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Perché si dice “dare il La”

"Dare il La" è una frase di uso comune: cosa significa e come è nato questo modo di dire che coinvolge la musica.

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"Dare il La" è un’espressione molto comune e che sentiamo usare spesso, ma non sappiamo mai con precisione cosa significhi. Perché parliamo di "La" e non, ad esempio, di "Do". Le spiegazioni sono diverse, legate alla musica e non solo.

L’importanza del La nella storia della musica

Il La è una nota base conosciuta in tutto il mondo. Utilizzata sin dai tempi dell’Antica Grecia, si è diffusa in Europa con grande facilità, restando in vigore sino alla nascita dell’attuale sistema tonale. Nei paesi anglosassoni, tedeschi e slavi le note vengono indicate con le lettere: si parte proprio dal La che è indicato con la lettera A. Il La di diapason inoltre ha un’altezza riproducibile dalle voci umane e da tutti gli strumenti. In passato le note delle differenti scale venivano poste a intervalli variabili, con il tempo però sono stati introdotti degli intervalli equidistanti per tutte le tonalità. In epoca moderna dunque sono rimasti solo due modi: il maggiore, che ha come punto di riferimento la scala naturale di Do, e il minore che invece fa riferimento al La.

Perché si dice dare il La

L’espressione "dare il La" fa riferimento al dare "inizio a qualcosa" o "il via". Questa frase deriva da un’usanza antica nel mondo della musica: intonare gli strumenti utilizzando proprio il La. Ciò significa che questa nota è fondamentale prima di iniziare una esecuzione. Nel linguaggio comune dunque il La viene usato in riferimento a qualcosa che si deve iniziare. Con il tempo questo modo di dire è divenuto di uso comune e si è diffuso in tutta Italia, da Nord a Sud per esprimere un concetto che non è strettamente legato alla musica.

Come sono nate le note musicali: l’invenzione di Guido D’Arezzo

Sino al VI secolo i canti venivano trasmessi esclusivamente in modo orale. In seguito si iniziò a utilizzare una tecnica di origine greca che sfruttava le lettere dell’alfabeto. La A corrisponde al La, la B corrisponde al Si, la C al Do, la D al Re, la E al Mi, la F al Fa e la G al Sol. I nomi delle note, usati ancora oggi, vennero coniati nel dodicesimo secolo e corrispondono alle sillabe dei primi sei versi di un inno a San Giovanni Battista. Ovvero: UT queant laxis / REsonare fibris / MIra gestorum / FAmuli tuorum / SOLve polluti / LAbii reatum, Sancte Iohannes. I versetti tradotti significano: "Affinché i tuoi servi possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella il peccato, o santo Giovanni, dalle loro labbra indegne".

I nomi vennero ideati quando Guido d’Arezzo, tecnico della musica, notò che ogni versetto corrispondeva a una differente tonalità. Dunque decise di usare le iniziali per definire le varie note. "È immensa la distanza fra cantore e musico – diceva Arezzo, parlando di musica -; i primi cantano, i secondi sanno le cose che costituiscono la musica. Colui che fa ciò che non sa, si può definire una bestia".