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Dante Alighieri Fonte foto: iStock

Via Dante dagli istituti tecnici: la proposta del prof d'italiano

La proposta di un prof prevede di togliere Dante dagli istituti tecnici per arginare il problema dell'apprendimento dell'italiano nel Bel Paese.

Francesca Pasini

Francesca Pasini

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Content Writer laureata in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali, vivo tra l'Italia e la Spagna. Amo le diverse sfumature dell'informazione e quelle storie di vita che parlano di luoghi, viaggi unici, cultura e lifestyle, che trasformo in parole scritte per lavoro e per passione.

Negli istituti tecnici si potrebbe eliminare lo studio di autori come Dante, per tentare di migliorare la comprensione del testo e la produzione scritta degli studenti. È la proposta avanzata da Marco Ricucci, docente di Italiano e Latino presso la Scuola militare Teuliè di Milano e professore a contratto presso l’Università degli Studi di Milano.

Un’idea, quella di Ricucci, espressa alla luce dei problemi riscontrati sull’apprendimento dell’italiano e sulla produzione scritta e orale di studenti e adulti del Bel Paese. Inoltre, i docenti di italiano sono alle prese con troppe incombenze: dall’educazione civica all’orientamento, dalle soft skills al Pcto (l’alternanza scuola-lavoro) a una burocrazia macchinosa. Anche i programmi scolastici dovrebbero essere cuciti su misura in base alla tipologia di scuola superiore.

Perché dovrebbero togliere Dante e altri autori dagli istituti tecnici

“Ha senso usare quel poco tempo che è rimasto per la lezione vera e propria per leggere Dante, in un istituto tecnico, mentre si potrebbe usarlo in maniera più produttiva, per esempio, per lavorare sulla comprensione del testo, sulla produzione scritta, sulla lettura di romanzi più comprensibili e più vicini alla sensibilità di oggi, rispetto agli ‘spiriti’ di Cavalcanti?”. È il quesito che si pone il docente di Italiano e Latino Marco Ricucci, che affida al ‘Corriere’ la sua proposta di togliere Dante (e altri autori) dai programmi scolastici degli istituti tecnici.

“È vero, come dice Calvino, che un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire – prosegue Ricucci -, ma che senso ha voler inculcare agli studenti una lettura siffatta senza preoccuparsi che loro stiano ad ascoltare?”.

Secondo il professore, sarebbe necessario intervenire sulla didattica e quindi anche sulla “diversificazione dei programmi di lingua e letteratura italiana al triennio, in base all’indirizzo di scuola superiore, rivedendo l’approccio storicistico dello studio della letteratura italiana”.

Non è la prima proposta che il prof Ricucci avanza in quanto docente di italiano: “Dall’istituzione della ‘quarta media’, alla provocatoria abolizione dei ‘Promessi Sposi’, a una produzione scritta alternativa al tema tradizionale”. Idee che si aggiungono al quadro intricato di interventi compiuti negli anni. “Non basta aggiungere sempre nuove materie e incombenze per professori e studenti (come l’educazione civica, il Pcto e le soft skills) per di più in modo indiscriminato, senza fare differenze tra i vari indirizzi della scuola superiore”, aggiunge il docente.

Si tratterebbe di una serie di incombenze che tolgono tempo al docente per l’insegnamento della propria materia, già limitata nelle ore dopo l’eliminazione della quinta ora di italiano con la Riforma Gelmini (a tal proposito di recente un liceo di Bologna ha deciso di ripristinarla in autonomia).

“Qual è l’assurdità? – prosegue Ricucci -. Meno tempo ha il docente di italiano di insegnare la sua materia, stritolato tra la burocrazia scolastica e attività come l’orientamento e così via, più i recenti manuali di letteratura italiana aumentano il loro spessore di pagine che mai saranno sotto gli occhi degli adolescenti di oggi”.

Il problema con l’apprendimento dell’italiano: la situazione attuale

Il cambiamento suggerito da Marco Ricucci giunge alla luce dell’analisi sulla situazione attuale tra gli studenti, che “al ginnasio non sanno più scrivere, e neanche parlare, correttamente”, sottolinea il docente.

In Italia c’è un problema con l’apprendimento dell’italiano e a confermarlo è l’ultima indagine Piaac-Ocse, la nuova ricerca dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico condotta tra il 2022 ed il 2023 (che ultimamente ha fatto discutere): un adulto su tre, tra i 16 e i 65 anni e provenienti da 31 Paesi del mondo, dispone di capacità linguistiche e matematiche scarse o insufficienti.

Cosa significa? Vuol dire che molte persone sono in grado di comprendere solo testi brevi e semplici, mentre fanno più fatica ad estrapolare informazioni più complesse. Un risultato, questo, che trascina l’Italia in coda alla classifica europea: fa meglio solo del Portogallo.