambientarsi nel web3, parlare con la Gen Z e non restare indietro

Luca Incoronato

Luca Incoronato

GIORNALISTA PUBBLICISTA E COPYWRITER

Giornalista pubblicista ed esperto Copywriter, amante della scrittura in tutti i suoi aspetti. Curioso per natura, adoro scoprire cose nuove e sperimentarle in prima persona. Non mi fermo mai alle apparenze, così come alla prima risposta, nel lavoro come nella vita.

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Il linguaggio d’uso quotidiano cambia in maniera costante e questo processo è stato senza alcun dubbio accelerato dallo sviluppo tecnologico. Ci ritroviamo così ad accogliere nel nostro vocabolario dei neologismi digitali che, con forza, si fanno largo nelle nostre abitudini comunicative. Ciò avviene in tutti gli ambiti della nostra vita, in maniera più o meno influente, a seconda della generazione d’appartenenza. Va da sé che un 70enne e un 16enne nel 2023 non abbiano lo stesso grado di confidenza con queste nuove terminologie.

Proviamo quindi ad analizzare il nuovo modo di parlare, concentrandoci tanto su quel tipo di vocabolario tipico della Gen Z, quanto su quell’insieme di parole, spesso derivanti dal linguaggio tech americano, che ormai tutti gli under 40 adoperano quotidianamente, soprattutto in ambito lavorativo. I neologismi digitali sono intorno a noi e non possono di certo essere ignorati, soprattutto perché in svariati casi viene a mancare un’adeguata traduzione italiana, che abbia la stessa efficacia e, soprattutto, lo stesso parco uso di termini. Se per gamer esiste videogiocatore (pur essendo una parola più lunga e "complessa"), qual è l’alternativa a coworking? Il concetto è facilmente spiegabile ma l’immediatezza del singolo vocabolo ha la meglio in una società che pare contare ogni suo singolo secondo in termini di produttività.

Vocabolario gaming

Parlare dei neologismi digitali del mondo gaming, ovvero dei videogiochi, non è utile a nessuno che utilizzi con frequenza una console o un pc da gamer, ovvero da videogiocatore. Il motivo è facilmente spiegato: loro conoscono esattamente la terminologia, appresa grazie alle ore trascorse tra Red Read Redemption 2, Final Fantasy, Fifa, Call of Duty, Dark Soul ecc., ma allora chi ne ha bisogno? Tutti coloro che intendono comunicare con i propri figli senza sembrare appartenenti a mondi diversi.

Posta così, però, si ha l’impressione che il gaming sia un mondo per giovani e giovanissimi, quasi come se l’interesse per queste realtà virtuali svanisse di colpo raggiunti i 20 anni. Le cose non stanno affatto così, considerando come la sola PlayStation 1, che di certo non è la prima console mai portata sul mercato, sia giunta sul mercato nel 1994. Ciò vuol dire che gli ex bambini di 10 anni che hanno adorato quel prodotto, oggi sono a un passo dai 40 anni. Un discorso che va rafforzandosi se si parla del Commodore 64, ad esempio.

Riportiamo, quindi, di seguito un elenco di termini basici da conoscere per capire di cosa stiano parlando i tanti su Twitch, il cui vocabolario da gamer spesso sfocia anche nella vita di tutti i giorni. Un chiaro esempi è l’espressione bannare, che non è altro che l’espulsione di un utente da una data community, per un periodo limitato di tempo o in maniera indeterminata, avendo agito in maniera contraria alle regole interne. Per quanto espulso sia ancora molto in voga nello sport e nel "mondo reale", quello virtuale utilizza l’italianizzazione del verbo "to ban". Se parliamo di blur, invece, non facciamo riferimento al celebre gruppo di Damon Albarn, bensì a quell’effetto disturbante, un po’ sfocato, dovuto al rapido movimento di un’immagine su uno schermo. L’espressione bossfight è invece del tutto letterale e per comprenderla basta conoscere un minimo la lingua inglese. Si tratta dello scontro con un nemico molto potente, ben più della media, solitamente al termine di un capitolo di gioco. Un termine decisamente più utilizzato oggi, data la diffusione sui social, è bot, con il quale si indica generalmente un elemento del gioco fuori dal controllo di un utente. Può trattarsi di una IA o, nel caso di Twitter, Instagram e TikTok, di un profilo fake studiato per generare post e interazioni, oltre che arricchire il tabellino dei follower.

Con buffering si intende il tempo d’attesa per l’esecuzione di alcune fasi di gioco e, in generale, la pausa necessaria che intercorre tra l’attuazione di una funzione e l’altra di un dispositivo tecnologico. Anche in questo caso, dunque, l’espressione non riguarda soltanto il gaming. Camper è invece un videogiocatore che decide di nascondersi durante le fasi di gioco, soprattutto in multiplayer (gioco condiviso con altre persone reali online), in attesa del momento giusto per colpire. C’è un generale astio sul web per questo tipo di gamer, così come per i cheater (anche se tutti lo siamo quando ci divertiamo a GTA), ovvero chi usa codici o programmi per ottenere vantaggi "illegali" su altri giocatori. All’interno di determinati giochi viene inoltre data la chance di modificare alcuni strumenti e "creare" qualcosa di nuovo, il che è noto come crafting.

Tra un capitolo e l’altro, invece, ci ritrova spesso catapultati in delle cutscene, ovvero filmati dalla grafica elevata che narrano porzioni di storia del gioco come in un film o una serie TV. Parlando di trama, questa viene a volte espansa grazie al rilascio di DLC, contenuti extra scaricabili generalmente a pagamento, che offrono ulteriori capitoli, solitamente non centrali e quindi non essenziali al racconto. Non è affatto strano, inoltre, che gli sviluppatori giochi con i propri utenti, lasciando loro messaggi, oggetti o scenografie miranti a scatenare una reazione. In questo caso parliamo di easter egg. Se la logica vorrebbe che la fine di un gioco comporti l’addio al titolo, le cose non stanno sempre così, dal momento che vi è spazio per l’endgame, ovvero il ritorno al gioco dopo la conclusione della storia principale, così da dedicarsi all’esplorazione e alle missioni secondarie.

Abbiamo citato i giochi multiplayer, che offrono ai giocatori degli spazi online per poter sfidare altri utenti reali. Questo accade ad esempio in Call of Duty e in Fifa, dove i gamer devono attender eil processo di matchmaking, che non è altro che l’assegnazione automatica di uno o più avversari. A contare maggiormente in questo ambito non è tanto la grafica, che ha ovviamente la propria rilevanza, quanto l’efficienza dei server, che devono garantire un minimo lag, tempistiche che intercorrono tra i gesti sui controller e l’esecuzione in-game. Su titoli del genere è spesso possibile apprezzare delle mod, che sono modifiche realizzate da sviluppatori esterni. Se in multiplayer il nemico è quasi sempre un videogiocatore reale, ma non sempre, nella sezione "storia" di un gioco ci si ritrova a sfidare villain, nemici, guidati dall’intelligenza artificiale del sistema.

È il caso di Dark Soul, solo per citare un gioco tra mille basato sul costante confronto con nemici sempre più potenti. Un titolo ormai celeberrimo, in grado di generare un gigantesco hype, aspettativa per la messa in commercio, con ogni nuovo capitolo. La sua grande fama ha negli ultimi anni attirato sempre più noob, giocatori alle prime armi, pronti a lamentarsi della difficoltà reputata eccessiva. Completiamo così la nostra raccolta della terminologia base dei videogame, aggiungendo solo alcune sigle che potrebbero tornarvi utili:

  • FPS: la sigla può indicare tanto uno sparatutto in prima persona quanto frame per second, ovvero fotogrammi per secondo;
  • POV: acronimo di "point of view" e indica una visuale in prima persona;
  • PvE: acronimo dell’espressione inglese player versus environment, che indica l’interazione del giocatore con personaggi e situazioni gestite totalmente dall’IA;
  • PvP: acronimo dell’espressione inglese player versus player, ovvero una sessione di gioco con due o più giocatori reali schierati gli uni contro gli altri
  • RPG: sta per Role-Playing Games, che possiamo tradurre come giochi di ruolo. Un genere che offre la possibilità all’utente di modificare in maniera dettagliata il proprio personaggio. Le sottocategorie sono JRPG, Japan Style RPG, e MMORPG, ovvero giochi di ruolo su larga scala

Vocabolario Gen Z

Lo scontro generazionale si esplica soprattutto nel linguaggio, mutato rapidamente nel passaggio tra Millennial a Gen Z. Il motivo è presto spiegato: la quasi totalità di questa generazione è nata in un mondo online e non ha di fatto conosciuto nient’altro. Una verità che diventa assoluta per la Gen Alpha, ovvero i nati dopo il 2012. Per loro il mondo è segnato dalla presenza del WWW, Google è la normalità, così come i tablet, i computer portatili, gli smartphone, YouTube e Twitch.

Come pensare che tutto ciò non abbia un impatto gigantesco sul linguaggio. Molti dei termini oggi tanto in voga sono di derivazione inglese, con un dominante sguardo allo slang americano. Proviamo a dare uno sguardo a quelle che sono le parole e i modi di dire principali:

  • Bae: in inglese era utilizzato da principio come acronimo di "before anyone else", il che vuol dire sottolineare l’importanza assoluta di una persona, al punto da porla dinanzi a tutto e tutti. Rappresenta il "bff" (best friend forever, migliori amici per sempre) di questa generazione. Considerando però la grande importanza data all’altra persona, è molto comune sentire "bae" usato per indicare la persona con la quale si ha una relazione amorosa;
  • Bando: il singolo omonimo di Anna ha diffuso enormemente questo termine, che deriva dall’inglese "abandoned" e ne rappresenta un’abbreviazione. Con quest’espressione si fa riferimento alla periferia e, in generale, ai luoghi dimenticati delle città;
  • Blastare: due i significati di questa forma italianizzata, letterale e non. Il vero in origine vuol dire sparare (to blast), il che porta in ambito videoludico a indicare una sparatoria vinta contro un avversario (l’ho blastato). In senso più ampio, tanto nei videogame quanto nella vita reale, si può intendere "blastare qualcuno" come distruggerlo, sia su un campo, virtuale o reale, che all’interno di una discussione, online o meno;
  • Boomer: a essere precisi, dovrebbe indicare tutte le persone nate tra gli anni ’50 e ’60, nel corso del boom economico del Dopoguerra. Oggi, però, si tende a usare il termine per indicare chiunque appartenga a una generazione precedente e fatichi a comprendere determinate dinamiche odierne;
  • Chill: in inglese come in italiano, si usa per indicare uno stato di calma, raggiunto o da ottenere. Essere in chill vuol dire godere di un po’ di relax;
  • Cringe: in italiano possiamo tradurre questo neologismo inglese con imbarazzo, anche se in realtà comprende una serie di sfumature di significato ulteriori. Generalmente si è in imbarazzo per il comportamento altrui, sia questo inopportuno o inadeguato. Si può definire cringe un boomer che si ostina a sfoggiare un "look giovanile" a tutti i costi;
  • Crush: l’espressione non ha nulla a che fare con il verbo schiacciare (to crush). I giovani usano il termine per indicare il proprio interesse amoroso, che si tratti di una cotta o di un sentimento più forte;
  • Droppare: letteralmente "to drop" vuol dire far cadere ma l’uso che si fa di droppare è più astratto. Generalmente nel mondo musicale si droppa un singolo o un album, ovvero lo si "lascia cadere" nel mercato, su una piattaforma, e lo stesso vale per serie TV, film e non solo. Con droppare si intende anche lasciare qualcosa, come ad esempio droppare un corso;
  • Flexare: la traduzione letterale è flettere e, in generale, il riferimento andrebbe ai muscoli ben tesi e messi in evidenza. In senso generale, però, è divenuto sinonimo di ostentare, che si tratti di oggetti, capacità o risultati raggiunti;
  • Floppare: termine ormai entrato nella quotidianità di molti, intendendo con "flop" un fallimento e, di conseguenza, floppare si può tradurre come fallire, utilizzabile in qualsiasi ambito;
  • Ghostare: espressione che deriva chiaramente dal termine "ghost", fantasma, e indica l’atteggiamento di chi, improvvisamente, decide di non scrivere o rispondere ai messaggi di una data persona, arrivando a ignorarla del tutto dopo un appuntamento o una serie di conversazioni intrattenute;
  • Friendzonato: da tempo serie TV e film utilizzano "friendzone" con naturalezza, data la grande diffusione dell’espressione. Si dice friendzonato chi, pur avendo interessi romantici, si ritrova forzatamente a essere considerato amico/a dalla persona verso la quale prova dei sentimenti;
  • Hype: nel mondo del marketing l’espressione indica l’attesa generata in maniera ben studiata per un dato prodotto o evento. Ciò si traduce nella vita quotidiana in "stare in hype", che vuol dire attendere in maniera trepidante qualsiasi cosa;
  • Mio padre: espressione che evidenzia il grande rispetto nei confronti di una data persona;
  • No Cap: nello slang americano cap vuol dire bugia e viene anche declinato come verbo, "capping". Stesso significato in Italia, anche se poco usato ancora, con no cap traducibile in qualcosa di vero;
  • Shippare: il nucleo dell’espressione è "ship", abbreviazione di relationship, ovvero relazione. Si intende con quest’espressione il desiderio di vedere due persone dare inizio a una storia d’amore. L’uso più comune è relativo a personaggi di finzione di libri, film e serie TV;
  • Skippare: in inglese "to skip" vuol dire evitare qualcosa e ha lo stesso significato in italiano, traducendosi così nello skippare la sigla di una serie TV in streaming o magari il giorno previsto per l’allenamento in palestra;
  • Snitch: inteso come spia e, di conseguenza, snitchare vuol dire rivelare un segreto non proprio;
  • Spoilerare: vi sono più significato del verbo "to spoil" in inglese, da guastare a viziare, mentre in italiano "spoilerare" vuol dire unicamente offrire anticipazioni o rivelazioni in merito a un evento, una serie TV, un film, un videogioco o altro, di fatto rovinando l’esperienza, a meno che lo spoiler non sia stato richiesto;
  • Stalkerizzare: chi stalkerizza può essere un soggetto pericoloso, quindi un vero e proprio stalker, che segue le proprie vittime in ogni ambito della loro vita. Si definisce stalkerizzare anche l’atto di controllare le vite private degli altri sui social in maniera costante: "Luca sta stalkerizzando la sua ex su Instagram";
  • Stonks: utilizzato più nei meme online, ovvero nelle immagini virali e ironiche diffuse sul web, che nella vita comune. È una storpiatura di "stocks", termina finanziario che indica gli strumenti scambiati in Borsa. Nello slang evidenza qualcosa andato per il verso giusto;
  • Swag: la traduzione letterale sarebbe bottino e in italiano può indicare il potere economico che consente un certo stile di vita, così come "avere swag" è generalmente inteso come avere stile;
  • Triggerare: il termine "trigger" indica un grilletto o un innesco ma oggi con quest’espressione si indicano persone o situazioni che ci provocano tanto da scatenare una reazione;
  • Trollare: siamo ben lontani dalla creatura appartenente al folkrore. Nel mondo odierno si definisce troll una persona che sul web ha come unico intento quello di creare discussioni molto accese, o flame. Spesso ciò avviene attraverso profili falsi. Nella vita quotidiana essere un troll o trollare vuol dire proprio innescare conversazioni con l’intento di prendere in giro l’altro o provocarlo;

Neologismi digitali

Il mondo digitale è in costante evoluzione, come dimostra il fatto che occorra parlare in maniera sempre più pressante di web3, una nuova fase del World Wide Web, che vada a incorporare concetti ormai sempre più rilevanti, come l’economia dei token, le tecnologie blockchain e il metaverso.

Va da sé che il linguaggio debba essere costantemente aggiornato, il che costringe anche chi solitamente si tiene ben distante dalla tecnologia ad apprendere un certo bagaglio di nuova terminologia. Di seguito proveremo a fare chiarezza in questo ambito, per molti particolarmente ostico.

A lungo abbiamo sentito parlare di metaverso e, nonostante i tanto pubblicizzati progetti dei grandi colossi mondiali siano in stato di fermo, è bene capire di cosa si tratti, al di là del mondo cinematografico, tra MCU e Everything Everywhere All at Once. Si tratta di un vero e proprio universo virtuale, che si propone come una realtà parallela alla nostra, composta da differenti mondi digitali che si interconnettono tra loro. L’idea di fondo è quella di riuscire a costruire una vita alternativa, sfruttando avatar e visori, interagendo con gli altri, lavorando da remoto, investendo, approfittando di nuovi orizzonti scientifici, culturali e videoludici.

Tutto ciò si collega al concetto di figitale, ovvero una crasi di fisico e digitale. Un termine che descrive la nostra condizione attuale, in cui il virtuale è presente in maniera massiccia nelle nostre vite, pur non avendo ancora sostituito la concretezza del mondo reale. Al tempo stesso si può descrivere con figitale l’essere in entrambe le dimensioni al tempo stesso.

Nel mondo digitale non si replica unicamente quanto già esiste in quello reale, ovviamente. Vi sono opportunità lavorative impossibili altrove, il che ci porta a un utile schema comprendente parole sempre più centrali sul fronte guadagni, tra impieghi per alcuni sconosciuti a tecnologie destinate a divenire la normalità:

  • Blockchain: insieme di tecnologie che consente la strutturazione di una catena virtuale di blocchi contenenti un registro condiviso e immutabile di tutte le transazioni effettuate con criptovalute, consentendo inoltre il monitoraggio degli asset nelle reti aziendali;
  • Token: corrisponde a un insieme di informazioni digitali interno a una blockchain, che consente di convertire i diritti di un bene in virtuale e il settore d’uso più famoso è quello delle criptovalute;
  • Criptovalute e Bitcoin: tipologia di moneta digitale, generata attraverso un sistema di codici. Bitcoin ne è la tipologia più celebre e diffusa e, nonostante il calo subito, è ancora la più ricca, che di fatto tiene in piedi l’intero universo finanziario, che esiste al di fuori dei classici sistemi bancari e governativi. Il tutto basato sulla blockchain;
  • NFT: acronimo che sta per non-fungible token, rappresentando l’atto di proprietà e, al tempo stesso, l’attestato di autenticità di un bene digitale, scritto su una blockchain;
  • Mining: risoluzione degli algoritmi necessari ad autorizzare le transazioni di criptovalute, come Bitcoin. Chi possiede e mette in funzione i macchinari utili a tali complessi calcoli è noto come miner. Per il servizio offerto ricevono una frazioen di criptovaluta per ogni singola transazione validata;
  • DeFi: quando si parla di finanza tech si fa riferimento spesso alla finanza decentralizzata, o DeFi, che indica un sistema che non passa più attraverso intermediari come banche, broker o altro. Si sfruttano i cosiddetti "smart contract", ovvero accordi automatizzati eseguiti su una blockchain;
  • GameFi: si tratta di un sistema di giochi blockchain, play-to-earn, che di fatto offrono una ricompensa economica ai giocatori, sotto forma di criptovalute o NFT.
  • Fomo: acronimo di "fear of missing out", ovvero paura di restare esclusi da qualcosa. Ciò riguarda qualsiasi ambito della vita ma l’espressione è nata in ambito crypto, considerando la "febbre dell’oro" che ha coinvolto il mondo intero, spingendo anche soggetti impreparati a investire, data la facilità garantita dalle numerose app di trading;
  • Btd: sta per "buy the dip" e indica il momento in cui si acquista una moneta digitale nella fase di calo del suo valore;
  • Hodl: sta per "hold on for dear life" e indica la strategia della mancata vendita di una criptovaluta, nonostante il suo calo;
  • Staking: operazione che prevede il congelamento di una certa quantità di moneta digitale, al fine di metterla a disposizione del sistema in seguito, convalidando nuove transazioni. Per tale servizio si ricevono delle ricompense;
  • Tiktoker: soggetto che produce contenuti video in maniera professionale e ripetuta, al fine di ottenere un guadagno attraverso la piattaforma social TikTok;
  • Reel: contenuto video prodotto attraverso la piattaforma social Instagram;
  • Onlyfans: piattaforma di condivisione di contenuti di vario genere, gratuiti o a pagamento, che consente la sottoscrizione di abbonamenti a pagamento a canali di utenti privati;
  • Twitch: piattaforma di live streaming, ovvero trasmissione in diretta di contenuti video;
  • Nomade digitale: soggetto che ha la possibilità di lavorare da remoto, non in ufficio, e per questo motivo sceglie di spostarsi con grande frequenza da una città all’altra, così come da un Paese all’altro;
  • Coworking: area di lavoro condivisa da più soggetti, non necessariamente coinvolti nella stessa attività, così come noti gli uni agli altri;
  • Remote working: opportunità di non lavorare in ufficio, bensì da casa o altrove.