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Perché la velocità delle navi si misura in nodi?

La velocità delle navi si conta in nodi, equivalenti a un miglio marino.

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Impossibile non farsi acchiappare almeno una volta dalla peculiarità del linguaggio marinaresco e nautico. C’è poi un’unità di misura che sentiamo spesso quando si parla di navi, ovvero i nodi. Di che si tratta esattamente?

La velocità delle navi si conta in nodi, equivalenti a un miglio marino. Se l’affermazione "miglio marino" non ti dice niente, è perché un miglio marino equivale a circa 1853 metri all’ora. Un po’ complesso, non ti pare? Tuttavia, questa misurazione ha un significato molto preciso, ed è fatta così per un motivo.

La definizione di "nodo" deriva da un metodo antico utilizzato per misurare la velocità delle imbarcazioni: dal ponte si faceva scorrere in acqua una corda con un certo numero di nodi posti a distanza costante, ovvero 47 piedi e 33 pollici, circa 16 m l’uno dall’altro. Per tenerla tesa, all’estremità filata in mare era fissato un ciocco di legno, in inglese "log", che ancora oggi è il nome tecnico con cui si chiamano i contamiglia marini. Il cavo veniva fatto scorrere per 28 secondi, dopodiché si contavano i nodi finiti in acqua, che indicavano la velocità in miglia all’ora.

La questione oggi è meno complessa, ma non per questo più chiara a chi non è versato nelle dinamiche nautiche. Infatti si usano altri strumenti: da elichette immerse accoppiate a trasduttori che trasformano la rotazione in impulsi elettrici – maggiore il numero di giri, maggiore la velocità – fino a tubicini che misurano la variazione di pressione – e quindi di velocità – dell’acqua spostata dall’imbarcazione. Questi metodi forniscono la velocità rispetto alla superficie del mare, ma non rispetto al fondo marino che, per esempio in presenza di correnti, può essere molto diversa.

La velocità di una nave è oggi ricavabile anche dai sistemi di navigazione installati e collegati al GPS.

Il dizionario italiano dei termini nautici e marinari

Conoscere il linguaggio marinaresco è sempre interessante. Infatti, i marinai adoperano un gergo molto particolare pensato per articolare pensieri che, a terra, non ci servirebbero affatto. Per chiarezza e per semplicità, per governare le navi in maniera rapida ed efficace come un tempo c’era bisogno di fare, sono stati coniati termini molto specifici.

Il tempo in mare cambiava in fretta: le esigenze di una nave, fosse essa da guerra un mercantile, erano quelle di prendere decisioni spesso molto rapide. Ecco perché il linguaggio è così specifico e, a volte, così incomprensibile a noi che su una nave ci siamo saliti solo in vacanza!

La prua, per esempio, o prora, è la parte davanti della nave, mentre la poppa è la parte posteriore. Babordo, opposto a tribordo, è la parte sinistra della nave guardando a prua. La cambusa è un’area della nave designata alla preparazione delle vettovaglie.

La maestra è l’albero principale di una barca a vela. Orzare, invece, significa portare la prua della nave in direzione del vento. La risacca, invece, è un movimento delle acque marine mosse che vengono deviate dal porto o dalle barriere.