Ha poca importanza l’indirizzo scelto alle scuole superiori, che si tratti di liceo o istituto tecnico, la lingua italiana e i massimi rappresentanti della sua letteratura faranno sempre parte del programma.
Per questo motivo è molto importante riuscire a comprendere bene come svolgere l’analisi di un testo poetico, al fine di ottenere un buon voto e, al tempo stesso, ampliare la propria mente.
Comprendere determinati scritti, infatti, offre una visione del mondo differente dalla propria, attraverso la lente di grandi autori e autrici. Nonostante ciò venga in minima parte richiesto anche alle elementari e medie, è alle superiori che gli studenti sono chiamati a fare il gran salto, offrendo un’analisi tanto del testo quanto del significato, andando a fondo e non limitandosi alla superficie, apprendendo a memoria l’elenco delle figure retoriche utilizzate.
Di seguito spiegheremo in che modo affrontare l’analisi di un testo poetico, così da non arrivare mai impreparati a un’interrogazione o un compito in classe e, perché no, scoprire che in fondo la poesia ha ancora oggi un fascino innegabile.
Come svolgere l’analisi di un testo poetico
Uno degli assegni più comuni in ambito scolastico è quello di riuscire a dimostrare di poter analizzare un testo poetico in maniera corretta, comprendendo fino in fondo la struttura, le figure retoriche, il senso ultimo del messaggio e tutto ciò che fa da contorno all’opera.
Riuscire a studiare in maniera corretta questo processo, così da farlo proprio, è di grande importanza anche per quanto riguarda l’esame di maturità, considerando come spesso tra le tracce della prova scritta è possibile ritrovarsi dinanzi questa possibilità. Vi sono dei passaggi da seguire, senza alternativa, per completare il compito al meglio e in questo articolo li analizzeremo tutti. Il lato positivo è che si può fare affidamento su una schematicità che non muta. Quello negativo, per alcuni poco propensi alla materia, è che non si tratta di un processo meccanico, non del tutto almeno.
Lettura del testo poetico
Inutile dire che il primo passaggio fondamentale per riuscire ad analizzare un testo poetico sia leggerlo. Fin dal primo approccio, però, si dovrebbe evitare una certa superficialità. Ogni parola è ben studiata in un testo poetico e non vi sono frasi da evidenziare e altre da scartare. Non si tratta di preparare un esame all’Università e non si può riassumere per poi studiare dagli appunti.
La lettura dovrebbe essere quindi anticipata da una generale conoscenza dell’autore, così come della sua poetica. Guardando alla poesia nel suo specifico, poi, si consiglia caldamente di studiarne le origini, ovvero le motivazioni che hanno portato alla sua scrittura. Ciò consente non soltanto di leggere ma anche di comprendere il testo, fin dal primo approccio. Probabile che non tutto sia chiaro all’inizio, ma con un lavoro precedente ben svolto, si partirà con un vantaggio notevole.
Proviamo a offrire una sorta di schema per quanto concerne il primo approccio. Si deve contestualizzare l’opera che si ha dinanzi all’interno del periodo storico in cui è stata scritta. In questo modo si potranno cogliere numerose sfumature e significati più profondi, che vanno al di là dell’apparenza. È la differenza che passa tra l’aprire una porta con la giusta chiave e tentare di abbatterla a spallate. Per leggere e comprendere una poesia, però, occorrono numerose chiavi, anche quando il minimalismo regna come nel caso di Mattina di Giuseppe Ungaretti, generalmente nota come M’illumino d’immenso.
Meglio avere ben chiari, dunque, il periodo storico, l’eventuale raccolta di cui la poesia fa parte (i suoi differenti testi potrebbero essere interconnessi oppure offrire diverse sfumature di uno stesso sentimento) e la biografia dell’autore, il che comprende anche la già citata poetica e la generale visione del mondo. Basti pensare alla produzione di Giacomo Leopardi per capire quanto sia rilevante vedere la vita attraverso il suo punto di vista.
Svolgere la parafrasi
La parafrasi è senza ombra di dubbio uno dei momenti più importanti di questo processo, dal momento che consente di trasformare un testo poetico in prosa. Quanto scritto dall’autore è spesso proposto con una forma e un linguaggio astrusi allo studente odierno. La distanza cronologica fa sentire il proprio peso, così come la preparazione culturale.
Il poeta può scegliere termini alquanto ricercati anche per la propria epoca, rifacendosi ad esempio a derivazioni latine. La composizione potrebbe non risultare così lineare come ci si potrebbe aspettare, il che rende la vita degli studenti un po’ un inferno, se non si è in grado di parafrasare e quindi "rendere il tutto leggibile e comprensibile".
L’obiettivo in questa fase è quello di spiegare concetti e parole, utilizzando un linguaggio quotidiano e accessibile a tutti. Un po’ come quando si prova a semplificare quanto spiegato in un manuale, al fine di fare propri i concetti cardine. È però molto importante prestare attenzione al vero significato che, in fase di "semplificazione", non dev’essere travisato o stravolto. Anche le sfumature sono importanti in un testo letterario e devono ricevere la necessaria attenzione.
Metrica e figure retoriche
Per poter analizzare un testo poetico dal punto di vista metrico e ritmico occorre prendere in considerazione tre elementi cardine: verso, strofa e rima. Se parliamo di verso, facciamo riferimento all’insieme di tutte le parole utilizzare dall’autore o autrice all’interno di una singola riga. Ogni singolo verso vanta un certo numero di sillabe, che consente una precisa divisione:
- Bisillabo
- Trisillabo
- Quadrisillabo
- Quinario
- Senario
- Settenario
- Ottonario
- Novenario
- Decasillabo
- Endecasillabo
Altra distinzione da ricordare riguarda il fatto che il numero di sillabe possa essere pari o dispari, venendo così rispettivamente definito parisillabo o imparisillabo. A seconda dell’opera studiata, ci si potrebbe ritrovare dinanzi un testo le cui sillabe non coincidono con la canonica divisione grammaticale italiana. Ciò avviene attraverso degli stratagemmi, quali sincope, epitesi, aferesi o apocope. Le tipologie indicate in precedenza hanno un senso anche e soprattutto in relazione al ritmo di lettura, più rapido in un ternario e quasi cantato in quaternario. Col tempo si sono poi sviluppate delle preferenze, e così l’endecasillabo è tipico della poesia italiana, le ballate popolari sono in ottonario e il senario è quasi esclusiva della satira.
Se parliamo di strofa, invece, il riferimento va all’unità metrica del verso, che si distingue in cinque tipologie, a seconda del numero di versi:
- Distico: 2 versi
- Terzina: 3 versi
- Quartina: 4 versi
- Sestina: 6 versi
- Ottava: 8 versi
Nel caso in cui i versi della poesia non rispecchino uno schema ben preciso, si parla invece di strofa libera. Nello specifico tale eventualità si verifica quando viene a mancare un numero fisso di versi, così come quando questi presentano un metro variabile o una combinazione di metri. A ciò si aggiungono delle rime che non seguono un preciso schema o sono del tutto assenti.
Se si parla invece di musicalità del testo poetico, questa dipende quasi totalmente dalle rime. Queste generalmente seguono uno schema ben preciso e per identificarlo occorre considerare le parole al termine di ogni verso, attribuendo a ognuno di essi una lettera dell’alfabeto, basandosi sulla connessione dei suoni. La stessa lettera sarà poi assegnata al verso dal suono simile o identico. Di seguito riportiamo le tipologie di rime:
- rima baciata: due versi in rima e consecutivi tra loro (AA BB);
- rima ripetuta: il primo verso della prima strofa fa rima con il primo della seconda, così come il secondo della prima con il secondo della seconda strofa e così via (ABC ABC);
- ripa alternata: il primo verso fa rima con il terzo e il secondo con il quarto (AB AB);
- rima incatenata: il secondo verso della prima terzina rima sia con il primo che con il secondo della seconda terzina e così via (ABA BCB);
- rima incrociata: il primo verso rima con il quarto, mentre il secondo fa rima con il terzo (ABBA);
- rima invertita: in un blocco di sei versi, il primo fa rima con il sesto, il secondo con il quinto e il terzo con il quarto (ABCCBA);
- rima interna: la parola conclusiva di un verso rima con una parola del verso successivo, che è però interna a esso.
Arriviamo, infine, all’analisi delle figure retoriche di un testo poetico, ovvero un artificio del discorso utilizzato dall’autore per creare quelle che possono essere definite come delle immagini poetica. Queste hanno la capacità di trasferire il significato delle parole da un piano all’altro, ovvero da quello letterario, che possiamo definire convenzionale, a quello poetico.
Attraverso questo mezzo d’espressione è possibile rendere il messaggio più forte ed efficace, ma soprattutto imprimere la propria emotività al testo poetico. Generalmente vi sono tre tipi di figure retoriche: suono, ordine e contenuto:
- Figure retoriche di suono: allitterazione (ripetizione di singole lettere o sillabe); assonanza (ripetizione di suoni simili in due versi o più); onomatopea (riproduzione di un suono, rumore o verso in formato linguistico); paronomasia (due parole dal suono simile e significato diverso accostate tra loro);
- Figure retoriche di ordine: anastrofe (il canonico ordine di due parole viene invertito); iperbato (due parole connesse sintatticamente vengono separate da una o più parole); anafora (una o più parola vengono ripetute all’inizio di frasi o versi successivi); chiasmo (incrocio immaginario tra due coppie di parole); climax (il significato delle parole si intensifica progressivamente); ellissi (omissione di parte di una frase che è possibile sottintendere);
- Figure retoriche di contenuto: allegoria (simboli e immagini vengono sfruttati per rappresentare un concetto); antonomasia (indicazione di una persona o cosa con un nome comune o una locuzione che vada a indicarne una specifica caratteristica); iperbole (un concetto viene esagerato all’interno di un verso); metafora (un termine proprio viene sostituito con uno figurato); similitudine (somiglianza logica o fantastica di due successioni di pensiero o eventi); metonimia (un termine viene sostituito da un altro che ha una relazione di vicinanza con il primo); perifrasi (giro di parole usato per evitare una ripetizione ravvicinata dello stesso termine).