La Crusca stronca i testi di Sanremo 2025: i voti di prof Coveri
L'accademia della Crusca stronca i testi delle canzoni del Festival di Sanremo 2025: questi sono i voti assegnati dal linguista Lorenzo Coveri
Il prof Lorenzo Coveri stronca i testi di Sanremo 2025. Come ogni anno l’accademico della Crusca, già docente di linguistica italiana all’Università di Genova, ha analizzato i testi dei cantanti in gara al festival della musica italiana. Per quest’anno il giudizio è sostanzialmente negativo: “sono piatti”, ha detto l’esperto, che ha comunque salvato qualche brano. Ecco i voti e le pagelle.
I testi di Sanremo sono “piatti” (secondo la Crusca)
“Canzoni piatte” che usano un “linguaggio familiare popolare e colloquiale“, “un festival a zero tasso rock con una quota limitatissima di cantautori”, con “rapper per niente trasgressivi“.
È il giudizio sui brani in gara a Sanremo 2025 formulato da Lorenzo Coveri, linguista e accademico della Crusca, tra i massimi studiosi della lingua della canzone italiana.
L’esperto, intervistato dal Corriere della Sera, ha tenuto a precisare che “giudichiamo solo i testi, ovviamente, senza musica”. Le lyric, infatti, sono state pubblicate. “Una volta cantati, su questi stessi testi il giudizio potrebbe cambiare”, ha aggiunto Coveri.
Ebbene, il professore ha rinvenuto una certa “omogeneità” nei brani di Sanremo 2025 “forse per colpa del fatto che anche quest’anno ci sono sempre gli stessi 11 autori per due terzi dei brani”. Un’omogeneità che però costa cara ai brani in gara secondo il giudizio della Crusca, portando ad “un appiattimento generale”.
Coveri ha proseguito: “È un Festival a zero tasso rock. E con una quota limitatissima di cantautori: solo Brunori e Lucio Corsi. Poi abbiamo dei rapper che si adeguano al tono medio e mainstream della kermesse, per niente trasgressivi: il famigerato Tony Effe canta una stornellata che non fa male a nessuno. Tutto il resto — l’80% delle canzoni — viaggia su un linguaggio familiare popolare e colloquiale, ormai lontano dal vecchio stile della canzonetta. Emergono solo 3-4 casi in questo panorama medio-piatto”.
Testi di Sanremo: voti e pagelle di Lorenzo Coveri
E sono proprio ‘L’albero delle noci’ di Brunori Sas e ‘Volevo essere un duro’ di Lucio Corsi ad essere premiati dall’esperto della Crusca. Voto: 9. Quello di Brunori Sas, ha spiegato Coveri, “è il testo di una vera canzone d’autore: letterario, con immagini sofisticate, figure retoriche di livello. Interessante, intimo, autobiografico, nel parlare della gioia e della responsabilità di mettere al mondo una figlia”. Anche Lucio Corsi “spicca” secondo il linguista. Quello di ‘Volevo essere un duro’ è “il testo più fresco di tutta la rassegna. Usa immagini inattese, giovanilismi e gergo in modo intelligenti. Brillante”. Apprezzato anche il brano ‘La mia parola’, portato da Shablo (feat Gué, Joshua e Tormento): “ho dato un voto alto, tra il 7 e l’8” perché è “originale”.
Procediamo. La storia raccontata da Simone Cristicchi in ‘Quando sarai piccola’ “non è niente di che”, mentre il testo in gara di Francesco Gabbani (‘Viva la vita’) “è banale”.
I “peggiori”, secondo Coveri, sono ‘Non ti dimentico’ dei Modà, caratterizzato da “versi pesantissimi, lunghissimi”, e ‘Pelle diamante’ di Marcella Bella, “siamo fuori strada: 4”. Ma anche il testo di Elodie, ‘Dimenticarsi alle 7’, è “pessimo”. La prosa è “di una banalità sconcertante: nelle parole non c’è ritmo, magari ci sarà nella musica”. Per lei un 5.
La favorita dai bookmaker, Giorgia con la sua ‘La cura per me’, al Festival porta “un testo da canzonetta classica – ha spiegato Lorenzo Coveri -. Il testo non scatta, non funziona”, ma “prende la sufficienza solo perché è Giorgia e perché c’è molto di peggio, come Massimo Ranieri“. La sua ‘Tra le mani un cuore’ è “una serie di metafore da ridere. Gli do 5 solo perché è Ranieri e la canterà bene”.
Tra gli altri favoriti c’è Olly, che si presenta a Sanremo con ‘Balorda nostalgia’: “un 6 scarso come per Giorgia per gli stessi motivi. Lingua troppo comune”, ha sentenziato l’esperto.
6 anche a Fedez: ‘Battito’ ha “un testo deprimente che parla di depressione, si salva qualche giochetto di parole sui nomi dei farmaci, poi rime discutibili come carne viva”.
5 (anche se “a stare larghi”) a Tony Effe con ‘Damme na’ mano”. Ma “serve una chiosa sul dialetto, che sarebbe vietato usare al festival in modo integrale – ha commentato il linguista -. Invece lui col romano e Serena Brancale (per lei 4) e Rocco Hunt per il napoletano ne fanno uso. Brancale dice che voleva omaggiare Pino Daniele. Ma di Pino Daniele non c’è niente. E l’omaggio a Roma del famigerato Tony Effe non ha nemmeno una frase sessista. Niente. Una filastrocca banale su una Roma per turisti”.
Una citazione la merita anche Willie Peyote, che in ‘Grazie ma no grazie “affronta tempi più impegnati, a sfondo sociale”, ha detto Coveri, come riportato da Ansa. E anche ‘Febbre’ di Clara, alla quale ha dato un 7 essendo un testo “molto sofisticato, con qualche termine francese”. E Bresh, con ‘La Tana del Granchio’, che si merita la sufficienza: “Con l’aiuto della banca dati ‘Le parole di Sanremo’ (a cura di Massimo Arcangeli e Luca Pirodda) possiamo rilevare che ‘tana’ è apparso una sola volta al festival, in un testo del 1996, e ‘granchio’ è un hapax, ossia una novità assoluta”.
Inedito è anche il titolo ‘Cuoricini’ dei Coma_cose, “mai usato prima a Sanremo, che sembra anche alludere a un certo understatement rispetto all’inflazionatissimo cuore”. Per loro un 7.