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Brahim Baya all'Università di Torino: l'attacco di Giorgia Meloni

L'attacco di Giorgia Meloni in tv sul caso della preghiera islamica di Brahim Baya all'Università di Torino: cosa ha detto la presidente del Consiglio

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Giorgia Meloni, ospite in tv, è tornata sul caso Brahim Baya, il portavoce della moschea Taiba che ha tenuto il tanto discusso momento di preghiera all’Università di Torino. L’attacco della presidente del Consiglio, che ha citato anche la polemica sui crocifissi nelle scuole: ecco cosa ha detto.

Cosa ha detto Giorgia Meloni sul caso Brahim Baya

“Le parole dell’imam all’Università di Torino? È il risultato di una cultura che ho combattuto e che combatto”. Sono queste le parole pronunciate dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ospite di ‘Dritto e rovescio’ su Rete4, sul caso Brahim Baya.

Baya, portavoce – non imam – della moschea Taiba di Torino, è salito agli onori delle cronache per il discorso-preghiera che ha tenuto il 17 maggio a Palazzo Nuovo, sede dell’ateneo torinese, durante l’occupazione degli studenti Pro Palestina.

“Combatto da sempre la cultura per la quale la laicità dello Stato si deve applicare solamente contro la religione cattolica – ha proseguito Meloni -. Perché noi dobbiamo togliere i crocifissi dalle aule delle nostre scuole, ma sia chiaro che se arriva un imam e si mette a inneggiare la jihad dentro un’università, quello va bene”, ha affermato la premier con tono sarcastico.

“Questo è, e non sarà mai il mio modello – ancora la presidente del Consiglio -. E mi auguro ancora di avere uno Stato italiano che fa rispettare le regole, perché a casa nostra la propaganda jihadista non si può fare, e quindi mi aspetto che ci sia qualche magistrato che si occupi di questa persona”, ha concluso Giorgia Meloni sul caso Baya a ‘Dritto e rovescio’.

Il chiarimento di Brahim Baya

Durante l’occupazione dell’Università di Torino per la guerra in Medio Oriente, il 17 maggio gli studenti musulmani hanno invitato Brahim Baya per tenere la preghiera del venerdì. Il discorso del portavoce della moschea Taiba in ateneo è stato ripreso in un video, pubblicato su YouTube con il titolo “Cosa ci insegna la Palestina?”, che ha fatto il giro del web.

Ad aver fatto discutere sono state soprattutto alcune delle dichiarazioni pronunciate da Baya all’università. Tra le tante cose (il video dura 32 minuti), il portavoce aveva affermato che il popolo palestinese “ha resistito di fronte a questa furia omicida, questa furia genocida, uscita dalle peggiori barbarie della storia che non tiene in considerazione nessuna umanità, nessun diritto umano”.

Durante il suo discorso, Baya aveva anche parlato di jihad “inteso come sforzo per difendere i propri diritti”. E ancora: “il jihad che vediamo in Palestina è uno sforzo per difendere la pace vera”.

A fare chiarezza sul punto, è stato lo stesso Brahim Baya. “Il concetto di jihad – ha spiegato in un’intervista rilasciata a ‘Il Corriere della Sera’ – è spesso frainteso e utilizzato in modo errato da alcuni musulmani o pseudo musulmani. A riguardo, invito ad ascoltare una magistrale lezione del professore Alessandro Barbero sul tema”. E ancora: “Nell’Islam, il jihad ha diverse dimensioni, da quella spirituale a quella sociale, economica e politica. Implica l’impegno per promuovere la giustizia e aiutare i bisognosi”.

“Lo dico chiaramente – ha proseguito Brahim Baya -: io sono contrario all’uccisione di qualsiasi persona civile. Sono sempre contro la violenza. Ho partecipato e organizzato molte iniziative per favorire il dialogo, la pace, il rispetto proprio negli anni del terrorismo dell’Isis“, ha specificato.

“Ribadisco il mio impegno a lavorare per un mondo in cui tutti i popoli abbiano diritto alla dignità e all’autodeterminazione, a prescindere dalla loro fede, etnia, ceto sociale, genere, e così via – ha continuato -. Un mondo in cui non sia tollerato che uno Stato, quello israeliano, riconosca l’autodeterminazione soltanto ad una parte della sua popolazione, quella ebraica, e non riconosca questo diritto basilare alle altre popolazioni che abitano su quella terra da millenni”, ha concluso Brahim Baya.

Dopo le polemiche e l’intervento della ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, il 24 maggio Baya è stato diffidato dal questore di Torino. Di conseguenza, ha annullato la preghiera del venerdì in programma per lo stesso giorno al Politecnico di Torino.