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Caso Imane Khelif alle Olimpiadi: il suo sfogo contro il bullismo

Dopo il caso Carini alle Olimpiadi, Imane Khelif continua a far parlare di sé: la storia della pugile algerina e il suo sfogo contro il bullismo

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Mentre attorno a lei è scoppiato un vero e proprio caso alle Olimpiadi di Parigi 2024, Imane Khelif continua a vincere gli incontri sul ring e vola in semifinale. La storia della pugile algerina, dai pestaggi quado era adolescente ai successi nello sport, e il suo sfogo contro il bullismo.

Imane Khelif e l’appello contro il bullismo

Basta col bullismo, ha conseguenze devastanti: può distruggere le persone“. È l’appello che arriva da Parigi di Imane Khelif, la pugile algerina al centro del caso più eclatante delle Olimpiadi di Parigi 2024, che ha rilasciato la sua prima intervista all’emittente Sntv.

“La mia famiglia a casa è preoccupata, in Algeria“, ha detto l’atleta parlando delle polemiche e dei sospetti sul suo genere femminile. “La sento 2 volte a settimana – ha proseguito -, spero non siano troppo profondamente feriti da tutto questo”.

La boxeuse, che il 6 agosto disputerà la semifinale, ha poi affermato che “vincere l’oro sarebbe la mia miglior risposta” a tutti gli attacchi che le sono stati rivolti durante i giochi olimpici. Ma non solo in questo contesto.

Khelif, infatti, era stata esclusa dai Mondiali 2023 dall’Iba (International Boxing Association) dopo un test del Dna che avrebbe rilevato la “presenza di cromosomi XY”, che “indica che è un maschio”. Ma il Comitato olimpico internazionale (Cio), non riconoscendo la legittimità di quei controlli e della stessa Iba, l’ha ammessa ai giochi parigini, così come era successo a Tokyo 2020, senza se e senza ma.

A seguito delle polemiche dopo l’incontro contro la pugile italiana Angela Carini, il Cio ha ribadito che “tutti gli atleti che partecipano al torneo olimpico di boxe ai Giochi di Parigi 2024 rispettano i regolamenti di ammissibilità e di iscrizione della competizione, nonché tutti i regolamenti medici applicabili stabiliti dalla Paris 2024 Boxing Unit (PBU). Come per le precedenti competizioni olimpiche di pugilato, il sesso e l’età degli atleti si basano sul loro passaporto”.

Durante l’intervista a Sntv, Khelif ha così rivolto “un appello a tutte le persone del mondo. Rispettate i principi dei Giochi, quelli contenuti nella carta olimpica: rifiutate il bullismo su ogni atleta, perché ha conseguenze pesanti. Può distruggere le persone, uccide i pensieri, lo spirito e la mente, e può dividere i popoli”.

La vita di Imane Khelif tra bullismo e successi sportivi

Imane Khelif è nata a Tiaret in Algeria nel 1999 e ha vissuto la sua infanzia e adolescenza in un villaggio rurale. Cresciuta in una famiglia di umili origini con un padre saldatore e fabbro, ha affrontato numerosi ostacoli durante la crescita.

Come riportato da ‘Il Messaggero’, a 16 anni ha iniziato a distinguersi nel calcio, che però dalla sua comunità era visto come uno sport non adatto alle ragazze. Le difficoltà, però, non si limitavano ai soli pregiudizi sociali, ma anche alla violenza, sia fisica che verbale. Più volte, infatti, è stata aggredita da alcuni ragazzi che si sentivano minacciati per le sue abilità sportive.

È in questo contesto che la giovane ha deciso di affacciarsi al mondo della boxe. Ma anche in questo caso, ha dovuto fare i conti con ulteriori resistenze, incluso il rifiuto iniziale del padre, secondo cui il pugilato “non è roba da donne”.

Ma l’adolescente Imane Khelif è andata dritta per la sua strada, e alla fine anche il padre ha ceduto davanti all’insistenza della figlia, facendosi però promettere che non avrebbe gravato troppo sulle magre finanze familiari, visto che per gli allenamenti occorreva fare almeno 10 chilometri al giorno per raggiungere il villaggio vicino. Khelif ha così iniziato a lavorare e, grazie anche alla madre, ha via via racimolato il denaro necessario per acquistare i biglietti del bus e andare ad allenarsi in modo regolare.

Dopo tanti sacrifici, a 19 anni sono arrivati i primi riconoscimenti: ha raggiunto il 17esimo posto ai Campionati del Mondo 2018 a Nuova Delhi (India), dopo di che ha rappresentato l’Algeria ai Campionati del Mondo 2019 in Russia, dove si è piazzata 33esima.

“Ho iniziato con niente e ora ho tutto”, ha raccontato Imane Khelif in un’intervista a Unicef, della quale è ambasciatrice. Adesso “entrambi i miei genitori vengono a sostenermi. Sono i miei più grandi fan”.

Il suo messaggio per i giovani

Da ambasciatrice dell’Unicef, come ha raccontato, il suo obiettivo è quello di diffondere il messaggio di quanto sia importante lo sport, soprattutto in un contesto come quello algerino, in cui le opportunità per le ragazze sono limitate e dove l’obesità sta diventando una seria sfida per la salute pubblica. L’Algeria, infatti, ha un tasso di obesità del 22%, tra i più alti al mondo, il 12,8% se si guarda solo ai bambini che hanno meno di 5 anni. “Molti genitori – ha affermato Khelif – non sono consapevoli dei vantaggi dello sport e di come possa migliorare non solo la forma fisica ma anche il benessere mentale”.

Ma il suo messaggio è rivolto soprattutto ai giovani: “Seguite i vostri sogni. Non lasciate che gli ostacoli abbiano la meglio, bisogna resistere a qualsiasi ostacolo e superalo. Se vinco la medaglia d’oro, madri e padri possono vedere fino a che punto possono andare i loro figli. Voglio in particolare ispirare le ragazze ed i bambini svantaggiati dell’Algeria», ha concluso Imane Khelif.